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Finocchio Selvatico | Foeniculum vulgare Miller

Il finocchio selvatico (detto comunemente finocchietto) è un arbusto erbaceo mediterraneo che nasce spontaneo soprattutto nel centro e sud Italia nella cosiddetta macchia mediterranea. Il suo nome botanico è Foeniculum vulgare, spesso anche chiamato Foeniculum officinale. Sul nostro territorio esistono due sottospecie di finocchio selvatico, entrambe dalle stesse proprietà salutistiche: il Foeniculum vulgare sottospecie piperitum, pianta perenne e di sapore piccante, ed il Foeniculum vulgare vulgar, che ha un ciclo vegetativo diversificato e un aroma dolce. Di quest’ultima sottospecie si conoscono diverse varietà; la varietà azoricum, cioè il finocchio “addomesticato” e coltivato come ortaggio, e due varietà spontanee:

  • Foeniculum vulgare vulgare, ill finocchio selvatico propriamente detto. Il nome comune finocchio amaro identifica questa varietà ed è la più usata in ambito erboristico.
  • Foeniculum vulgare dulce che produce frutti molto aromatici che ricordano il sapore dell’anice. Il finocchio amaro è quello più usato in erboristeria perché più concentrato e ricco di principi attivi.

Il finocchio selvatico si trova facilmente nelle zone in cui si coltiva l’olivo e la vite. Grazie alle sue proprietà, il finocchio selvatico è molto usato in erboristeria, fitoterapia e aromaterapia, oltre che in ambito gastronomico. In cucina si usano i giovani germogli freschi. In cucina si può usare anche la parte aerea per preparare una buona marmellata di finocchietto selvatico.

Principi attivi: olio essenziale contenente principalmente anetolo (da cui dipende il suo aroma), d-pinene, fencone, chetone anisico, limonene, dipinene, canfene, fellandrene, dipentene, acido metilcavicolo, fenolo, estragolo e acido anisico, contiene inoltre: aleurone, mucillagine, acido clorogenico e acido caffeico.

Il finocchio selvatico aiuta a digerire i grassi e per questo il liquore di finocchio (il finocchietto) è ritenuto un ottimo digestivo.

Molte le proprietà medicamentose attribuite al finocchio selvatico.

In fitoterapia si utilizzano i frutti secchi o l’olio essenziale. L’uso principale (come per le piante simili anice verde e carvi) è quello carminativo, cioè che aiuta ad eliminare i gas intestinali e contemporaneamente ne previene la formazione. Pertanto è utilizzato per chi ha difficoltà digestive, aerofagia, disturbi gastrointestinali riferibili a spasmi di lieve intensità, e può essere utile per ridurre la componente dolorosa della sindrome da colon irritabile.

Il finocchio è impiegato anche come espettorante (per favorire l’espulsione di muco) in caso di tosse associata al raffreddore; nell’allattamento perché, in quanto galattoforo, aumenta la produzione del latte e contemporaneamente previene le coliche d’aria nei bambini. Oltre a ciò sono state riconosciute al finocchio qualità di emmenagogo, diuretico, antiemetico, aromatico, antispasmodico, antinfiammatorio, tonico epatico. Normalmente si utilizzano i frutti secchi in infuso, ma è possibile trovare in commercio anche le bustine liofilizzate o l’olio essenziale. A dosi molto elevate (concentrati nell’olio essenziale estratto dai semi), i principi attivi in esso contenuti possono avere effetti allucinogeni.

Per quanto riguarda il finocchio selvatico, chiamato in cucina anche “finocchina” o “finocchietto”, si usano sia i fiori freschi o essiccati, sia i frutti o “diacheni”, impropriamente chiamati “semi”, che sono più o meno dolci, pepati o amari, a seconda della varietà, sia le foglie (o “barba”), sia i rametti più o meno grandi utilizzati nelle Marche per cucinare i bombetti (lumachine di mare) o per conciare le olive sotto sale accompagnato con peperoncino e aglio; le foglie si usano fresche e sminuzzate per insaporire minestre, piatti di pesce, insalate e formaggi: nella “pasta con le sarde”, nota ricetta siciliana, le foglie del finocchio selvatico sono uno degli ingredienti essenziali.

I fiori si usano per aromatizzare le castagne bollite, i funghi al forno o in padella, le olive in salamoia e le carni di maiale (in particolare la “porchetta” dell’Alto Lazio e dell’Umbria). I cosiddetti “semi” si usano soprattutto per aromatizzare tarallini (Puglia), ciambelle o altri dolci casalinghi e per speziare vino caldo o tisane. Fanno inoltre parte della ricetta di un biscotto tipico del Piemonte, il finocchino. È in uso nelle regioni costiere del Tirreno, un “liquore di finocchietto“, digestivo, per il quale s’utilizzano i fiori freschi e/o i “semi” e le foglie.

Redazione amaperbene.it

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