Carenze nutrizionali

Carenza di potassio

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Il potassio è un elettrolita fondamentale per il buon funzionamento dell’organismo; è coinvolto in numerose funzioni biologiche tra cui: controllo della pressione sanguigna, bilancio idrico, mantenimento del pH (equilibrio acido-base), contrazione muscolare, trasmissione degli impulsi nervosi, battito cardiaco, digestione, salute delle ossa.

La maggior parte del potassio presente nell’organismo si trova all’interno delle cellule, perché la quantità circolante nel sangue dev’essere costantemente mantenuta in un ristretto intervallo di normalità; il passaggio dal sangue alle cellule (e viceversa) è quindi continuamente regolato e corretto a seconda dell’esigenza del momento. Se il livello diventa eccessivo o inferiore alla norma si possono manifestare conseguenze gravi; un’alterazione importante della concentrazione può per esempio essere causa della comparsa di un’aritmia cardiaca o addirittura di un arresto cardiaco (situazione in cui il cuore cessa di battere).

Poiché l’organismo non può produrre autonomamente il minerale, è necessario assumerne quotidianamente la giusta quantità attraverso l’alimentazione, per ripristinare le quantità perse con: sudore, urina, feci.

Quando i reni funzionano correttamente possono a loro volta intervenire

  • aumentando la quantità escreta con le urine per abbassare la concentrazione del sangue,
  • favorendone il recupero (riassorbimento) per aumentarla.

Anche alcuni farmaci e diverse patologie sono in grado di alterare la quantità di potassio che entra ed esce dalle cellule e questo ne influenza profondamente la concentrazione presente nel sangue.

Ipokaliemia e sintomi
L’ipokaliemia è la condizione di carenza di potassio nel sangue e può essere diagnosticata attraverso un esam del sangue (il livello minimo prevede una quantità pari a 3.5 mmol/L).

L’ipokaliemia lieve (potassio sierico tra 3 e 3,5 mEq/L [3-3,5 mmol/L]) raramente causa sintomi. Un potassio sierico < 3 mEq/L (< 3 mmol/L) causa solitamente debolezza muscolare, crampi, ipoventilazione, ipotensione, tetania, spasmi o addirittura rabdomiolisi e ileo paralitico.

L’ipokaliemia persistente può compromettere la capacità di concentrazione renale, causando poliuria con polidipsia secondaria e richiede un intervento rapido sul paziente per ripristinare le quantità necessarie alla sopravvivenza.

L’ipokaliemia può essere riscontrata durante un esame di routine degli elettroliti sierici. Deve essere sospettata in pazienti con alterazioni tipiche dell’ECG (sottoslivellamento del segmento ST, depressione dell’onda T e elevazione-allargamento dell’onda U) o che hanno sintomi muscolari e fattori di rischio confermati dagli esami del sangue.

Cause di ipokaliemia.
Varie condizioni possono essere alla base di una ipokaliemia. Quelle più frequenti sono:

  • vomito ripetuto,
  • diarrea persistente
  • e uso di diuretici.

Più in generale è possibile suddividere le possibili cause in due macro-categorie:

  • Insufficiente assunzione con la dieta: si tratta della causa più ovvia, anche se fortunatamente poco comune (almeno nei Paesi occidentali); può verificarsi in caso di anoressia nervosa, malnutrizione, diete chetogeniche.
  • Perdite eccessive, in genere associate a una grave perdita di fluidi che trascinano con sé anche il potassio. Vomito e diarrea come detto sono cause frequenti, ma anche un’eccessiva sudorazione può alla lunga essere causa di perdita di potassio. Capitolo a parte merita invece la possibilità di perdita attraverso l’urina, in genere causata da farmaci diuretici, chetoacidosi diabetica, insufficiente livello di magnesio nel sangue, aumento del pH ematico e altro ancora.

In letteratura si trovano poi aneddotiche segnalazioni di ipokaliemia causata da un’eccessiva assunzione di bevande a base di cola, probabilmente a causa dell’effetto diuretico della caffeina contenuta.

Perdite anormali di potassio dal tratto gastrointestinale si possono verificare in diverse situazioni: diarrea cronica, inclusi l’abuso cronico di lassativi e la derivazione intestinale; ingestione di resine (bentonite), che legano il potassio e ne diminuiscono notevolmente l’assorbimento; raramente, un adenoma villoso del colon, che causa una perdita massiva di potassio. Il vomito o l’aspirazione gastrica prolungati (che rimuovono volume e acido cloridrico) provocano perdite renali di potassio a causa dell’alcalosi metabolica e della stimolazione dell’aldosterone causata dalla deplezione di volume; l’aldosterone e l’alcalosi metabolica provocano la secrezione di potassio da parte del rene. Anche lo spostamento transcellulare del potassio all’interno delle cellule può causare ipokaliemia.

Vari disturbi possono determinare un aumento dell’eliminazione del potassio, tra cui:

  • Un eccessivo effetto mineralcorticoide (ossia, l’aldosterone) come si verifica in ciascuna delle seguenti situazioni:
    • eccesso di steroidi surrenalici dovuto a sindrome di Cushing, iperaldosteronismo primitivo, rari tumori secernenti renina, iperaldosteronismo sensibile ai glucocorticoidi (una rara patologia ereditaria che comprende un alterato metabolismo dell’aldosterone) e iperplasia surrenalica congenita;
    • la sindrome di Bartter è una malattia genetica rara caratterizzata da una marcata perdita renale di potassio e sodio, da un’eccessiva produzione di renina e di aldosterone e da uno stato di normotensione. La sindrome di Bartter è causata da mutazioni in un meccanismo di trasporto ionico sensibile ai diuretici dell’ansa, nell’ansa di Henle;
    • la sindrome di Gitelman è una malattia genetica rara di eziologia incerta caratterizzata da una marcata perdita renale di potassio e sodio, da un’eccessiva produzione di renina e di aldosterone e da uno stato di normotensione. La sindrome di Gitelman è causata da mutazioni che determinano una perdita di funzione in un meccanismo di trasporto ionico nel nefrone distale, sensibile ai diuretici tiazidici;
    • ingestione di sostanze come la glicirrizina (presente nella liquirizia e utilizzata nella fabbricazione di tabacco da masticare) che, inibendo l’enzima 11β-idrosteroido deidrogenasi (11beta-HSDH), impediscono la conversione del cortisolo, che ha una certa attività mineralcorticoide, in cortisone, che non ne ha, e causano quindi un aumento della concentrazione di cortisolo circolante e della perdita renale di potassio;
    • la sindrome di Liddle, una malattia autosomica dominante rara causata dal riassorbimento incontrollato del sodio nel nefrone distale, secondario a una delle diverse mutazioni riscontrate nei geni che codificano per le subunità dei canali epiteliali del sodio. Un riassorbimento inappropriatamente elevato di sodio determina sia ipertensione grave sia una marcata perdita renale di potassio, con conseguente ipokaliemia.

La perdita renale di potassio può inoltre essere causata da numerose malattie tubulari renali congenite e acquisite, come l’acidosi tubulare renale e la sindrome di Fanconi, una rara sindrome che determina perdita renale di potassio, glucosio, fosfato, acido urico e aminoacidi.

L’ipomagnesiemia è un comune correlato dell’ipokaliemia. La maggior parte di questa correlazione è attribuibile alla presenza di cause frequenti (ossia, diuretici, diarrea), ma l’ipomagnesiemia stessa può anche tradursi in un aumento delle perdite renali di potassio.

Esistono infine vari farmaci che possono causare ipokaliemia, a cominciare dai diuretici   potassio-disperdenti che bloccano il riassorbimento del sodio prossimalmente al nefrone distale comprendono, diuretici dell’ansa, diuretici osmotici, diuretici tiazidici; dai lassativi.

Altri farmaci che possono causare ipokaliemia comprendono: amfotericina B, penicilline antipseudomonas (p. es., carbenicillina), penicillina ad alte dosi, teofillina (sia nell’intossicazione acuta che cronica)

Prevenzione dell’ipokalemia
Nella maggior parte dei pazienti che ricevono diuretici non è necessaria la reintegrazione sistematica del potassio. Tuttavia, il potassio sierico deve essere monitorato durante l’uso di diuretici quando il rischio di ipokaliemia o delle sue complicanze è elevato. Il rischio è elevato in

  • Pazienti con ridotta funzione ventricolare sinistra
  • Pazienti che assumono digossina
  • Pazienti con diabete (in cui la concentrazione di insulina può variare)
  • Pazienti con asma che assumono beta2-agonisti

Il triamterene 100 mg per via orale 1 volta/die o lo spironolattone 25 mg per via orale 4 volte/die non aumentano l’escrezione di potassio e possono essere utili nei pazienti che diventano ipokaliemici ma che devono assumere diuretici.

Fonti di potassio
Il potassio è presente, bene o male, in tutti gli alimenti, ma ne sono particolarmente ricchi i vegetali freschi poco lavorati: la lavorazione può infatti modificare il contenuto di potassio. Ad esempio, le banane contengono un’elevata quantità di potassio (circa 350 mg per 100 g di parte edibile); quantità addirittura superiori si trovano nell’avocado, nei kiwi e nel ribes.

Anche la frutta secca è ricca di potassio: basti pensare che 100g di pistacchi contengono 780 mg di potassio, 100g di noci ne contengono 632mg. Tuttavia, la porzione giornaliera raccomandata di frutta secca non deve superare i 30 grammi.

Tra gli ortaggi quelli più ricchi di potassio sono gli spinaci con 570 mg /100 g, i cavolini di Bruxelles con 450 mg/100 g, i finocchi con 394 mg/100 g, i carciofi con 376 mg/100 g e l’indivia con 380 mg/100 g.

Tuttavia, gli alimenti che più di tutti contengono potassio sono i legumi secchi: 100 g di fagioli ne contengono 1445 mg, 100 g di lenticchie 980 mg, 100 g di ceci 881 mg.

Nonostante molti alimenti contengano quantità di potassio sufficienti a soddisfare il nostro fabbisogno giornaliero, non tutto viene realmente assorbito. Durante la cottura infatti viene perso circa il 30% del minerale; anche togliendo la buccia (per esempio delle patate) o lasciando pezzetti di verdura a bagno, contribuisce a diminuire il contenuto.

Il potassio inoltre è facilmente solubile in acqua, quindi andrebbero scelte cotture specifiche per preservarlo: la cottura a pressione, che è un metodo più veloce, riduce il tempo in cui gli alimenti stanno a contatto con l’acqua; la cottura a vapore è ideale in quanto i cibi non stanno mai a contatto con l’acqua, quindi la dispersione del minerale è minima.

Trattamento dell’ipokalemia
Il trattamento dell’ipokalemia prevede la supplementazione orale di potassio se la carenza è lieve, la supplementazione endovena in caso di grave iperkaliemia o perdite di potassio che perdurano nel tempo.

Sono disponibili molti integratori orali di potassio. Poiché singole dosi elevate possono causare irritazione gastrointestinale e raramente sanguinamento, deficit di K sono solitamente corretti con dosi frazionate. Il cloruro di potassio liquido somministrato per via orale eleva le concentrazioni entro 1 o 2 h ma ha un sapore amaro ed è particolarmente mal tollerato in dosi > 25-50 mEq. (> 25-50 mmol). Formulazioni di cloruro di potassio rivestite di cera sono sicure e meglio tollerate. I sanguinamenti gastrointestinali sono ancora meno frequenti con le preparazioni di cloruro di potassio microincapsulato. Molte di queste preparazioni contengono tra gli 8 e i 10 mEq/capsula. Poiché una diminuzione del potassio sierico di 1 mEq/L (1 mmol/L) correla con un deficit di circa 200-400 mEq (200-400 mmol) di potassio totale corporeo, il deficit totale può essere stimato e sostituito durante molti giorni con 20-80 mEq (20-80 mmol)/day.

Quando l’ipokaliemia è grave (p. es., con alterazioni all’ECG o sintomi gravi), non risponde alla terapia orale; essa si verifica in pazienti ospedalizzati che assumono digossina o che hanno malattie cardiache importanti o le cui perdite perdurano nel tempo, il potassio deve essere reintegrato per via endovenosa. Poiché le soluzioni di potassio possono irritare le vene periferiche, la concentrazione non deve superare i 40 mEq/L (40 mmol/L). La velocità di correzione dell’ipokaliemia è limitata a causa del ritardo con cui il potassio si sposta dallo spazio extracellulare all’interno delle cellule. La normale velocità di infusione non deve superare i 10 mEq (10 mmol)/h.

Nelle aritmie indotte dall’ipokaliemia, il cloruro di potassio EV deve essere somministrato più rapidamente, in genere attraverso una vena centrale oppure utilizzando più vene periferiche contemporaneamente. L’infusione di 40 mEq (40 mmol) di cloruro di potassio/h può essere intrapresa, ma soltanto sotto monitoraggio cardiaco continuo e con determinazione del potassio sierico ogni ora. Le soluzioni glucosate vanno evitate, perché l’aumento della concentrazione sierica di insulina può causare un transitorio peggioramento dell’ipokaliemia.

Anche in caso di grave deficit di potassio, è raramente necessario somministrare > 100-120 mEq (> 100- 120 mmol) di potassio nelle 24 h, a meno che le perdite non persistano. Nel deficit di potassio con alta concentrazione sierica di potassio, come nella chetoacidosi diabetica, l’infusione di potassio EV va posticipata fino a quando il potassio sierico non comincia a scendere. Quando l’ipokaliemia si associa all’ ipomagnesiemia, entrambi i deficit devono essere corretti per fermare la perdita renale di potassio.

Redazione amaperbene.it

AMAxBenE è l’acronimo di AliMentAzione per il BenEssere

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