Pesce, crostacei e molluschi

Merluzzo (baccalà e stoccafisso)

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Merluzzo è un termine usato per indicare diverse specie di pesci ossei di acque salate appartenenti a diversi generi e famiglie. Dal merluzzo si ottengono 2 prodotti diversi: il baccalà che è merluzzo salato, e lo stoccafisso che è merluzzo essiccato all’aria. Esiste poi una seconda lavorazione del baccalà che prevede prima la salatura e poi l’essiccazione.

Tuttavia tra i due termini baccalà vs stoccafisso perdura la confusione originata   principalmente da un uso errato già nella tradizione. Sia lo stoccafisso che il baccalà sono lavorazioni ittiche tipiche dei paesi del Nord Europa, zona in cui si pesca il merluzzo.

Il merluzzo per antonomasia, anche chiamato “merluzzo comune”, è il Gadus morhua, presente nell’oceano Atlantico settentrionale. Pur diverse per tassonomia, altre specie affini come il nasello e il pollack sono talvolta designate con il nome di merluzzo.

Appartengono al genere Gadus:

  • il merluzzo nordico bianco, stoccafisso se essiccato (Gadus morhua);
  • il merluzzo nordico grigio, baccalà se salato e stagionato (Gadus macrocephalus);
  • il merluzzo artico (Gadus ogac);
  • il merluzzo d’Alaska (Gadus chalcogrammus), spesso indicato commercialmente con il sinonimo Theragra chalcogramma;

Appartengono al genere Merluccius

  • il nasello comune, nasello europeo o merluzzo europeo (Merluccius merluccius);
  • il nasello del Pacifico o merluzzo del pacifico (Merluccius productus, Merluccius gayi);
  • il nasello atlantico o merluzzo atlantico (Merluccius hubbsi, Merluccius senegalensis, Merluccius polli, Merluccius bilinearis, Merluccius albidus);
  • il nasello sudafricano o merluzzo sudafricano (Merluccius capensis, Merluccius paradoxus);
  • il nasello patagonico o merluzzo patagonico (Macruronus magellanicus);
  • il nasello australe o merluzzo australe (Merluccius australis);
  • il nasello neozelandese o merluzzo neozelandese (Macruronus novaezelandiae);

Appartengono al genere Pollachius

  • il pollack o merluzzo giallo (Pollachius pollachius);
  • il merluzzo carbonaro o merluzzo nero (Pollachius virens);

Appartengono al genere Trisopterus

  • la busbana, merluzzetto o merluzzo cappellano (Trisopterus minutus);
  • la busbana bruna o merluzzetto bruno (Trisopterus luscus);

Appartengono al genere Aulopus

  • il lacerto o merluzzo imperiale (Aulopus filamentosus);

Appartengono al genere Pseudophycis

  • il merluzzo bianco di Nuova Zelanda (Pseudophycis bachus).

Gastronomia
Tanto i merluzzi atlantici quanto quelli mediterranei sono molto sfruttati in gastronomia, perché le loro carni delicate sono molto apprezzate. Particolarmente noti sono il baccalà e lo stoccafisso, due metodi di conservazione del merluzzo nordico.

Dal fegato dei merluzzi del genere Gadus si estrae l’olio di fegato di merluzzo, rinomato per la sua ricchezza in grassi polinsaturi (in particolare omega 3) associati a proprietà antidolorifiche, antinfiammatorie e anticoagulanti; è anche ricco di retinolo (Vitamina A), di Vitamina D. La sua assunzione viene proposta per combattere colesterolo e trigliceridi alti, i problemi renali associati al diabete, la pressione alta, le malattie cardiache, l’artrosi, la depressione, il lupus eritematoso sistemico, il glaucoma e l’otite media.

Baccalà

Il baccalà è il merluzzo salato. Come da decreto ministeriale italiano, il termine baccalà si riferisce unicamente al merluzzo nordico grigio (Gadus macrocephalus) preparato per la conservazione tramite salagione e stagionamento, e non va confuso con lo stoccafisso ovvero merluzzo nordico bianco (Gadus morhua) preparato per la conservazione tramite essiccazione, senza l’uso del sale.

In Veneto, tuttavia, e nell’area della dominazione veneziana lo stoccafisso assume il nome di bacalà, tanto che il baccalà alla vicentina è in effetti preparato con lo stoccafisso.

In tutto il resto del mondo, invece, con il termine baccalà o similari, s’intende semplicemente il pesce a carne bianca (generalmente di tipo merluzzo) prodotto con il metodo della salagione. Il baccalà è infatti internazionalmente conosciuto con il termine di pesce salato.

I paesi principali di produzione di pesce salato sono Danimarca, Isole Fær Øer, Norvegia, Islanda e Canada. Per la produzione del pesce salato si usano vari tipi di merluzzo.

La salagione[1] ne consente la conservazione per lungo tempo e per questo viene impiegata fin da tempi lontanissimi per consentire il trasporto e la consumazione del pesce in luoghi anche molto distanti da quelli d’origine.

Alcuni autori attribuiscono la procedura di salagione del baccalà a pescatori che, un giorno, seguendo i branchi di balene e arrivati al Mare del Nord, si imbatterono in enormi banchi di merluzzo verso l’isola di Terranova e usarono per questo pesce il procedimento di conservazione già da essi usato per la carne di balena.

Ad ogni modo, il pesce salato è elemento essenziale di molte cucine popolari, nelle quali, soprattutto in Italia, il suo utilizzo si alterna a quello dello stoccafisso che è sempre merluzzo ma unicamente della specie Gadus morhua e conservato mediante essiccazione. A differenza del baccalà, lo stoccafisso viene prodotto unicamente in Norvegia e solo nei mesi invernali.

Tanto il baccalà quanto lo stoccafisso, per essere utilizzabili, hanno bisogno di una lunga immersione in acqua fredda, che provvede a eliminare il sale in eccesso nel primo e a reidratare il secondo, restituendo ai tessuti l’originaria consistenza.

Il termine “baccalà” deriva dalla parola basso tedesca bakkel-jau che significa “pesce salato” che è una trasposizione di bakel-jau che significa “duro come una corda”; questa parola è utilizzata in molte lingue neolatine (sp. bacalao o baccallao, por. bacalhau), mentre dalla parola tedesca kabel-jau derivano quasi tutti i termini nelle lingue germaniche. Secondo un’altra versione, Sebastiano Caboto, nel suo viaggio lungo le coste del Nord America del 1509, vide il mare popolato da pesci che gli abitanti chiamavano “baccalai”; da questo nominò quei luoghi “terra dei baccalai“.

Il mussillo è il filetto di baccalà che, a differenza del coronello (‘o curuniell) è il filetto dello stoccafisso.

Il nasello, anche se a appartiene alla stessa famiglia del merluzzo atlantico, non è il merluzzo; i due pesci differiscono per diversi parametri, dalla loro colorazione alle dimensioni, dall’habitat alle caratteristiche corporee; pur essendo molto simili per morfologia, caratteristiche nutrizionali ed applicazioni culinarie. il nasello ha una vasta distribuzione che spazia dal Mar Mediterraneo al Mar Nero e all’Oceano Atlantico; vive a profondità che variano dai 30 ai 350 metri. Il merluzzo è endemico dell’Oceano Atlantico e del Pacifico settentrionale, oltre che delle regioni artiche; questo pesce popola abitualmente profondità comprese tra 100 e 500 metri. il nasello si presenta con un corpo allungato, denti prominenti e due pinne dorsali. Il merluzzo si distingue per il suo corpo slanciato, una mascella superiore sporgente e tre pinne dorsali. Il nasello si presenta con una colorazione grigio-nerastra sulla parte superiore del suo corpo, mentre lungo i fianchi assume una sfumatura argentata. In contrasto, il merluzzo, in particolare il merluzzo nordico, sfoggia una varietà di colori che vanno dal grigio al dorato e persino a tonalità rossicce.

Il pollack o merluzzo d’Alaska è uno dei pesci più pescati (e mangiati) al mondo. Per intenderci, è l’ingrediente principe dei bastoncini di pesce. Il termine “pesce pollack” indica, in realtà, due specie diverse: la prima è tipica dell’Oceano Atlantico ed è classificata con il nome di “Pollachius pollachius”; la seconda, invece, proviene dall’Oceano Pacifico, porta il nome scientifico di “Theragra Chalcogramma” e viene detta anche pollack o merluzzo d’Alaska. Quest’ultima specie è la più ambita, tanto è vero che la sua pesca è rigidamente regolata. Per evitarne l’eccessivo sfruttamento, infatti, i pescherecci devono dotarsi della certificazione MSC (Marine Stewardship council). In altre parole, devono attenersi ai dettami della pesca sostenibile.

Il merluzzo d’Alaska può raggiungere una lunghezza di 90 cm e un peso di quasi 4 kg. Il suo aspetto è a metà strada tra quello del merluzzo bianco, rispetto al quale è più allungato, e quello del Pollachius. Il suo colore presenta diverse sfumature: è bruno o olivastro sul dorso, argenteo sui fianchi e biancastro sul ventre. Vive ad una profondità compresa tra i 30 e i 400 m. Lo si trova nel Pacifico del nord, in una vasta area caratterizzata da un clima polare. La zona di maggiore affollamento è la parte centro occidentale del golfo d’Alaska.

Le ragioni della larga diffusione del merluzzo d’Alaska, alias pollack pesce, sono molteplici. Innanzitutto, si fa preferire per il gusto delicato della sua carne, che significa ampia versatilità d’uso in cucina. Si presta sia a preparazioni semplici che ad elaborazioni sofisticate. Un altro fattore che ne ha favorito il successo commerciale è la facilità di pulizia: è facilmente spinabile. Perciò è diventato uno dei pesci favoriti dai bambini. Quello che, però, deve considerarsi il suo punto di forza è il profilo nutrizionale. Cento grammi di prodotto valgono 65 calorie e contengono 0,5 g di grassi a fronte di 15 g di proteine. Il resto è acqua. Facile, allora, arrivare ad una conclusione. Che lo si chiami pollack pesce o merluzzo d’Alaska, il risultato non cambia: si tratta di uno dei pesci più nutrienti.

Il baccalà in cucina

Il baccalà può essere cucinato in migliaia di modi (ed i Portoghesi ne sanno qualcosa; famose le ricette del Bacalhau espiritual, Bacalhau assado com batatas a murro, Bacalhau à Brás, Bacalhau à Gomes de Sá, Bacalhau à Minhota, Pataniscas de Bacalhau). Quelli che seguono sono solo alcuni esempi:

  • Baccalà alla pertecaregna (o alla ualanegna): tipica ricetta irpina, viene realizzata con i gustosi e famosi peperoni cruschi. Si tratta di peperoni croccanti non piccanti ma molto saporiti. Il nome deriva da “perteca’ ovvero l’asta di legno messa sotto ai balconi, sulla quale erano appesi i peperoni (le “nzerte”) ad essiccare con i quali viene poi condito il baccalà.

Lessato il baccalà al vapore per 10 minuti, si versa in una padella abbondante olio con uno spicchio d’aglio; quando l’olio è ben caldo e l’aglio è dorato, si toglie l’aglio e si aggiumgono i peperoni cruschi privati del picciolo e parte dei semi; farli friggere solo con il calore raggiunto per pochi secondi per lato, altrimenti, essendo secchi e molto sottili, si bruceranno subito; una volta fritti, vanno messi su di un piatto da portata; raffreddandosi diventano croccantissimi. A questo punto il baccalà va messo nell’olio usato la frittura dei peperoni e riscaldarlo senza friggerlo; quindi si versa il tutto nel piatto con i peperoni cruschi interi. Si aggiunge infine qualche fogliolina di prezzemolo tritato. Il baccalà alla pertecaregna va servito ben caldo!

  • Baccalà all’abruzzese: è fatto con cipolle, sale, peperoncino, prezzemolo, aglio, olio d’oliva, patate, olive e pomodori. Il baccalà viene prima passato nella farina, prima di essere fritto, e poi vengono aggiunti tutti gli altri ingredienti.
  • Baccalà alla lucana: ad Avigliano, il cosiddetto baccalà alla lucana viene preparato, come da tradizione, con peperoni rossi dolci essiccati e scottati, i rinomati peperoni cruschi.
  • Baccalà alla cosentina: tipico della città di Cosenza e parte della sua provincia, preparato secondo tradizione con patate, olive nere, peperoni, salsa di pomodoro, alloro, prezzemolo, sale e pepe. Altri preparazioni locali sono il morzello di baccalà di Catanzaro oppure il baccalà fritto alla riggitana, tipico del reggino; particolare inoltre, sempre della città di Reggio, è una versione che contempla anche lo stoccafisso.

In Campania è uno dei piatti tipici della vigilia natalizia che si accompagna sempre al capitone, serviti entrambi infarinati e fritti in abbondante olio e i pezzi che restano utilizzati per “rinforzare” l’insalata (soprattutto nel napoletano). Sempre in Campania viene preparato a Napoli in cassuola (con capperi, olive, uvetta e sugo di pomodoro) e alla cannaruta (il baccalà, infarinato e fritto, viene ripassato in padella con cipolla, noci, pinoli e uvetta ed infine sfumato col vino bianco).

In Liguria è cucinato in pastella, oppure al verde o in agrodolce oppure Brandacujun, cioè mantecato, con crostini di polenta.

In Lombardia e Piemonte viene cucinato in pastella o in umido.

In Romagna è tipico il “baccalà in umido con le patate“. Il baccalà ammollato (dissalato) viene fatto dorare in un soffritto di cipolla, sedano e carota, a cui vengono successivamente aggiunte la passata di pomodoro e le patate tagliate a tocchetti.

In Toscana è tipico il “baccalà alla livornese“, una preparazione di tranci di baccalà ammollato (dissalato) infarinati e fritti in olio d’oliva, quindi immersi in un soffritto già preparato con cipolle affettate, pomodori pelati, aglio, da cuocere successivamente con patate tagliate a cubetti.

Nella cucina tradizionale siciliana viene consumato il baccalà “alla siciliana” (con pomodori, patate, olive nere, pinoli e uvetta) e “alla messinese” (con pomodoro, capperi e olive verdi).

A Roma il filetto di baccalà pastellato e fritto è uno dei pezzi del tradizionale fritto misto alla romana e viene servito assieme al fiore di zucca, al supplì, al carciofo alla giudia e alla crema fritta (quest’ultima caduta in disuso negli ultimi decenni).

Il baccalà è un piatto tipico anche della cucina molisana, nella sua variante del c.d. baccalà “arracanato” (con mollica di pane, noci, uva passa, olive nere, pomodorini e aglio).

Nel Triveneto, nel Bresciano e nelle altre aree un tempo appartenenti all’antica Repubblica di Venezia il termine “baccalà” o “bacalà” (es. baccalà alla vicentina, baccalà mantecato) ancor oggi identifica comunemente lo stoccafisso (merluzzo essiccato) e non il merluzzo salato.

L’Italia è il secondo consumatore mondiale di questo prodotto, dopo il Portogallo.

Il baccalà è un pesce povero di grassi saturi e ricco di omega 3; è una buona fonte di proteine di qualità elevata, di vitamine del gruppo B, di magnesio, di potassio, di fosforo e di selenio. Purtroppo, però, il baccalà è ricco sia di colesterolo, sia (e soprattutto) di sodio, due nutrienti il cui apporto eccessivo può mettere in pericolo la salute cardiovascolare.

100 g di baccalà apportano circa 290 Calorie così ripartite: 16,4 g di acqua. 62,82 g di proteine. 2,37 g di lipidi, di cui: 0,462 g di grassi saturi, 0,342 g di grassi monoinsaturi, 0,804 g di grassi polinsaturi (di cui circa 472,5 mg di omega 3 e 18 mg di omega 6) e 152 mg di colesterolo.

Stoccafisso

Generalmente lo stoccafisso (Gadus poutassou) viene prodotto unicamente in Norvegia, principalmente sulle isole Lofoten, e solo nei mesi invernali (tra febbraio e aprile), periodo in cui i merluzzi nordici bianchi arrivano nei mari limitrofi per deporre le uova e le condizioni climatiche sono favorevoli per l’essiccazione. Lo stoccafisso viene lavorato immediatamente dopo la cattura del pesce. I merluzzi pescati vengono subito eviscerati e decapitati; il corpo viene quindi diviso in due dalla schiena fino alla coda che però viene mantenuta integra per tenere uniti i due lembi. A questo punto, i pesci vengono riposti su appositi supporti di legno (senza che si tocchino) e lasciati al vento freddo (temperatura di poco superiore a 0°C) in assenza di pioggia, per circa 3 mesi (da febbraio a maggio); dopo questo periodo, l’alimento viene portato al chiuso e lasciato riposare per altri due-tre mesi in un ambiente secco, freddo e ventilato. Alla fine di questa procedura, il pesce perde circa il 70% di acqua, ma mantiene le sostanze nutritive.

Il termine stoccafisso o pesce stocco (anche solo “stocco“) deriva dall’unione dei sostantivi stock o stokk (bastone – immagazzinare) e fish o vish (pesce), quindi pesce-bastone (per la durezza) o pesce da stoccare (su appositi bastoni esposti al vento) o pesce da immagazzinare (in riferimento all’approvvigionamento delle navi).

Lo stoccafisso è sempre stato un prodotto popolare, quindi “pressoché” assente nei vecchi ricettari scritti e tramandati dai cuochi delle famiglie altolocate (aristocratiche, clericali e alto-borghesi).

Nell’Italia centro-meridionale lo stoccafisso è chiamato “stocco”, mentre in quella settentrionale viene definito “baccalà”.

Lo stoccafisso è un pesce magro, ricco di proteine ad alto valore biologico, ma con un basso contenuto di grassi e sale, e una buona concentrazione di niacina (vit. PP). Viene, infatti, consigliato a chi segue un regime alimentare ipocalorico e iposodico. È indicato anche per contrastare la ritenzione idrica e la cellulite. Si tratta di un alimento altamente digeribile e adatto a tutti, anche ai bambini, ottimo per chi ha problemi di colesterolo alto ed è consigliato a chi soffre di pressione alta (grazie anche al poco contenuto di sodio); è protettivo contro le malattie cardiovascolari, contribuisce alla riduzione del rischio di malattie cardiache, il cancro, l´ictus, il morbo di Alzheimer, l´artrite e molte altre malattie degenerative. Questo pesce potrebbe avere anche proprietà afrodisiache, perché ha un elevato contenuto di arginina (circa 1,8 grammi di arginina per 100 grammi), un vasodilatatore da cui deriva l’ossido nitrico, una sostanza gassosa coinvolta nell’erezione maschile.

Lo stoccafisso reidratato è un alimento ipocalorico e possiede quantità di nutrienti simili a quelle dell’alimento fresco, ma una presenza inferiore di vitamine. In particolare, 100 g di stoccafisso ammollato apportano 92 Calorie (385 kj) ripartite come segue: 90% proteine, 9% lipidi, 1% carboidrati; in particolare, 100 grammi di stoccafisso reidratato apportano: 76,1 g di acqua, 20,7 g di proteine, 0,9 g di lipidi, 0,3 g di zuccheri solubili, 1 mg di niacina, 0,08 mg di riboflavina, 0,01 mg di tiamina, 340 g di potassio. 9 mg di calcio, 163 mg di fosforo, 0,6 mg di ferro, 51 mg di sodio.

Lo stoccafisso può essere cucinato in migliaia di modi. Una delle ricette più note è lo stoccafisso alla livornese, la cui preparazione è abbastanza semplice.

Mettere a scaldare un giro d’olio extravergine d’oliva in una casseruola dal fondo pesante, aggiungere l’aglio sbucciato ed intero; quando l’olio avrà preso calore ed inizierà a sfrigolare, eliminare l’aglio e aggiungere le cipolle affettate molto finemente dopo aver rimosso gli strati esterni più secchi e farle rosolare dolcemente; a questo punto, prendere lo stoccafisso già reidratato. privo di lische, e tagliato a pezzi senza rimuovere la pelle, e trasferire i pezzi di stoccafisso alla casseruola facendoli stufare per 5-10 minuti; aggiungere, quindi, il pomodoro, sia passata che pelato, mescolare e lasciar cuocere a fuoco medio basso e a casseruola quasi completamente coperta per un’ora circa. Aggiungere, infine, il Marsala e le patate a cubettoni. Salare, aggiungere il pepe q.b.. e lasciar cuocere, per un’altra ora circa. Quando tutti gli ingredienti saranno ben cotti, si può servire lo stoccafisso alla livornese ben caldo.

Lo stoccafisso in bianco è tra le ricette tipiche napoletane. La ricetta è semplicissima: si adopera un ruoto basso per la cottura dello stocco; questo, una volta sciacquato, viene posto nella teglia una volta che l’acqua sia giunta ad ebollizione, lasciandolo cuocere per circa 5’; si toglie quindi dall’acqua di cottura, e si ideposita in un piatto da portata ovale; si cosparge il tutto con prezzemolo, aglio, olio extravergine e si guarnisce con abbondanti olive e spicchi di limone.

Lo stocco e patate in bianco è un piatto tipico della cucina del sud, molto apprezzato per la densità dei sapori mediterranei. In un capiente tegame, preferibilmente di terracotta, si versano quattro o cinque cucchiai d’olio, la cipolla e il sedano tritati; si lascia appassire a fuoco medio per qualche minuto e poi si aggiungono le patate e l’alloro; si versa un abbondante bicchiere d’acqua tiepida e si ricopre il tegame; si lasciano cuocere le patate per almeno quindici minuti, facendo attenzione a non farle attaccare. Trascorso questo tempo si aggiunge lo stoccafisso tagliato a pezzettoni, si sala, si cosparge con poco peperoncino in polvere, si aggiungono anche le olive e un pizzico di origano essiccato. Si copre e si lascia cuocere ancora venti minuti circa o fino a quando le patate non risultano ben cotte e lo stoccafisso non si sarà sfaldato. Pochi minuti prima della fine della cottura si aggiunge un cucchiaino di prezzemolo tritato e si serve ben caldo.

Non sono note condizioni in cui il consumo dello stoccafisso potrebbe interferire con farmaci o altre sostanze. Il consumo dello stoccafisso è sconsigliato a chi soffre di intolleranza al pesce.

[1] La salagione è un metodo di conservazione molto antico e sembra che fosse utilizzato per conservare le carni già nell’antica Babilonia; essendo il sale un composto igroscopico esso elimina l’acqua dagli alimenti bloccando le funzioni vitali dei microrganismi. Questo metodo comporta una perdita delle sostanze nutritive degli alimenti, specialmente di sali minerali e vitamina C.

Nello specifico, la lavorazione del baccalà è sostanzialmente rimasta la stessa dal 1600 ad oggi. I Norvegesi, infatti, iniziarono a produrre il baccalà – e quindi il merluzzo salato – intorno al 1640, imparando questo metodo di conservazione dai pescatori baschi che, nel 1400, decisero di abbandonare la pericolosa pesca delle balene per dedicarsi a quella più tranquilla e altrettanto redditizia del merluzzo.

È curioso il fatto che i vichinghi usassero il baccalà, oltre che come cibo, anche come barometro. Infatti, lo appendevano a bordo delle loro navi con delle corde. Quando il baccalà cominciava a gocciolare, voleva dire che era in arrivo una tempesta: la maggiore umidità dell’aria, infatti, faceva sciogliere il sale.

Oggi, grazie all’aiuto della tecnologia, la lavorazione del baccalà è molto più semplice e veloce.

Redazione amaperbene.it

AMAxBenE è l’acronimo di AliMentAzione per il BenEssere

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