Pesce, crostacei e molluschi

Calamaro (Loligo vulgaris)

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Il calamaro (Loligo vulgaris Lamarck, 1798) in senso proprio, conosciuto anche come calamaro europeo o calamaro comune, è un mollusco cefalopode della famiglia Loliginidae.

Il nome comune ha lo stesso etimo di “calamaio”, dal greco kalamos (calamo), che da astuccio per le penne è passato a indicare nel medioevo il vasetto dell’inchiostro, con allusione quindi alla forma del mollusco e al secreto difensivo di colore nero che emette quando minacciato (analogo al nero di seppia).

I calamari possiedono tutte le caratteristiche dei molluschi cefalopodi. Il corpo (mantello) è allungato snello, cilindrico, fornito di due pinne natatorie ben sviluppate, tanto da oltrepassare la metà del corpo e che nell’insieme assumono un aspetto romboidale ad angoli smussati. Dalla testa partono otto braccia corte, provviste di due file di ventose, e due tentacoli più lunghi clavati all’estremità e provvisti di 4 o più file di ventose, indispensabili alla caccia. All’interno del corpo è contenuta una conchiglia cornea detta “calamo” “piuma” o “gladio”, vitrea, trasparente a forma di lancia o di penna d’uccello. La colorazione del corpo varia dal rossastro, al violaceo, al bianco-rosato con punteggiature scure bruno-rossicce. Normalmente si presenta con dimensioni comprese fra 15 e 20 cm, ma può raggiungere i 30–50 cm di lunghezza.

I calamari vivono nelle acque costiere a partire dal Mare del Nord fino a quelle del Mar Mediterraneo e lungo la costa occidentale dell’Africa. Questa specie vive dalla superficie fino a profondità di 500 m e viene estensivamente sfruttata dall’industria della pesca. Habitat preferiti sono i fondali sabbiosi, fangosi e detritici. Molto spesso forma banchi costituiti da numerosi individui nutrendosi, prevalentemente nelle ore notturne, di piccoli pesci e in misura minore di crostacei, molluschi e policheti. Talvolta pratica il cannibalismo.

La stagione tipica del calamaro inizia a settembre e termina a dicembre. Anche i calamaretti iniziano a essere di stagione a settembre, ma continuano a rimanere sul mercato fino a febbraio.

La riproduzione avviene tra gennaio e luglio, periodo in cui si avvicinano alle coste. La femmina depone uova piuttosto grandi, in ammassi gelatinosi e tubolari.

Viene pescato con reti a strascico, a circuizione, con reti da traino pelagiche, con numerosi attrezzi da posta, con ami innescati e con particolari tipi di lenze chiamate “latero”. Spesso è catturato di notte utilizzando fonti luminose. Può essere pescato più facilmente nei mesi autunnali e invernali quando si avvicina alle coste.

Può essere infestato dall’Anisakis e può presentare il copepode parassita Pennella varians.

Proprietà nutrizionali
Il calamaro offre il vantaggio di essere povero di grassi saturi, lipidi che non dovrebbero mai essere assunti in dosi superiori al 10% delle calorie quotidiane. Inoltre è una fonte di omega 3, acidi grassi alleati della salute, soprattutto di quella di cuore e arterie, di proteine di qualità elevata, di vitamine del gruppo B e di zinco (che favoriscono il buon funzionamento del metabolismo), di fosforo (alleato di ossa e denti), di rame (coinvolto nella sintesi dell’emoglobina e dei tessuti connettivi, nella pigmentazione di pelle e capelli, nel metabolismo cellulare e nel controllo della funzionalità del cuore) e di selenio (utile per le difese antiossidanti dell’organismo); apprezzabile il contenuto di niacina (vit. PP) ed emergono alcuni retinolo equivalenti (vit. A). Purtroppo è anche ricco di colesterolo, la cui assunzione quotidiana non dovrebbe superare i 300 mg (o i 200 mg in presenza di problemi cardiovascolari).

In media, in 100 grammi di calamaro crudo (varie specie) sono presenti: 78,55 g di acqua; 15,58 g di proteine; 1,38 g di lipidi, di cui: 0,358 g di grassi saturi, 0,107 g di grassi monoinsaturi, 0,524 g di grassi polinsaturi (in particolare EPA e DHA, per un totale di circa 500 mg di omega 3) e 233 mg di colesterolo; 4,7 mg di vitamina C; 2,175 mg di niacina; 1,20 mg di vitamina E; 0,412 mg di riboflavina; 0,056 mg di vitamina B6; 0,020 mg di tiamina; 33 UI di vitamina A; 5 µg di folati; 1,30 µg di vitamina B12; 246 mg di potassio; 221 mg di fosforo;

44 mg di sodio; 33 mg di magnesio; 32 mg di calcio; 1,78 mg di rame; 1,53 mg di zinco; 0,68 mg di ferro; 45,35 µg di selenio.

100 g di calamaro (Loligo vulgaris) apportano circa 68 Calorie ripartite come segue: 74% proteine, 23% lipidi, 3% carboidrati.

Non sono riportate interazioni tra il consumo di calamaro e l’assunzione di farmaci o altre sostanze.

Gastronomia dei calamari
I calamari sono prodotti della pesca dal notevole pregio gastronomico. I calamaretti (Alloteuthis media) costituiscono la specie che, per definizione, rimane di piccole dimensioni e si presta notevolmente alla frittura; in alternativa, anche i giovani esemplari di Loligo vulgaris si prestano allo stesso scopo. I calamaretti fritti, contrariamente a quanto molti sostengono, non devono essere cucinati interi. Di certo, l’accuratezza nella pulizia non è paragonabile a quella dei calamari più grossi; tuttavia, rimuovere la penna o gladio e gli occhi rappresenta il metodo migliore per ottenere un buon risultato culinario. La penna o gladio ha un impatto tattile nella masticazione decisamente poco gradevole, mentre gli occhi ed i visceri, in cottura, tendono a rompersi liberando la melanina dell’inchiostro; il risultato è un fritto dal colore nero e dalla consistenza poco croccante.

I calamari più grossi, invece, devono essere accuratamente privati della bocca, degli occhi, spesso anche della pelle che ricopre il corpo e dei visceri; questi ultimi possono essere rimossi con facilità separando la testa dal tronco e svuotando il cono. Una volta puliti, i calamari vengono destinati: alla lessatura per le insalate fredde di mare, all’incorporazione nei sughi di accompagnamento per i primi piatti (pasta e polenta), alla formulazione dei risotti, al confezionamento delle zuppe ecc. I calamari sono ottimi in bianco, con sugo di pomodoro o con altre basi come il pesto di prezzemolo, rucola e basilico.

Aspetti commerciali
A livello commerciale, la dizione “calamaro” senza aggettivi è consentita per due specie strettamente affini: Loligo vulgaris e Loligo forbesi. Volgarmente, quando serve distinguerle, le due specie sono indicate rispettivamente con i nomi di “calamaro comune” e “calamaro nordico”. Il genere Loligo comprende tuttavia anche altre specie, tra cui Loligo reynaudii, il calamaro di Capo di Buona Speranza, che veniva in passato considerata una sottospecie del L. vulgaris.

Sempre in commercio è consentito indicare come calamari altre specie di generi affini, a condizione di far seguire alla parola “calamaro” una specificazione definita dal Mipaaf[1], p.es. “calamaro atlantico” (Doryteuthis ocula, Doryteuthis pealeii), “calamaro del Pacifico” (Doryteuthis opalescens, Heterololigo bleekeri, Loliolus beka, Loliolus japonicus, Uroteuthis chinensis, Uroteuthis sibogae) ecc. Molte di queste specie erano un tempo incluse nel genere Loligo (p.es. Doryteuthis opalescens sin. Loligo opalescens).

Il calamaro è spesso confuso con il totano, specie di minor valore commerciale. Per distinguerli è necessario verificare la forma del calamo e l’aspetto delle pinne, che nel calamaro superano ampiamente la metà del mantello, mentre nel totano sono nettamente più corte.

La differenza tra totano e calamaro in cucina sta nel gusto e nella consistenza delle carni. Il calamaro, infatti, ha una carne più morbida. Il totano, invece, tende ad avere una consistenza leggermente più dura e gommosa. Per questo motivo si preferiscono i calamari per la frittura rispetto ai totani.

[1] Mipaaf – Decreto Ministeriale n°19105 del 22 settembre 2017 – Denominazioni in lingua italiana delle specie ittiche di interesse commerciale, su politicheagricole.it. URL consultato il 26 aprile 2018.

Redazione amaperbene.it

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