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La pizza verace | un prodotto di alta tecnologia

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La pizza è un “prodotto artigianale ottenuto per cottura, mediante forno a legna, di un impasto (un “panetto” ricavato per lievitazione naturale di una miscela di farina, acqua, sale e lievito naturale, opportunamente riposato) disteso manualmente fino a realizzare una conformazione geometrica con elevato rapporto superficie/volume, guarnito superiormente ad arte con prodotti semplici (di prevalente derivazione vegetale, come l’olio di oliva ed il pomodoro), da consumarsi “espresso”, cioè immediatamente dopo la cottura”.

Trattandosi di un prodotto artigianale, nella sua preparazione prevale la manualità dell’uomo, dalla lavorazione dell’impasto, alla preparazione e stesura dei panetti, fino alla guarnizione e, successivamente, con l’inserimento nel forno e la successiva estrazione. Per tutelare l’identità e la qualità della pizza artigianale napoletana sono state portate avanti una serie di iniziative concretizzatesi con la registrazione di una denominazione nel registro delle specialità tradizionali garantite [Pizza Napoletana (STG)] (Regolamento (UE) N. 97/2010 della Commissione del 4 febbraio 2010). Non è applicabile alla pizza il marchio “DOC”, perché, secondo il Ministero delle Politiche Agricole (legge 164/92), con il termine DOC (denominazione di origine controllata) si intende il “riconoscimento di qualità attribuito a vini prodotti in zone limitate, recanti il loro nome geografico… di norma il nome del vitigno segue quello della DOC e la disciplina di produzione è rigida”. Col marchio di Specialità Tradizionale Garantita (STG) la Commissione Europea ha conferito il riconoscimento del carattere di specificità di un prodotto agro-alimentare, inteso come elemento od insieme di elementi che, per le loro caratteristiche qualitative e di tradizionalità, distinguono nettamente un prodotto da altri simili. Prima di questo importante riconoscimento, l’unica norma ufficiale che tutelava e disciplinava la produzione della pizza artigianale, limitatamente alla sua versione “napoletana verace” era la norma UNI (Ente Nazionale Italiano di unificazione) 10791:98. Tale norma descrive le materie prime ed il processo produttivo della “verace pizza napoletana artigianale”, definendo, inoltre, i requisiti delle materie prime e del prodotto finito ed i relativi metodi di prova per accertarne la sussistenza.

La norma UNI 10791:98
La norma UNI 10791:98 è volta a promuovere e tutelare la qualità dei prodotti alimentari appartenenti alla cultura italiana; essa descrive le materie prime ed il processo produttivo della “verace pizza napoletana artigianale” (in seguito indicata, per brevità, “pizza napoletana”) e definisce i requisiti delle materie prime e del prodotto finito ed i relativi metodi di prova per accertarne la sussistenza. La norma si articola in 7 punti o “capitoli”.

II punto 1 definisce lo scopo della norma che è quello di descrivere le materie prime ed il processo produttivo della pizza napoletana, nelle sue due varianti principali: “marinara” e “margherita”, e di indicare i requisiti delle materie prime e del prodotto finito nonché i metodi di prova da utilizzare per l’accertamento della sussistenza dei requisiti stessi.

II punto 2 riporta i riferimenti normativi ai quali bisogna attenersi per la selezione delle principali materie prime e per l’esecuzione degli specifici metodi di prova finalizzati a dimostrare la sussistenza di specifici requisiti.

II punto 3 fornisce una definizione di “pizza napoletana verace artigianale” come un prodotto alimentare preparato con specifiche materie prime e seguendo un ben determinato processo di produzione artigianale, da consumarsi espresso, cioè immediatamente dopo la cottura mediante forno a legna, in idonei esercizi pubblici (pizzerie).

Il punto 4 elenca le materie prime da utilizzarsi per l’impasto di farina di grano tenero tipo “00”, acqua, il lievito di birra fresco e sale marino, e per la guarnizione (pomodoro, olio extravergine li oliva, origano essiccato, aglio fresco e sale marino per la “marinara”, e pomodoro, olio extravergine di oliva, mozzarella di bufala campana, basilico fresco e sale marino per la “margherita classica”, per la quale è consentita l’aggiunta di formaggio, previamente grattugiato, del tipo Parmigiano Reggiano o Pecorino Romano o Grana Padano.

Il punto 5 descrive il processo produttivo della pizza napoletana, il quale prevede la preparazione e la lavorazione dell’impasto, lo staglio dei panetti, la guarnizione del disco di pasta lievitato e la cottura del prodotto ottenuto mediante forno a legna.

Infine, il punto 6 descrive i requisiti riguardanti le materie prime ed il prodotto finito, mentre il punto 7 elenca i metodi di prova relativi alla farina, all’acqua, al pomodoro ed alla mozzarella di bufala campana.

Esaminiamo i vari punti.

La farina
Secondo la norma UNI 10791:98, la farina da impiegarsi per la produzione della pizza napoletana deve essere di grano tenero, del tipo “00” (doppio zero).

La farina è il prodotto di macinazione del grano tenero (Triticum vulgare), la cui coltivazione è ampiamente diffusa nelle regioni centro-settentrionali del nostro Paese. Si tratta di polveri asciutte, soffici, a granuli piccoli, tondeggianti e dal colore bianco che, stretti in mano, devono formare una massa compatta. La farina viene classificata sulla base del tasso di abburattamento, il quale è definito come la quantità di farina (in kg) che si ricava dalla macinazione di 100 kg di grano. Più basso risulta questo indice e più raffinata risulta la farina.

Si distinguono generalmente tre tipi principali di farina (vedi tabella A).

Tabella A – Classificazione delle farine

Composizione relativa a cento parti di sostanza secca
Tipo e denominazione Umidità (max) Ceneri (max) Cellulosa (max) Glutine secco (min)
Farina tipo 00 14,50% 0,50 7
Farina tipo 0 14,50% 0,65 0,20 9
Farina tipo 1 14,50% 0,80 0,30 10

L’attitudine di una farina alla panificazione – e quindi all’impiego nella preparazione della pizza – dipende da numerosi fattori, il principale dei quali è il contenuto proteico che riferito alla sostanza secca – determinato col metodo di prova descritto nella norma UNI10275 – deve essere, per legge, almeno pari all’11.5%. Essa può essere valutata con alcuni strumenti particolari, quali il farinografo, l’estensografo, l’alveografo e l’amilografo.

Il farinografo consente, attraverso la determinazione della resistenza dell’impasto nei confronti di un’intensa sollecitazione meccanica, quale quella indotta dall’impastatrice, di valutare la consistenza dell’impasto e la quantità di acqua necessaria per ottenere tale consistenza.

Sulla base della valutazione farinografica – eseguita con il metodo descritto nella norma UNI 10790 – la farina da impiegarsi per la verace pizza napoletana artigianale deve esibire un assorbimento superiore a 55 mL per 100 grammi di farina ed una stabilità di 4-8 minuti.

L’estensografo, che misura, come l’alveografo, l’estensibilità dell’impasto e la resistenza da questo opposta dopo la fermentazione, consente di valutare la forza della farina. La norma UNI 10791:98 non fa alcun riferimento a questo tipo di valutazione.

L’alveografo (di Chopin) permette di valutare, attraverso la misura dell’estensibilità dell’impasto e della resistenza da questo opposta dopo la fermentazione, le proprietà plastiche e meccaniche dell’impasto stesso. Il suo tracciato, detto alveogramma, assume l’aspetto di una curva tanto più alta quanto maggiore è la quantità di proteine contenuta nella farina. Sulla base della valutazione alveografica – eseguita seguendo il metodo descritto dalla norma UNI 10783 – la farina da impiegarsi per la produzione della verace pizza napoletana artigianale deve possedere: una energia di deformazione (il cosiddetto W) pari a 200-300 joule, un rapporto tra sovrapressione massima ed ascissa media alla rottura (PIL) di 0.50-0.70 ed un indice di rigonfiamento (G) pari a 22.

L’amilografo, attraverso la misura della viscosità di una sospensione acqua-farina in relazione alla temperatura, consente di valutare il contenuto in enzimi e l’attività amilolitica della farina. La norma UNI 10791:98 non fa alcun riferimento agli indici amilografici.

Un ultimo parametro molto importante ai fini delle qualità panificatorie di una farina è il cosiddetto indice di caduta che, attraverso la misura della viscosità di una sospensione di farina e di acqua gelatinizzata, consente di valutare l’attività a-amilasica della farina. Il “tempo di caduta” è inversamente proporzionale all’attività enzimatica riscontrata. La farina da utilizzarsi per la produzione della verace pizza napoletana artigianale deve avere un indice di caduta massimo di 60 mm ed un tempo di caduta compreso fra 250 e 400 secondi. La determinazione dell’indice di caduta deve essere eseguita applicando la norma UNI 10589.

L’acqua
L’acqua da utilizzare per la preparazione dell’impasto della pizza napoletana deve possedere un pH – inteso come cologaritmo della concentrazione degli ioni H3O+ di una soluzione acquosa a 25 °C e determinato col metodo di prova descritto nella norma UNI 10501 – di circa 6.7. La durezza – una misura del contenuto di sali di calcio e di magnesio – concorre ad aumentare la rigidità dell’impasto, attraverso il miglioramento delle caratteristiche chimiche del glutine (legami ionici tra le catene laterali degli amminoacidi, cariche negativamente, e gli ioni calcio e magnesio, carichi positivamente). La durezza dell’acqua destinata all’impasto della verace pizza napoletana artigianale non dovrebbe superare i 20 gradi francesi – determinata col metodo di prova descritto nella norma UNI 10505 -.

La quantità e la qualità dell’acqua costituiscono elementi determinanti ai fini dell’ottenimento di un buon impasto per pizza. La quantità d’acqua varia in relazione alle caratteristiche della farina e alla consistenza dell’impasto che si vuol ottenere. Una farina si idrata mediamente per il 60%; valori superiori (68-70%) si riscontrano nelle farine con maggior “forza”.

Normalmente si usa l’acqua dell’acquedotto o di fonte; la dualità dipende da una serie di importanti parametri, tra cui assumono rilevante importanza, ai fini della panificazione, la temperatura, il pH e la durezza.

La temperatura dell’acqua deve essere compresa tra 21 e 25 °C per non ostacolare l’attività dei lieviti, responsabili della fermentazione.

Il lievito di birra
II lievito di birra da usare per la preparazione dell’impasto della pizza napoletana deve appartenere al genere Saccharomyces cerevisiae e possedere i requisiti previsti dalla vigente legislazione (alla data di pubblicazione della norma era in vigore il D.M. 18 giugno 1996). Esso, inoltre, deve essere fresco ed utilizzato, per un impasto “standard” (1.7 kg farina/L d’acqua) in quantità compresa fra 2.5 e 5.0 grammi (in funzione delle condizioni ambientali).

Il lievito usato per la fermentazione dell’impasto della pizza deve essere naturale, in perfetto stato di conservazione, costituito da microrganismi “vivi”; in genere va bene quello di birra, costituito da colture di Saccharomyces cerevisiae, che si presentano come cellule tondeggianti, ovali, allungate o filamentose, in grado di trasformare, in assenza di ossigeno, il glucosio, derivato dall’idrolisi dell’amido, in etanolo ed anidride carbonica. Venduto in pani e conservato in ambiente fresco esso risulta attivo anche con farine deboli e consente tempi relativamente rapidi di lavorazione.

Il sale
II sale da impiegarsi per la preparazione dell’impasto della pizza napoletana deve essere del tipo marino, costituito principalmente da cloruro di sodio. Oltre a migliorare le caratteristiche organolettiche del futuro disco, esso determina, anzitutto, un aumento della qualità e della quantità del glutine. Infatti, la gliadina è meno solubile in acqua salata per cui dà origine a maggiori quantitativi di glutine con fibre corte, rendendo l’impasto nel complesso più compatto e lavorabile. Il sale svolge anche una blanda azione antisettica, riducendo nell’impasto le fermentazioni secondarie. Infine, esso conferisce al cornicione una colorazione marcata, alla quale si accompagna anche una maggiore croccantezza. La quantità di cloruro di sodio da aggiungere all’impasto varia in base alle caratteristiche delle farine ed ai sistemi di lavorazione. Secondo la norma UNI 10791:98, un impasto standard per la preparazione della verace pizza napoletana artigianale (1.7 di farina/L d’acqua) dovrebbe contenere 50 grammi di sale marino. Per la guarnitura, quanto basta.

Il pomodoro
Secondo la norma UNI 10791:98, per guarnire la pizza napoletana si possono utilizzare – in funzione del tipo o varietà pizza – sia i pomodori freschi che quelli pelati. I pomodori freschi “consentiti” sono quelli della varietà San Marzano, i cosiddetti “corbarini” e quelli “ciliegini”.

I pomodori della varietà San Marzano devono esibire tutti i requisiti previsti dalla vigente legislazione in materia (alla data di pubblicazione della norma era in vigore il Regolamento CEE 1263/96 della Commissione del 1 luglio 1996). Nel caso si utilizzino altre varietà, queste devono appartenere almeno alla categoria I e rispondere ai requisiti dei pomodori freschi oblunghi (o allungati) descritti nella vigente legislazione (alla data di pubblicazione della norma era in vigore il Regolamento CEE n. 778/83 e successive modifiche).

I pomodorini “Corbara” o “corbarini” – che possono essere conservati con tipica legatura a piramide rovesciata conservando le caratteristiche organolettiche per l’intera annata (c.d. “piennolo”) – devono avere: forma rotondeggiante, con una lievissima punta, detta “pizzo”, verso l’apice stilare, colore rosso vivo e diametro di circa 3 cm. Essi devono essere integri e presentare una polpa consistente.

I pomodori “ciliegini” devono possedere tutti i requisiti definiti nella vigente legislazione (alla data di pubblicazione della norma era in vigore il Regolamento CEE n° 778/83 e successive modifiche).

I pomodori pelati, invece, devono essere di qualità superiore, così come definiti nella vigente legislazione (alla data di pubblicazione della norma era in vigore il D.P.R. 11 aprile 1975 n. 428) e per le condizioni tecniche di fornitura, occorre fare riferimento alla norma UNI 8875. I pomodori pelati devono esibire una massa di prodotto sgocciolato pari al 70% circa della massa netta e un residuo al netto di sale aggiunto, pari a circa il 4.5%.

Per la determinazione della massa del prodotto sgocciolato occorre utilizzare una bilancia avente accuratezza di 0.1 grammi ed uno staccio con maglia di 2.8 mm (secondo la norma UNI 2331-2); tale staccio deve essere munito di un piatto di raccolta del diametro di 20 cm per scatole del formato fino a 1 Kg compreso o di 30 cm per scatole del formato maggiore di 1 kg fino a 5 kg compreso. Una volta portato il prodotto a temperatura ambiente (20-25°C), si pesa lo staccio con il piatto di raccolta. Si svuota, quindi, l’intero contenuto del recipiente sullo staccio senza piatto, distribuendolo uniformemente su tutta la superficie dello staccio stesso. Quest’ultimo va inclinato leggermente senza muovere il contenuto per facilitare lo sgocciolamento, che va protratto per 2 minuti. Lo staccio con il pomodoro trattenuto va, infine, riposto sul piatto di raccolta e pesato.

La massa del prodotto sgocciolato va calcolata sottraendo la massa dello staccio vuoto da quello dello staccio e del suo contenuto dopo sgocciolamento. Per l’espressione dei risultati, il valore del peso del prodotto sgocciolato Ps, arrotondato al grammo, è dato dalla differenza (Ps = P – p), dove P è la massa dello staccio con il piatto ed il prodotto sgocciolato e p è la massa dello staccio vuoto con il piatto.

La media del contenuto in bucce, determinata su almeno 5 recipienti, deve essere inferiore ad 1 cm3 per ogni 100 grammi di contenuto (con un contenuto di bucce in ciascun recipiente non superiore al quadruplo di tale limite).

A questo proposito la norma stabilisce che per determinare il contenuto in bucce bisogna asportare le pelli presenti, distenderle una adiacente all’altra su una lastra di vetro, in modo da formare un’unica figura, per quanto possibile regolare; bisogna, quindi, sovrapporre un’altra lastra di vetro e con un foglio di carta trasparente rilevare il contorno della figura.

La superficie totale può essere determinata per mezzo di un planimetro polare o con vetro a reticolo suddiviso in quadrati di 0.5 cm di lato. Le pelli si esprimono in centimetri quadrati per 100 grammi di prodotto, eseguendo la prova su almeno tre scatole di pomodoro e facendo la media dei valori ottenuti.

Ai pomodori pelati destinati ad essere utilizzati per la preparazione della pizza napoletana è consentita l’aggiunta di pomodoro parzialmente concentrato (avente residuo secco di circa l’8%) o di semiconcentrato di pomodoro in misura tale che il residuo secco del prodotto, al netto di sale aggiunto, sia circa il 6%.

Per i pomodori pelati ai quali sono stati aggiunti succo di pomodoro parzialmente concentrato e semiconcentrato di pomodoro, le muffe – determinate con il metodo microscopico Howard – devono essere il 30% di campi positivi; possono essere aggiunti cloruro di sodio – in misura tale che la percentuale dei cloruri del prodotto finiti, espressa come cloruro di sodio, sia circa il 20% del peso secco – e qualche foglia di basilico.

La determinazione del pH deve essere eseguita immergendo l’elettrodo in circa 30 mL di succo o purea, alla temperatura di 25 °C.

La determinazione del residuo rifrattometrico deve essere eseguita dopo aver centrifugato la purea omogeneizzata, aggiungendo alcune gocce di succo sul prisma del rifrattometro Abbe termostatato a 20°C; i risultati vanno espressi in gradi Brix.

L’Olio extravergine di oliva
L’olio extravergine di oliva deve possedere i requisiti previsti dalla vigente legislazione (alla data di pubblicazione della presente norma era in vigore il D.M. 18 giugno 1996).

La mozzarella di bufala campana
I requisiti della Mozzarella di Bufala Campana sono quelli riportati nella legislazione vigente (alla data di pubblicazione della presente norma erano in vigore il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 maggio 1998 ed il Regolamento CEE n. 1107/96 della Commissione del 12 giugno 1996).

Il formaggio
Formaggio Parmigiano Reggiano, Pecorino Romano e Grana padano
I requisiti del formaggio Parmigiano Reggiano, Pecorino Romano e Grana Padano devono essere quelli previsti dalla vigente legislazione (alla data di pubblicazione della presente norma erano in vigore il DPR 1269 del 30 ottobre 1995 e Regolamento CE n° 1107/96 della Commissione del 12 giugno 1996).

Altri ingredienti
Non sono indicati particolari requisiti per i rimanenti ingredienti: aglio fresco, basilico fresco ed origano essiccato.

La “verace pizza napoletana artigianale”
I puristi, come nella famosa pizzeria “Da Michele” (fondata nel 1870) in Via C. Sersale, a Forcella, sostengono che esistono solo due vere pizze: la “Marinara” e la “Margherita”.

La preparazione dell’impasto (con sistema diretto)

Per la preparazione di un impasto “standard” occorre mescolare, per 1 litro d’acqua, 1.700 – 1.800 kg di farina (in funzione dell’assorbimento di acqua), 2.5 – 5 grammi di lievito e 50 grammi di sale.

Nell’impastatrice, vanno aggiunti, in ordine, prima l’acqua e poi circa 1/9 del peso totale della farina (massimo 200 grammi). A seguire, il sale marino, il lievito di birra e, infine, la restante dose della farina, “a pioggia”. Questa operazione deve concludersi, con l’impastatrice in funzione, nell’arco di 10 minuti, e deve essere seguita da 20 minuti di lavorazione meccanica ininterrotta.

Pertanto, la durata della preparazione dell’impasto non dovrebbe superare i 30 minuti: 10 per completare l’aggiunta di tutti gli ingredienti e 20 di lavorazione effettiva. Ovviamente, questi tempi possono essere accorciati o allungati in funzione della velocità dell’impastatrice e dell’aspetto e delle proprietà meccaniche dell’impasto che, al termine di questa prima fase del processo produttivo, deve presentare una densità assoluta di 1050 ± 5 g/L.

Prima lievitazione
Una volta terminata la lavorazione, l’impasto va lasciato lievitare nell’impastatrice o su un adeguato piano di lavoro per circa 4 ore. Questa fase corrisponde alla prima lievitazione.

Porzionamento
Al termine della prima lievitazione, si può procedere alla formatura o staglio dei panetti di impasto. Il porzionamento, da eseguirsi manualmente, con la tecnica della “mozzatura”, in modo da evitare lo strappo, deve dare origine a dei panetti di forma approssimativamente sferica (“palline”) del peso di circa 180 grammi.

Seconda lievitazione
I panetti ottenuti dal porzionamento vanno lasciati a lievitare alla temperatura di circa 25 °C per altre 2-4 ore (seconda lievitazione). In totale, quindi, la lievitazione non deve essere inferiore alle 6-8 ore. Al termine di questo intervallo di tempo, l’impasto deve risultare grasso all’aspetto e liscio al tatto e possedere, come proprietà meccaniche, un’elevata estensibilità ed una scarsa elasticità. La sua densità deve scendere a 800 ± 5 g/L, il suo pH deve essere intorno a 5.9 e la sua acidità titolabile pari allo 0.14% in volume di acido acetico.

Lavorazione del panetto
Per la preparazione del disco, bisogna porre il panetto lievitato su un piano, aiutandosi con un poco di farina per evitare che esso aderisca tenacemente alla superficie di lavoro. La “pallina” di impasto va distesa con le mani e deve dare origine all’ispessimento della parte più periferica del disco (il futuro cornicione), la cui funzione è quella di impedire agli ingredienti della guarnizione di debordare; al termine di questa operazione, lo spessore del disco, misurato al centro, deve risultare intorno a 0.5 cm.

Guarnizione

  • Marinara

Per la guarnizione della marinara occorrono circa 40 grammi di pomodoro, circa 7 grammi di olio extravergine di oliva, uno spicchio d’aglio fresco, circa 0.5 grammi di origano essiccato e sale marino (quanto basta).

Al centro del disco di pasta adeguatamente assottigliato e munito di bordo rilevato (il futuro cornicione), si deposita, primo fra tutti gli ingredienti, il pomodoro, che va poi man mano disteso uniformemente, con movimento rotatorio, fino ad occupare tutta la superficie disponibile. Sul “tappeto” di pomodoro così preparato, si distribuisce in maniera uniforme l’aglio che si avrà avuto premura di tagliare in sottili fettine dopo aver eliminato la parte esterna. Segue l’aggiunta dell’origano e poi del sale marino, che vanno deposti sempre in maniera omogenea. Infine, con movimento spirale, partendo dal centro verso la periferia, viene deposto l’olio extravergine di oliva.

  • Margherita

Per la guarnizione della “margherita classica” occorrono circa 30 grammi di pomodori, circa 5 grammi di olio extravergine di oliva, circa 50 grammi di mozzarella di bufala campana, circa 4 grammi di formaggio grattugiato, 1 ciuffetto di basilico e del sale marino (quanto basta).

Come per la marinara, occorre anzitutto depositare il pomodoro al centro del disco di impasto e, con movimento rotatorio, stenderlo uniformemente in tutta la zona centrale. Bisogna, poi, tagliare la mozzarella in pezzetti non molto spessi e distribuirli uniformemente sulla superficie del pomodoro. Nel caso in cui si aggiunga il formaggio, occorre spargerlo sulla superficie della pizza in modo uniforme con movimento rotatorio. Va, quindi, deposto l’olio con movimento a spirale, partendo dal centro verso la periferia. Infine, bisogna deporre al centro il ciuffetto di basilico.

Per la guarnizione della “margherita extra” occorrono circa 20 grammi di pomodoro e circa 60 grammi di pomodorini freschi, circa 5 grammi di olio extravergine di oliva, circa 80 grammi di mozzarella, 1 ciuffetto di basilico e del sale marino (quanto basta).

In questo caso, depositare il pomodoro al centro del disco di impasto e, con movimento rotatorio, stenderlo uniformemente in tutta la zona centrale. Tagliare la mozzarella in pezzetti non molto spessi e distribuirli uniformemente sulla superficie del pomodoro. Spezzare con le mani i pomidorini freschi e disporli uniformemente sullo strato di mozzarella. Spargere uniformemente il sale marino sulla superficie della pizza. Deporre l’olio con movimento a spirale, partendo dal centro verso la periferia. Deporre al centro il ciuffetto di basilico.

Cottura
II forno per la cottura della pizza napoletana deve essere rigorosamente a legna, e costituito da una base e da una cupola di materiali refrattari. La legna, destinata alla combustione, non deve dare origine a fumo o odori che possano modificare l’aroma della pizza. La temperatura del forno deve raggiungere i 400 °C a livello del piano di cottura ed i 450°C a livello della volta; per i forni in mattoni di argilla cotti, tale temperatura corrisponde alla variazione del colore della volta che appare cambiare colore da rosso a bianco. La pizza, una volta guarnita, deve essere deposta nella zona del forno dove non c’è legna che arde ed essere cotta in modo uniforme. La cottura nel forno non deve superare 1,5 minuti. La pizza deve raggiungere una temperatura di 75 °C circa.

Requisiti del prodotto finito
La pizza a fine cottura deve presentare un cornicione regolare, gonfio, privo di bolle e bruciature, di colore dorato e al profumo di pane. La parte centrale deve risultare morbida. La pizza deve essere agevolmente ripiegabile su se stessa a libretto o a portafoglio.

Le proprietà nutrizionali ed organolettiche della pizza
La pizza rappresenta l’emblema del modello alimentare mediterraneo, un mosaico di aromi e sapori di elevato valore nutrizionale. Nella pizza, infatti, si coniugano i cereali (farina di grano), gli ortaggi (pomodoro e basilico), i benefici grassi vegetali (l’olio di oliva) e prodotti di derivazione animale a moderato contenuto calorico (i latticini freschi).

La “bontà” di una pizza dipende da numerosi fattori: la qualità delle materie prime, delle quali va garantita al consumatore la tracciabilità, cioè il percorso da esse seguito dal sito di produzione fino al banco del pizzaiolo; le modalità di lievitazione dell’impasto, farina sia di grano tenero del tipo doppio zero (“00”); il tipo di guarnizione e le modalità dura. Tutti questi elementi, nel loro complesso, concorrono a determinare la palatabilità, cioè la gradevolezza al gusto, la digeribilità e le proprietà nutrizionali della pizza stessa. Così, farina, acqua, lievito e sale, per garantire un impasto di pregevoli qualità nutrizionali, dovranno essere mescolati tra loro in adeguate proporzioni, lavorati con tecnica opportuna e lasciati in condizioni tali da favorire una lievitazione ottimale.

In tale contesto, occorre fare attenzione ad alcuni non trascurabili dettagli, in grado di influire in maniera notevole sulla qualità del prodotto finito. Per esempio, è buona norma sciogliere il lievito in acqua, eventualmente intiepidita, prima di aggiungerlo all’impasto. In questo modo, infatti, verrà garantito a ciascun microrganismo il contatto con un adeguato volume di acqua, la fonte primaria della vita. Una temperatura troppo bassa rende più lenta l’attivazione e la riproduzione dei microrganismi, prolungando i tempi della lievitazione, laddove una temperatura troppo alta rischia di uccidere queste piccole quanto preziose forme di vita, bloccando definitivamente la lievitazione. Viceversa, una temperatura intorno ai 25-30°C metterà il lievito nelle condizioni ottimali per poter operare sull’impasto. È sconsigliabile solubilizzare il lievito nell’acqua in cui sia stato già disciolto il sale. Infatti, l’elevato grado di salinità ostacola l’attivazione e la riproduzione dei microrganismi del lievito, con ripercussioni negative sulla qualità dell’intero processo.

Da una corretta lievitazione dipenderanno l’equilibrato apporto dei nutrienti e la digeribilità, elementi fondamentali della qualità nutrizionale della pizza. Poiché essa è un processo che sviluppa gas e, quindi, fa ridurre la densità, cioè il rapporto tra peso e volume a favore di quest’ultimo, se un fiocco di impasto riesce a galleggiare sulla superficie di un pò d’acqua distillata versata in un bicchiere, si può essere ragionevolmente sicuri che la lievitazione è a buon punto.

Nel caso della tradizionale margherita, l’olio extravergine di oliva garantirà l’apporto dei benefici grassi vegetali e, insieme ad essi, i preziosi polifenoli, sostanze ad attività antiossidante che hanno la proprietà di contrastare i temibilissimi radicali liberi. La mozzarella di bufala (o il fiordilatte), ed eventualmente il parmigiano e/o il pecorino, aggiungeranno modiche quantità di proteine animali (più digeribili del latte da cui derivano) e ancora un pò di grassi.

Va sottolineato che i grassi, sia vegetali che animali, non rappresentano solo una fonte calorica, ma sono i principali responsabili della palatabilità della pizza ed è impossibile farne meno se si vuole ottenere un buon prodotto. Il pomodoro arricchirà il patrimonio nutrizionale completando la quota di fibre, e, soprattutto, apportando il licopene (un altro prezioso antiossidante) ed i sali minerali (tra cui gli utilissimi potassio, magnesio, zinco e selenio).

La cottura con forno a legna completerà una serie di processi biochimici, iniziati con la lievitazione, grazie ai quali al progressivo indurimento della base lievitata corrisponderà il rammollimento della guarnizione, in un gioco estremamente intrigante di opposizioni sensoriali che porterà ad un prodotto estremamente gradevole alla vista, come al tatto e al gusto e soprattutto, nutrizionalmente bilanciato.

La pizza preparata con gli opportuni accorgimenti e associata ad un regime dietetico equilibrato, in grado di rispondere ai fabbisogni quotidiani di carboidrati, grassi, proteine, fibre, vitamine e minerali, può costituire un’ottima alternativa ad un pasto completo.

Il calcolo calorico degli alimenti viene eseguito generalmente basandosi su porzioni da 100 grammi. Secondo quanto riportato dall’INRAN (ovvero l’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), una pizza margherita (intesa come pizza con pomodoro e mozzarella) apporta circa 270 calorie e circa 30 grammi di carboidrati ogni 100 grammiConsiderando che, in media, una pizza può pesare circa 300 grammi (o anche di più), il totale sarà di poco più di 800 calorie per una pizza intera.

Una pizza napoletana preparata secondo antica ricetta è un piatto perfetto dal punto di vista nutrizionale e va considerata un piatto unico perché garantisce il giusto apporto di carboidrati, proteine e grassi. Manca solo l’apporto in fibre che possono essere comunque integrate.

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Disciplinare Internazionale per l’ottenimento del marchio collettivo Verace Pizza Napoletana (Vera Pizza Napoletana)

 Aspetti merceologici e legislativi del prodotto

Scopo del presente disciplinare è stabilire le caratteristiche del prodotto tipico “Verace Pizza Napoletana” (Vera Pizza Napoletana).

Ogni operatore in qualsiasi paese del mondo che sia in grado di offrire un prodotto con tutte le caratteristiche richieste dal presente disciplinare potrà presentare domanda all’Associazione Verace Pizza Napoletana perl’assegnazione e l’utilizzo del marchio collettivo “Verace Pizza Napoletana” (Vera Pizza Napoletana).

L’Associazione controllerà periodicamente e a campione che gli operatori iscritti nell’ albo degli utenti del marchio seguano il disciplinare per l’elaborazione di questo “piatto tipico”.

Per quanto riguarda i condimenti e i prodotti, si stabilisce che devono essere utilizzati preferibilmente prodotti certifcati di origine campana.

Art. 1

Descrizione del prodotto
È riconosciuta la denominazione del prodotto tipico “Verace Pizza Napoletana” (Vera Pizza Napoletana), il cui uso è riservato ai due tipi di pizza marinara (pomodoro, olio, origano e aglio) e margherita (pomodoro, olio, mozzarella o for di latte, formaggio grattugiato e basilico) aventi i requisiti fissati con il presente disciplinare, con riguardo ai metodi di lavorazione ed alle caratteristiche organolettiche e merceologiche del prodotto finito e derivanti dalla materia prima e dai metodi di preparazione e cottura.

Dopo la cottura la “Verace Pizza Napoletana” (Vera Pizza Napoletana) si presenta come un prodotto da forno tondeggiante, con diametro variabile che non deve superare 35 cm, con il bordo rialzato (cornicione) e con la parte centrale coperta dai condimenti.

Tale parte centrale sarà spessa circa 0.25 cm con una tolleranza consentita pari a ± 10 % e con un condimento dove spicca il rosso del pomodoro, cui si è perfettamente amalgamato l’olio e a seconda degli ingredienti utilizzati, il verde dell’origano e il bianco dell’aglio, il bianco della mozzarella a chiazze più o meno ravvicinate, il verde del basilico in foglie, più o meno scuro per la cottura.

Il cornicione dovrà essere di 1-2 cm, regolare, ben alveolato, privo di bolle e bruciature e di colore dorato.

La “Verace Pizza Napoletana” (Vera Pizza Napoletana) deve essere morbida, fragrante, facilmente piegabile a libretto, dal sapore caratteristico derivante dal cornicione che presenta il tipico gusto del pane ben cresciuto e ben cotto, mescolato al sapore acidulo del pomodoro che persa la sola acqua in eccesso resterà denso e consistente dall’aroma, rispettivamente, dell’origano, dell’aglio o del basilico e al sapore della mozzarella cotta.
Possono essere accettate ad insindacabile giudizio dell’Associazione variazioni che non siano in contrasto con la tradizione e le regole della gastronomia napoletana, così come previsto nel primo disciplinare dell’Associazione Verace Pizza Napoletana redatto il 14 giugno 1984.

Art. 2

Descrizione del metodo di produzione
Produzione del disco di pasta
Prodotti (per dettagli si vedano le schede tecniche allegate)
Farina di grano tenero tipo 00 / tipo 0*: Prodotto granulare ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento (di grano tenero, di colore bianco, esente da puntature.
È consentita l’aggiunta di farina di grano tenero tipo 1 in piccole percentuali (dal 5 al 20% max).
I valori ottimali di Farina 00 per una lievitazione lunga tesa ad ottenere una pasta con buon rapporto estensibilità/elasticità:

W 250-310 (media forza)
P/L 0,50-0,70 (Ideale 0,6)
Assorbimento 55-62 %
Stabilità: 4-12

Value index – Caduta E10:
max 60 Falling 300-400
Glutine secco 9,5-11,5 g %
Proteine 11-13,5 g %
Ceneri < 0,55

Tali valori sono tipici di farine di media forza, equilibrate e con buone attitudini alla panificazione.
Inoltre è possibile l’impiego di farine di tipo 0 se caratterizzati dai seguenti valori.

W 250-320
P/L 0,55-0,70
Assorbimento 55-62 %
Stabilità 8-14

Value index – Caduta E10:
max 60 Falling >250
Glutine secco 9,5-11,5 g %
Proteine 11-13,5 g %
Ceneri < 0,657

Acqua alimentare: Acqua potabile, non gasata, che non contiene microrganismi, parassiti e sostanze chimiche in concentrazioni tali da rappresentare pericolo per la salute umana, impiegata ad uso potabile, per le preparazioni di cibi e bevande, ed altri usi domestici e industriali.

Temperatura di utilizzo: 16-22 °C optimum STD

Durezza: media; pH = 6-7

Sale: dovrà essere utilizzato preferibilmente sale marino (sale da cucina). Il sale esercita un ruolo cruciale nella dinamica dell’impasto. Esso è un ottimo antibatterico. Grazie alla presenza di calcio, inoltre, il sale agisce sulla maglia glutinica rinforzandola, infine, contribuisce a conferire al prodotto fnale la sua caratteristica colorazione.

Lievito: lievito di birra compresso, prodotto biologico di colore giallo/grigio/paglierino, di sapore insipido e con un basso grado di acidità.

Dovrà essere utilizzato un lievito di birra fresco di uso casalingo in confezioni da 25-500 g (Saccharomices cerevisiae) (D.M. 21/03/1973 e 18/06/1996). È consentito l’uso di lievito naturale (vedi schede tecniche allegate). È possibile utilizzare il lievito secco da Saccharomices cerevisiae nella proporzione di 1/3 rispetto al fresco. Non è consentito l’impiego di lieviti secchi addizionati di miglioratori.

Dosi e ricetta

Regole essenziali da rispettare:

  • Impasto di tipo diretto
  • Partire dall’acqua per la preparzione
  • Non inserire alcun tipo di grasso o zuccheri nell’impasto

Dosi di impasto (Si riporta un valore dei vari ingredienti ottimale raccomandato rapportato a litro di acqua):

Acqua 1 L
Sale da 40 a 60 g
Lievito Lievito di birra fresco 0.1-3 g (in funzione di temperatura, umidità e tempo)
Lievito madre 5-20 % della farina utilizzata
Lievito di birra secco rapporto 1 a 3 rispetto al fresco (es. 1 g di secco corrisponde a 3 g di fresco)
Farina 1,600/1,800 kg (secondo il grado di assorbimento)
Tempo di impasto aggiunta di Farina (fino al raggiungimento del punto di pasta)

Secondo tecnica di impasto e tecnologia dell’impastatrice
Prima fermentazione lasciar riposare l’impasto per innescare la prima fermentazione
Staglio in panetti 200 g (diametro pizza 22-24 cm) – 280 g (diametro pizza 28-35 cm)

Seconda fermentazione e maturazione  in cassette per alimenti
Conservazione (temperatura ambiente)
Tempi complessivi min 8, max 24 ore di fermentazione (con eventuale aggiunta delle ore di lavorazione, max 4 ore) (secondo la tipologia di farina impiegata e tenendo conto di temperatura, umidità e tempo di utilizzo)

Tempi fermentazione (ore) T (°C) Lievito birra fresco (g) Sale (g) W (farina)
8 23 1,5 50 250-280
24 23 0,3 50-55 290-310

Per garantire l’uniformità del prodotto, al variare delle condizioni stagionali e delle temperature di lavorazione è consigliato l’uso di celle di fermentazione a temperatura ed umidità controllabili.

Tecnica
La tecnica di impasto utilizzata è riconducibile al sistema diretto.

La preparazione della “Verace Pizza Napoletana” (Vera Pizza Napoletana) comprende esclusivamente le fasi di lavorazione seguenti da realizzarsi in ciclo continuo nello stesso esercizio.

Si mescolano farina, acqua, sale e lievito, partendo dall’acqua assicurandosi che il contatto diretto tra sale e lievito non avvenga per un tempo superiore ai 5 minuti, altrimenti il sale andrebbe a danneggiare le cellule del lievito. Bisogna tener presente che la quantità di lievito da impiegare deve diminuire al crescere della quantità di acqua e farina utilizzata. Ad esempio

se su 1 L di acqua si utilizzano 0,30 g di lievito, su 5 L di acqua non si useranno 1,5 g di lievito ma circa 1 g. Quindi la quantità di lievito impiegata è inversamente proporzionale alla quantità di impasto preparato.

L’impasto deve essere lavorato nell’impastatrice a forcella, a spirale, a braccia tuffanti (tutte con cestello ad angoli smussati e rotante) fino a che non si ottiene un’unica massa compatta.

Per ottenere un’ottimale consistenza dell’impasto è molto importante la quantità d’acqua che una farina è in grado di assorbire (idratazione).

Una eccessiva lavorazione (con il conseguente riscaldamento meccanico) comporta “incordatura” dell’impasto cioè l’organizzazione sotto forma di fibra della maglia glutinica con grave pregiudizio delle proprietà meccaniche.

L’impasto finale deve presentarsi al tatto non appiccicoso, morbido e plastico e risulterà facilmente asportabile dalla cassetta per essere lavorato.

Caratteristiche
Le caratteristiche dell’impasto a fne preparazione sono le seguenti, con una tolleranza per ognuna di esse del ± 10 %: Temperatura di fermentazione: 23 °C

Lievitazione e staglio

Prima fermentazione: L’impasto, una volta estratto dall’impastatrice, risulta “grasso” all’ aspetto e “liscio” al tatto; dal punto di vista delle proprietà meccaniche risulta “poco estensibile” e “molto elastico”. Viene posto su un tavolo da lavoro della pizzeria dove si lascia riposare coperto da un panno umido in modo che la superfcie non possa indurirsi formando unasorta di crosta causata dall’evaporazione dell’umidità rilasciata dall’impasto stesso. Trascorso il tempo ritenuto necessario all’assestamento e al riposo dell’impasto, si passa alla formatura del panetto, tradizionalmente eseguita a mano. Con l’ausilio di una spatola si taglia dall’impasto deposto sul banco di lavoro una porzione di pasta lievitata e successivamente le si dà una forma di panetto. Nella tecnica napoletana, nello staglio tradizionale a mano, l’impasto viene sagomato (staglio) sotto forma di palline con unatecnica che ricorda la preparazione delle mozzarelle (mozzatura). Per la “Verace Pizza Napoletana” i panetti devono avere un peso compreso tra i 200 ed i 280 g, per ottenere una pizza di diametro tra 22-35 cm.

Seconda fermentazione e maturazione: Una volta formati i panetti (staglio), avviene una seconda lievitazione in cassette per alimenti di durata variabile, in funzione delle caratteristiche di temperatura e umidità dell’ambiente e dell’assorbimento della farina utilizzata.

La maturazione consiste in una serie di processi biochimici e enzimatici che scindono le strutture più complesse, proteine e amidi in elementi più semplici. Quindi i tempi di maturazione dell’impasto variano in funzione alla quantità di enzimi contenuti nella farina utilizzata.

Un buon coordinamento di lievitazione e maturazione assicura la perfetta riuscita del prodotto fnale che risulterà avere un aspetto “plastico” (ovvero atto a essere plasmato in una forma voluta), estensibile e poco elastico. Questi processi quindi rendono la struttura dell’impasto meno tenace, più estensibile e più digeribile. Il nostro organismo, infatti, non è in grado di assimilare queste lunghe catene e ha bisogno che esse vengano demolite in zuccheri semplici. Una pizza realizzata con un impasto maturo richiederà un minor impegno del nostro apparato digerente, grazie a questa anticipata semplificazione degli amidi.

Formatura del disco di pasta

Passate le ore di lievitazione il panetto viene estratto con l’aiuto di una spatola dalla cassetta e posto sul piano di lavoro della pizzeria su un leggero strato di farina per evitare che la pagnotta aderisca al piano.

Con un movimento dal centro verso l’esterno e con la pressione delle dita di entrambe le mani sul panetto, che viene rivoltato varie volte, il pizzaiolo forma un disco di pasta in modo che al centro lo spessore sia non superiore a 0.25 cm con una tolleranza consentita pari a ± 10 %

La formatura del disco di pasta effettuata con le mani, in funzione dell’abilità del pizzaiolo, determinerà lo spostamento dell’aria contenuta nelle alveolature della pasta verso la periferia del disco che resterà più gonfo. Sarà quest’ultimo che al termine della cottura formerà il “cornicione”, elemento tipico della “Verace Pizza Napoletana” (Vera Pizza Napoletana) che avrà un’altezza di circa 1-2 cm. La stesura va effettuata con l’impiego del minor quantitativo di farina possibile in quanto eventuali residui della stessa risulterebbero di diffcile digestione e sgraditi a livello organolettico dal consumatore. È possibile l’utilizzo di semola per la stesura purché il quantitativo residuo sul disco di pizza non sia tale da comprometterne il sapore fnale (bisogna considerare che è l’umidità dell’impasto che

infuenza la capacità di trattenere la semola).

Per la preparazione della “Verace Pizza Napoletana” (Vera Pizza Napoletana) non sono consentiti altri tipi di lavorazione, in particolar modo l’utilizzo di matterello e/o di macchina a disco

Condimento del disco di pasta

I Prodotti (per i dettagli si vedano le schede tecniche allegate)

Pomodoro fresco: nelle varianti S. Marzano dell’Agro Sarnese-nocerino D.O.P., Pomodorini di Corbara (Corbarino), “Pomodorino del piennolo del Vesuvio” D.O.P. o altro pomodorino tipico preferibilmente con un equilibrio delicato tra la compone acida e quella zuccherina.

Pomodoro pelato: pomodoro pelato S. Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino D.O.P. È consentito l’uso del pomodoro fresco o industriale per pelato del “pomodoro lungo tipo Roma”.

Il pomodoro sotto forma di “pelati” dovrà, essere sgocciolato e frantumato preferibilmente a mano, poiché tale tecnica conferisce una differente consistenza al prodotto ed evita la rottura dei semi che conferirebbero un tipico gusto amaro.

Sono da escludere i pomodori pelati ottenuti da organismi geneticamente modifcati, e che abbiano subito trattamenti di coltivazione e/o di conservazione agenti sul DNA e/o con radiazioni ionizzanti.

È consentito l’utilizzo di pomodoro frantumato meccanicamente se proveniente da pomodoro lungo italiano e trattato industrialmente come pomodoro pelato quindi senza alcun trattamento termico ulteriore. Il succo di pomodoro o il concentrato eventualmente aggiunto al frantumato obbligatoriamente deve provenire anch’esso da pomodoro lungo italiano.

Mozzarella: mozzarella di bufala campana D.O.P., mozzarella S.T.G.

Fior di latte dell’appennino meridionale o altro fordilatte prodotto con tecniche tradizionali.

Olio: Data la temperatura della camera, della volta e della platea del forno e il tempo di cottura, la scelta dell’olio da utilizzare ricade su quello con maggiore resistenza alla ossidazione e con stabilità ad alte temperature, cioè sull’olio extravergine d’oliva.

L’olio d’oliva ottenuto da pressione a freddo delle olive e che non ha subito processi di raffnazione, cioè l’olio extravergine, contiene inalterati gli antiossidanti naturali quali i tocoferoli. Sono da preferire oli con caratteristiche delicate evitando quelli con retrogusto aspro-pungente. L’olio va aggiunto prima della fase di cottura in quanto andando in emulsione contribuisce alla cottura uniforme degli ingredienti. È consentita l’aggiunta anche a crudo (dopo cottura) per ragioni organolettiche.

Origano: Origanum vulgare della famiglia delle Labiatae.

Basilico: Basilico fresco o fresco confezionato di IV gamma.

Formaggio: a pasta dura da grattugia.

Sale: La procedura classica prevede di preparare il pomodoro salandolo e non aggiungendo il sale direttamente sul disco di pizza. In dettaglio per 1 kg di pomodoro pelato la quantità di sale da aggiungere è pari a 10-12 g, nel caso del pomodoro San Marzano che risulta già un prodotto più sapido la quantità da aggiungere è di circa 7-10 g per kg. Se si utilizza pomodoro

fresco il sale va messo direttamente sulla pizza.

Dosi e Ricette

Marinara

  • Pomodoro pelato 70-100 g
  • Olio di oliva extravergine 6-8 g (tolleranza 20%)
  • Aglio 1 spicchio (circa 3 g)
  • Origano 0,5 g (un pizzico)
  • Può essere gradita l’aggiunta di qualche foglia di basilico.

Margherita

  • Pomodoro pelato 60-80 g
  • Olio di oliva extravergine 6-7 g (tolleranza +20%)
  • Mozzarella di bufala, 80-100 g di latte vaccino o fordilatte con caratteristiche conformi ai parametri dell’Albo Fornitori dell’Associazione
  • Basilico fresco alcune foglie
  • Formaggio a pasta dura 5-7 g da grattugia (facoltativo)

 

Marinara: Con un cucchiaio si depongono al centro del disco di pasta il pomodoro pelato frantumato (è consentito l’uso di pomodori freschi tagliati in aggiunta o in sostituzione del pomodoro pelato). Lo spicchio d’ aglio, privo della corteccia dura, viene tagliato in fettine sottili con un “raschietto”; le fettine vengono sparse sulla superfcie del pomodoro. L’origano viene distribuito sulla superfcie del pomodoro con movimento ordinato. L’ olio di oliva viene deposto con movimento a spirale, partendo dal centro verso la periferia, utilizzando un contenitore inerte o il tradizionale orciuolo in rame con becco sottile.

Margherita: Con un cucchiaio si depongono al centro del disco di pasta il pomodoro pelato frantumato (è consentito l’uso di pomodori freschi tagliati in aggiunta o in sostituzione del pomodoro pelato).

La mozzarella se di pezzatura piccola va tagliata a fette o mezzaluna, il for di latte o mozzarella di pezzatura grande va tagliata a listelli non molto spessi, gli stesi verranno distribuiti uniformemente sulla superficie del pomodoro. Il formaggio grattugiato (se usato) verrà sparso sulla superficie della pizza con movimento rotatorio e uniforme.

Alcune foglie di basilico fresco verranno deposte sui condimenti. È consentito aggiungere il basilico prima della mozzarella per evitare che bruci durante la cottura in forno.

L’ olio extravergine di oliva viene deposto con movimento a spirale, partendo dal centro verso la periferia (semmai formando per semplicità il numero sei come da tradizione).

La cottura del disco di pasta condito

La cottura dovrà avvenire direttamente sul piano del forno e non in teglie.

Il pizzaiolo trasferisce su una pala di legno (o di alluminio), aiutandosi eventualmente con un poco di farina e con movimento rotatorio, la pizza condita, che viene fatta scivolare sulla platea del forno con un movimento rapido del polso tale da impedire la fuoriuscita dei condimenti. La cottura avviene esclusivamente in forni a legna dove si raggiunge una temperatura della camera di circa 485 °C.

Il pizzaiolo deve controllare la cottura della pizza sollevandone un lembo, con l’aiuto di una pala metallica e ruotando la pizza verso il fuoco, utilizzando sempre la stessa zona di platea iniziale per evitare che la pizza possa bruciarsi a causa di due differenti temperature. È importante che la pizza venga cotta in maniera uniforme su tutta la sua circonferenza.

Sempre con la pala, al termine della cottura, il pizzaiolo preleverà la pizza dal forno e la deporrà sul piatto da portata. I tempi di cottura non devono superare i 60-90 secondi.

Temperatura di cottura platea:  380-430 °C circa
Temperatura della volta: 485 °C circa
Tempo di cottura: 60-90 secondi

Aspetto finale e gusto

La “Verace Pizza Napoletana” (Vera Pizza Napoletana) deve essere morbida, fragrante, facilmente piegabile a libretto, dal sapore caratteristico derivante dal cornicione che presenta il tipico gusto e profumo del pane ben cresciuto e ben cotto, mescolato al sapore acidulo del pomodoro che persa la sola acqua in eccesso resterà denso e consistente dall’aroma, rispettivamente dell’origano, dell’aglio o del basilico e al sapore della mozzarella cotta. L’olio infne va in emulsione e contribuisce alla cottura uniforme degli ingredienti.

Conservazione

La “Verace Pizza Napoletana” (Vera Pizza Napoletana) va consumata appena sfornata; qualora non sia consumata nel locale di produzione non può essere congelata o surgelata o posta sottovuoto per una successiva vendita. In particolare è preferibile consumarla entro 10 minuti nel locale di produzione e entro 20 minuti se da asporto.

Art. 3

Attrezzature

Impastatrice
Le impastatrici utilizzate sono del tipo a “forcella”, a “spirale” e a ‘braccia tuffanti’ (tutte con cestello ad angoli smussati e rotante).

Cassette e spatole

Cassette
I panetti di pizza risultanti dallo staglio vengono disposti in cassette per alimenti dette mattarelle in cui vengono lasciati a lievitare per essere pronti all’utilizzo nelle fasi successive di lavorazione quali: formatura, condimento e cottura.

Spatole
Il pizzaiolo utilizza, sia nella fase di staglio che in quella della formatura, una spatola per il distacco di porzioni di impasto o dei panetti. La spatola è un utensile triangolare con lama a sezione variabile realizzata principalmente in metallo, spesso acciaio inox, oppure in plastica.

Forno e pale

Il forno
La forma del forno a legna è rimasta nei secoli fondamentalmente invariata. Esso è composto da una doppia cupola che crea una camera d’aria utile per il contenimento del calore e per la corretta gestione e aspirazione dei fumi. Le cupole sono fatte con mattoni refrattari e/o conglomerato cementizio di refrattari e deve assicurare stabilità meccanica.

Esiste una corrispondenza tra altezza e larghezza della bocca e rispettivamente altezza della volta e larghezza della platea, anticamente misurato in Palmi (corrispondenti a 26,45 cm) . Il suolo e la bocca del forno hanno delle misure ben precise: la bocca misura 45-50 cm, con un’altezza massima di 22-25 cm (corrispondenti a circa il 50 % della bocca), l’altezza della volta varia tra 40-45 cm mentre il suolo di un forno napoletano tradizionale misura dai 105 ai 140 cm. di diametro.

Eventuali forni di diametro maggiore sono sconsigliati in quanto non consentono la corretta gestione e cottura contemporanea di più pizze. Preferibilmente il suolo del forno è diviso in 4 pezzi a forma di cono ed è appoggiato su una miscela di sabbia e sale che funge da diffusore termico, da isolante e da batteria termica.

Deroga al forno a legna
È prevista la possibilità di impiego di forno a gas in presenza di documentazione che attesta l’impossibilità di installare un forno a legna- Il forno a gas deve corrispondere a dei parametri di certificazione approvati dall’Associazione. Inoltre in manifestazioni ed eventi dove c’è la comprovata impossibilità all’utilizzo del forno a legno, è possibile l’impiego di forni ad energia alternativa purché approvati dall’Associazione Verace Pizza Napoletana.

Le pale e attrezzature da forno
Normalmente le pale sono tre:

  1. Pala in legno o lega alluminio: serve per infornare la pizza. Il pizzaiolo cosparge la pala con un poco di farina, per consentire il facile scivolamento della pizza dalla pala nel forno. Questo avviene con un rapido colpo di polso, tenendo la pala leggermente inclinata rispetto al piano del forno stesso.
  2. Pala in acciaio: serve a spostare la pizza nel forno e a sfornarla dopo la cottura.
  3. Pala in acciaio o ferro: serve per movimentare la brace e gestire la legna.

Spazzola: serve a pulire l’interno del forno.

La legna

Per la cottura della pizza napoletana deve essere utilizzata legna che non dia fumo o odori che potrebbero modificare l’aroma della pizza stessa (la quercia, il frassino, il faggio e l’acero). Nella tradizione napoletana,

in qualche caso il pizzaiolo aumentava la temperatura interna del forno mediante l’aggiunta di trucioli di legno (in dialetto napoletano “pampuglia”) che consentiva di ottenere una rapida fiammata ed un istantaneo innalzamento della temperatura. La legna impiegata deve essere certificata e di nota provenienza. È consentito l’impiego di tronchetti di legna pressata o pampuglia (truciolo selezionato) purché certificati.

Art. 4

Deroghe
L’Associazione Verace Pizza Napoletana, fermo restando il processo produttivo della “Verace Pizza Napoletana” (Vera Pizza Napoletana), si riserva la facoltà di concedere deroghe sia ai prodotti che alle attrezzature in considerazione di particolari esigenze territoriali di tipo tecniconormativo e comunque tali deroghe non devono causare sostanziali variazioni del prodotto “Verace Pizza Napoletana” (Vera Pizza Napoletana).

Art. 5

Utilizzo del marchio: adesione
L’Associazione Verace Pizza Napoletana valuterà le richieste di concessione dell’utilizzo del marchio “Verace Pizza Napoletana” (Vera Pizza Napoletana) di sua esclusiva proprietà alle aziende esercenti l’attività di Pizzeria che ne faranno esplicita richiesta sulla base della modulistica predisposta ed in seguito ad opportune verifiche amministrative e tecniche e su

deliberazione del consiglio direttivo. In caso di utilizzo di forno a gas o di energie alternative la certificazione e il marchio saranno modificati in modo da evidenziare le differenze rispetto a quello tradizionale.

I controlli previsti per la “Verace Pizza Napoletana” (Pizza Napoletana) riguarderanno i seguenti aspetti: presso le aziende, nella fase d’impasto, fermentazione e preparazione, seguendo il corretto svolgimento e la corretta successione delle fasi descritte; controllando attentamente i punti critici dell’azienda; verificando la corrispondenza delle materie prime a quelle previste nel disciplinare di attuazione; verificando la perfetta conservazione e immagazzinamento delle materie prime da utilizzare e verificando che le caratteristiche del prodotto finale siano conformi a quanto previsto dal presente disciplinare di produzione. Il responsabile della pizzeria deve altresì dimostrare di conoscere il prodotto oggetto del presente disciplinare di produzione e deve utilizzare un pizzaiolo iscritto all’Albo dell’Associazione Verace Pizza Napoletana. Laddove si rendesse necessario l’Associazione può chiedere l’aggiornamento professionale del personale della pizzeria attraverso corsi di formazione, stage o corsi di aggiornamento da essa predisposti o riconosciuti.

L’Associazione Verace Pizza Napoletana si riserva la facoltà di istituire delegazioni estere con protocolli d’intesa che riguardano fattori tecnici, di controllo e di gestione economica.

Art. 6

Utilizzo del marchio: verifiche successive ed esclusione

Con controlli periodici e a campione da parte di delegati dell’Associazione verrà verificato il rispetto delle vigenti regole del disciplinare in tutte le sue parti, fatte salve le eventuali deroghe deliberate dal Consiglio Direttivo.

In caso di mancato rispetto delle singole regole del disciplinare di produzione:

  • si provvederà a richiedere l’adeguamento non appena constatata la
  • violazione;
  • trascorsi 30 giorni si verificherà l’attuazione dei correttivi;
  • in caso di persistenza dell’inadempienza si provvederà ad escludere il socio con delibera del Consiglio Direttivo, a ritirare il marchio e i segni distintivi, calcolando l’eventuale danno patrimoniale e di immagine provocato.

Appendice

La pizza Fritta
Il principale obiettivo dell’Associazione Verace Pizza Napoletana è sempre stato promuovere ed esportare la ricetta tradizionale della Vera Pizza Napoletana, la sua cultura e il mestiere artigianale del pizzaiolo verace in Italia e nel mondo.

Partendo da questo presupposto l’impegno successivo è stato valorizzare la tradizione e la cultura di un altro storico prodotto, la pizza fritta.

È riconosciuta la denominazione del prodotto tipico “pizza fritta napoletana” un prodotto avente i requisiti fissati dalle indicazioni di seguito riportate, con attenzione ai metodi di lavorazione ed alle caratteristiche organolettiche e merceologiche del prodotto finito.

La “pizza fritta napoletana” deve essere soffice, fragrante, asciutta, dal sapore caratteristico.

Dopo la cottura in olio bollente si può presentare o come un prodotto a forma di mezza luna richiusa su se stessa (calzone fritto) o di forma tonda (tonda fritta). Il disco di pasta, steso con le mani, dovrà avere uno spessore di circa 2-3 mm, e il ripieno dovrà essere composto da ricotta, fiordilatte o provola, salame o cicoli, pepe.

Il metodo e la tecnica di produzione dell’impasto, sono quelli riportati nel Disciplinare della Vera Pizza Napoletana.

Dosi pizza fritta
(per un panetto da 200 g circa)

Ricotta vaccina, di pecora o bufala   80-90 g
Fiordilatte o provola affumicata  30-50 g
Salame napoletano o cicoli (ciccioli) 50-60 g
Pepe q. b.
pomodoro pelato discrezionale

Tecnica

Calzone fritto
Il peso ideale dei panetti è di circa 200 g. La formatura del disco di pasta, va effettuata senza l’impiego di farina in quanto eventuali residui della stessa risulterebbero di difficile gestione in fase di cottura in olio bollente.

In passato infatti tradizionalmente la stesura era effettuata su un panno di tela o sul banco unto con l’olio.

La tecnica di stesura va effettuata con la tecnica napoletana, ma in modo che l’aria si distribuisca uniformemente così da evitare la formazione del cornicione, partendo dall’esterno facendo pressione con i polpastrelli per formare un disco di spessore omogeneo. Una volta formato il disco, il ripieno deve essere distribuito su metà del disco.

Tradizionalmente la ricotta utilizzata era di pecora, ma nel corso degli anni si è diffuso l’uso della vaccina, della fuscella e della ricotta di bufala.

La ricotta va preventivamente stemperata con acqua, (indicativamente per 1/2 kg di ricotta si usa 1 cucchiaio e mezzo di acqua), per la ricotta di fuscella e bufala non è necessario.

Una variante è l’aggiunta di pepe e/o formaggio grattugiato alla ricotta.

Il salame va tagliato a listarelle di spessore di circa 2-3 mm.

I cicoli vanno sbriciolati.

Il fiordilatte o la provola affumicata vanno tagliati a listarelle per una distribuzione più regolare facendo attenzione che non siano troppo umidi.

Una volta riempito il disco per metà, il calzone va chiuso sovrapponendo l’altra metà aiutandosi con il latrale del palmo della mano, avendo cura di sigillare bene i lembi sovrapposti e effettuando una breve pressione al centro per migliorare la distribuzione del ripieno.

Tonda fritta

La versione tonda prevede la sovrapposizione di due dischi di impasto il cui peso complessivo non superi i 200 g circa (indicativamente 80 g per il disco superiore e 120 g per il disco inferiore), con il ripieno precedentemente descritto. Passaggio molto importante nella preparazione della pizza tonda è distribuzione uniforme del ripieno.

La cottura

Il calzone fritto va cotto in abbondante olio. Anticamente erano utilizzati per la frittura sia la sugna che l’olio extravergine di oliva.

Fondamentale è la scelta dell’olio, preferibilmente di semi, la selezione deve essere fatta tenendo conto del punto di fumo (temperatura a cui un grasso alimentare riscaldato ad alte temperature si ossida e degrada, rilasciando sostanze volatili, che sono molto nocive). In genere è bene preferire oli a predominanza di acidi grassi monoinsaturi e saturi rispetto ad oli da seme a carattere polinsaturo, quali olio di semi di girasole, olio di semi di mais, olio di semi di vinacciolo.

La temperatura ideale per la frittura è di circa 175 °C, temperatura che provocando la rapida evaporazione dell’acqua dalla parte superficiale porta alla formazione della crosta.

L’olio va sostituito ogni volta che assume una consistenza viscosa e cambia colore imbrunendosi.

La pizza va immersa completamente in olio caldo, prima di immergerla va presa per i lembi e “tuffata” dal lato chiuso per evitare che il ripieno possa fuori uscire.

La pizza andrà a fondo e tornerà a galla iniziando la cottura, la si tiene ferma con lo spido (comunemente chiamato spillone) e la si irrora continuamente con la schiumarola.

La pizza non va girata, ma l’olio va accompagnato sulla parte superficiale, può essere girata solo quando raggiunge la doratura. Al momento giusto si solleva e si lascia asciugare in un colafritto, si serve preferibilmente caldissima.

Accanto alla pizza fritta tradizionale si sono diffuse altre tipologie di uso comune quali:

  • Pizza fritta con scarole (cotte o crude)
  • Salsicce e friarielli
  • Montanara
  • Fiordilatte, pomodoro e basilico.

Dal dicembre 2017 “L’Arte tradizionale dei pizzaiuoli napoletani” rientra tra i Patrimoni immateriali dell’Umanità. Il Comitato per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco, riunito in sessione sull’isola di Jeju in Corea del Sud, ha deciso all’unanimità affermando che “il know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l’impasto della pizza, esibirsi e condividere è un indiscutibile patrimonio culturale. I pizzaioli e i loro ospiti si impegnano in un rito sociale, il cui bancone e il forno fungono da “palcoscenico” durante il processo di produzione della pizza. Ciò si verifica in un’atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti. Partendo dai quartieri poveri di Napoli, la tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana della comunità. Per molti giovani praticanti, diventare Pizzaiolo rappresenta anche un modo per evitare la marginalità sociale”.

Intorno alla Pizza girano un business da 12 miliardi di euro, ed almeno 100 mila lavoratori fissi nel settore, ai quali se ne aggiungono altri 50mila nei fine settimana secondo i dati dell’Accademia Pizzaioli e divulgati dalla Coldiretti. Ogni giorno solo in Italia si sfornano circa 5 milioni di pizze nelle circa 63mila pizzerie e locali per l’asporto, taglio e trasporto a domicilio, dove si lavorano in termini di ingredienti durante tutto l’anno 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro.

Redazione amaperbene.it

AMAxBenE è l’acronimo di AliMentAzione per il BenEssere

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