La logica delle disuguaglianze

I numeri delle disuguaglianze | Giovane Italia

L’Italia si colloca in fondo alla graduatoria europea dei livelli d’istruzione: bassa componente di diplomati, propensione ancora significativa ad abbandonare gli studi al conseguimento della licenza media, quota ridotta di titoli di studio terziario. Tale situazione peggiora nel Mezzogiorno, dove sull’istruzione persiste un quadro di particolare arretratezza. Benché di recente emerga una diminuzione degli abbandoni precoci, in queste aree la popolazione resta meno istruita anche nelle fasce più giovani.

Dati Istat relativi al 2020 attestano che in Italia solo il 20,1% della popolazione (di 25-64 anni) possiede una laurea contro il 32,8% nell’Ue. Le quote di laureati sono più alte al Nord (21,3%) e al Centro (24,2%) rispetto al Mezzogiorno (16,2%) ma comunque lontane dai valori europei.

Ampia distanza dagli altri paesi europei anche nella quota di popolazione con almeno un diploma (62,9% contro 79,0% nell’Ue27). La partecipazione degli adulti alla formazione è inferiore alla media europea, con differenze più forti per la popolazione disoccupata o con bassi livelli di istruzione.

La popolazione residente nel Mezzogiorno è meno istruita rispetto a quella nel Centro-nord: il 38,5% degli adulti ha il diploma di scuola secondaria superiore e solo il 16,2% ha raggiunto un titolo terziario. Nel Nord e nel Centro circa il 45% è diplomato e più di uno su cinque è laureato (21,3% e 24,2% rispettivamente nel Nord e nel Centro). Il divario territoriale nei livelli di istruzione è indipendente dal genere, sebbene più marcato per la componente femminile.

 

Occupazione giovanile

la fase pre-pandemica aveva già evidenziato problemi di stagnazione dell’economia italiana, più accentuati nel Mezzogiorno; a fine pandemia si registra comunque una moderata crescita nel Centro-Nord, mente nelle regioni meridionali il segno risulta visibilmente negativo. Nel 2021 nel Mezzogiorno quasi un terzo degli occupati sono classificabili come lavoratori non-standard (circa un quinto nel Centro e ancora meno nel Nord). Anche la quota di lavoratori “vulnerabili” o “doppiamente vulnerabili” nel Meridione ha un’incidenza superiore alla media nazionale (rispettivamente, 22,7% e 5,4%, a fronte dei 18,1% e 3,6% dell’Italia). Maggiormente penalizzati le donne e i giovani.

 

Emigrazione giovanile

Il recente “Rapporto Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes[1] della Conferenza Episcopale Italiana conferma che, nonostante la pandemia, la mobilità italiana giovanile, dal 2006 al 2022, è cresciuta dell’87% in generale, del 94,8% quella femminile, del 75,4% quella dei minori e del 44,6% quella per la sola motivazione “espatrio”.  Una mobilità giovanile che cresce sempre più – spiega il dossier – perchè l’Italia ristagna nelle sue fragilità, e ha definitivamente messo da parte la possibilità per un individuo di migliorare il proprio status durante il corso della propria vita accedendo a un lavoro certo, qualificato e abilitante (ascensore sociale); continua a mantenere i giovani confinati per anni in “riserve di qualità e competenza” a cui poter attingere, ma il momento non arriva mai. Il tempo scorre, le nuove generazioni diventano mature e vengono sostituite da nuove e poi nuovissime altre generazioni, in un circolo vizioso che dura da ormai troppo tempo”.

In questa situazione, già fortemente compromessa – si legge ancora -, la pandemia di Covid-19 si è abbattuta con tutta la sua gravità rendendo i giovani italiani una delle categorie più colpite dalle ricadute sociali ed economiche. È da tempo – annota ancora il rapporto – che i giovani italiani non si sentono ben voluti dal proprio paese e dai propri territori di origine, sempre più spinti a cercar fortuna altrove. La via per l’estero si presenta loro quale unica scelta da adottare per la risoluzione di tutti i problemi esistenziali (autonomia, serenità, lavoro, genitorialità, ecc.). E così ci si trova di fronte a una Italia demograficamente in caduta libera. Per quanto riguarda i dati, al 1° gennaio 2022 i cittadini italiani iscritti all’Aire sono 5.806.068, il 9,8% degli oltre 58,9 milioni di italiani residenti in Italia. Mentre l’Italia ha perso in un anno lo 0,5% di popolazione residente (-1,1% dal 2020), all’estero è cresciuta negli ultimi 12 mesi del 2,7% che diventa il 5,8% dal 2020. In valore assoluto si tratta di quasi 154 mila nuove iscrizioni all’estero contro gli oltre 274 mila residenti “persi” in Italia”.

 

Giovani Neet

Nel 2020 oltre 3 milioni di giovani italiani, 1,7 donne, sono rimasti con le mani in mano, senza un libro davanti e senza un’occupazione. Sono quelli che vengono definiti Neet: un fenomeno in aumento, che raddoppia al Sud rispetto al Nord e che riguarda soprattutto le ragazze. Sono chiamati Neet perché sono giovani che non intendono continuare gli studi ma non intendono neppure cercare lavoro o hanno smesso di cercarlo, frustrati dalle difficoltà. Ma neppure si formano con la speranza di trovarne uno. Spesso sono madri che hanno, semplicemente, rinunciato. I giovani tra i 15 e i 34 anni che vivono in questo limbo, o palude, sono il 39% della popolazione nel Sud Italia, Il 23% del Centro Italia, il 20% del Nord-Ovest e al 18% del Nord-Est. Ma tutte le regioni italiane superano l’incidenza media dei Neet sulla popolazione giovanile in Europa nel 2020 che resta al 15%.

L’incidenza dei Neet in Italia è maggiore tra le donne (56%), soprattutto nelle fasce di età più adulte, e resta invariata negli anni, a dimostrare che per una donna è molto più difficile uscire da questa condizione.

La maggior parte (2 su 3) dei Neet è inattivo: scoraggiato, hanno smesso del tutto di cercare lavoro. Qualcuno (circa il 20%) sarebbe sì disponibile a lavorare ma comunque non cerca. C’è una tendenza ad essere inattivi soprattutto tra i diplomati (32%) o con un titolo di studio minore (16%). Quanto ai disoccupati (coloro che cercano regolarmente un lavoro), ben il 36,3% di loro è in cerca di un lavoro da più di un anno. Quasi 1 su 2 ha avuto precedenti esperienze lavorative e tra questi il 54,3% è donna. Le donne sono la maggioranza (57%) anche tra i giovani di origine straniera o senza cittadinanza italiana, che pure sono solo il 18% del totale.

 

[1] Rapporto Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes, XVII Edizione, – Sintesi, https://www.migrantes.it/wp-content/uploads/sites/50/2022/11/Sintesi_RIM2022.pdf

Prof. Giuseppe Castello

Giuseppe Castello è nato a Caposele [AV] il 06 agosto 1949. Ha studiato Medicina & Chirurgia presso l'Università degli Studi di Napoli dove si è laureato nel 1974. Leggi di più...

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