Carne e uova

La carne: un alimento insostituibile

Negli ultimi tempi si fa un gran parlare della carne per molteplici e svariati motivi.

La ricerca scientifica è riuscita a produrre un cibo sì, innovativo, che deve però seguire le stesse regole di sicurezza dei prodotti tradizionali per vanificare le perplessità dell’opinione pubblica in termini di benefici e di rischi. Le motivazioni della ricerca rispondono ad esigenze di sostenibilità legati alla crescita demografica e quindi  al crescente bisogno di cibo proteico e considerazioni ambientali: l’impiego di carne artificiale potrebbe ridurre significativamente le emissioni di gas serra del settore del 92%, produrre il 93% in meno di inquinamento, diminuire del 95% il consumo di suolo e del 78% quello di acqua (per un kg di carne bovina servono in media 11.500 litri d’acqua, mentre secondo lo studio scientifico «Environmental Impacts of Cultured Meat Production» per la stessa quantità di carne coltivata bastano tra 367 e 521 litri), senza considerare  i vantaggi in termini di sicurezza alimentare (la carne prodotta in laboratorio è controllata, non ha contaminanti biologici o chimici, ecc.).

Per gli imprenditori tech la carne coltivata è il business del XXI secolo. Due semplici considerazioni: la tecnica già utilizzata in medicina rigenerativa consente, portato su scala industriale, di produrre da una sola cellula 10 mila chili di carne. In pratica quelle cellule per diventare hamburger impiegano poche settimane, mentre attraverso la crescita naturale di un bovino occorre un anno e mezzo.

A questa filiera, che raccoglie ogni anno finanziamenti sempre maggiori, si oppone una parte del mondo agro-industriale che teme lo stravolgimento di un mercato da oltre 1.400 miliardi di euro.

Infine, le ragioni etiche: ogni anno sono allevati 60 miliardi di animali, la maggior parte prima di finire al macello vive in condizioni di estremo disagio, per non dire tortura, per ottenere massima produttività.

Tutto questo ha creato un’immagine negativa della carne, associata da una parte all’impatto ambientale degli allevamenti e, ancora di più, ai rischi per la salute umana: eccessivi consumi di carne, specialmente rossa, contribuirebbero ad aumentare il rischio di malattie cardiovascolari e di alcune tra le più diffuse forme di cancro.

A questo punto, è necessaria un po’ di chiarezza.

Generalità

Con il termine carne (di uso alimentare) si intende la parte dell’animale che viene consumata come alimento. È composta da masse muscolari, grasso, tessuto connettivo e altri annessi, che vengono così definite solo dopo la macellazione dell’animale e le seguenti modificazioni chimico-fisiche (‘frollatura’). Con detto termine vengono a volte anche indicate le frattaglie (fegato, cuore, reni, pre-stomatici, cervello, ecc.) consumati come alimenti e che, però, presentano caratteristiche molto diverse dalla carne vera e propria.

I colori della carne

Prima di addentrarci nel trattare alcune caratteristiche della carne, iniziamo dal colore, riconosciuto da tempo (a volte anche erroneamente) come un indicatore di salubrità e qualità. Non a caso, ad esempio, quando ci si trova a scegliere la carne al supermercato o in una macelleria, fra tutte le confezioni, prendiamo quella dove la carne appare più rossa perché sembra più fresca; eppure questa scelta non è del tutto sensata.  L’associazione visiva della carne al colore rosso è ovvia perché pensiamo che essa è costituita dai muscoli dell’animale e che, come tali, contengono sangue. Eppure alla prova dei fatti si può facilmente osservare come le colorazioni assumano diverse sfumature: bianche, rosa, rosè, rosse ecc…. Questo porta ad una prima classificazione che distingue:

  • carni rosse
  • carni bianche
  • carni rosate
  • carni nere

Il colore della carne dipende in realtà da molti fattori, ma in primo luogo dalla concentrazione di mioglobina nelle fibre muscolari e dalla struttura del muscolo.

La mioglobina è una piccola proteina globulare, il cui compito principale è quello di veicolare l’ossigeno ai mitocondri presenti nelle cellule del tessuto muscolare. Di conseguenza, si trova in grandi quantità nel cuore e in altri muscoli; insieme alla troponina, la mioglobina rappresenta uno dei marcatori più utilizzati per confermare o escludere un eventuale danno cardiaco; il suo colore è rosso, tonalità conferita dalla presenza di un gruppo EME[1]. L’eme (o gruppo eme) è un complesso chimico membro di una famiglia di composti chiamati porfirine contenente un atomo di ferro. L’eme costituisce il gruppo prostetico, cioè la parte non proteica, di una serie di proteine tra cui l’emoglobina, la mioglobina e i citocromi. Questa molecola deve la sua importanza al fatto che può legare l’ossigeno, sia in forma molecolare sia in altri composti (diossido di carbonio, monossido di carbonio CO, H2O, ecc.) proprio grazie all’atomo di ferro. Quando l’atomo di ferro è legato all’ossigeno, la mioglobina ha un colore rosso rubino, colore conferito di conseguenza al muscolo, a seconda della quantità di mioglobina legata all’ossigeno presente nel tessuto: carni con una colorazione rosso intensa ne contengono di più rispetto alle carni più chiare, come quelle così dette bianche. Viceversa,

la carne assume un colore tendente al marrone o al grigio quando la mioglobina perde l’ossigeno o non è ossigenata abbastanza, come nel caso della carne sottovuoto o di quei pezzi di carne che si anneriscono per contatto con altre fette.

L’ossigeno non è l’unico atomo che si può legare al ferro della mioglobina: durante il processo di trasformazione alle carni lavorate (gli insaccati come la mortadella e il prosciutto cotto) vengono aggiunti nitrati che liberano ossido di azoto; quest’ultimo, una volta legato al ferro della mioglobina, conferisce alla carne un colore rosa (più o meno scuro). Questo processo è utile a garantire la lunga conservazione di questa tipologia di carne.

Altri processi di lavorazione, come la cottura, comportano una trasformazione della colorazione della carne, che a seconda delle temperature cui è esposta varia dal rosso fino al grigio.

Il contenuto di mioglobina varia a seconda della razza dell’animale e anche del sesso, dell’età e del lavoro cui è sottoposto il muscolo (muscoli molto usati, come cuore, diaframma e collo, sono più ricchi di mioglobina e quindi più scuri di altri; allo stesso modo, la carne di un animale tenuto allo stato brado è ben diversa da quella di animali da allevamento, sia in consistenza che in colorito); inoltre è contenuta a livelli maggiori nelle carni di esemplari maschi e tende ad aumentare con l’età. Per questo la carne di una vitella sarà estremamente diversa nel colore da quella di un bovino maschio adulto. Con la cottura questa viene denaturata e la carne assume un colore bruno-grigiastro più accentuato in superficie, mentre all’interno può mantenersi rosata.

Classificazioni delle carni

Le classificazioni della carne più diffuse sono infatti tre:

  • la classificazione nutrizionale;
  • la classificazione gastronomica;
  • la classificazione commerciale.

La classificazione nutrizionale

Sulla base della tinta e quindi della maggiore o minore presenza nei muscoli di mioglobina è possibile distinguere:

  • carni rosse: sono quelle più ricche di mioglobina e provengono da bovini, ovini e maiali adulti, equini ed alcuni animali da cortile quali la faraona, il piccione, l’oca e l’anatra;
  • carni bianche: sono più povere di mioglobina e sono quelle di animali giovani, come ad esempio l’agnello e il capretto, nonché quelle di molti animali da cortile quali pollo, tacchino, coniglio e, per estensione, gallina e cappone;
  • carni rosa o rosate: si indicano quelle di suino e di vitello
  • carne nera o scura: è costituita dalla carne della cosiddetta selvaggina o cacciagione (carne di cinghiale, lepre, cervo, capriolo, fagiano, quaglia, camoscio ed altri animali selvatici quali lo struzzo e l’emù). La loro carne è caratterizzata da un’elevata quantità di tessuto connettivo e si presenta molto compatta e piuttosto scura.

La carne di maiale, nonostante da un punto di vista gastronomico sia considerata bianca, appartiene a tutti gli effetti alla categoria di quelle rosse, proprio per il suo alto contenuto di mioglobina. Lo stesso dicasi per anatre, oche e i grandi uccelli incapaci di volare (come struzzo ed emu), che – pur appartenendo alla famiglia del pollame – vengono classificati come carni rosse.

La classificazione gastronomica

Questa seconda classificazione definisce le categorie di carne sul loro utilizzo in cucina, quindi sulla percezione dell’alimento attraverso i sensi, e, soprattutto sull’aspetto della carne, sia dopo la macellazione che in seguito alla cottura. Per ovvi motivi, la classificazione gastronomica tende a coincidere con quella nutrizionale ma alla valutazione visiva aggiunge quella di sapore e consistenza, e prevede una tipologia in più: le carni rosate, a metà strada tra bianche e rosse.

La classificazione gastronomica individua pertanto 4 tipi:

  • carne bianca (pollame e conigli)
  • carne rossa (bovini adulti, equini adulti, ovicaprini adulti)
  • carne rosata (suini, bovini giovani, equini giovani, ovicaprini giovani)
  • carne nera (selvaggina)

Si tratta pertanto di una classificazione che non ha un alcun fondamento scientifico ma è semplicemente basata su osservazioni empiriche; riguarda modalità, tecniche e tempi di cottura ritenuti più giusti.

Considerando la natura delle fibre muscolari e dei tessuti connettivi, i fattori che influenzano le modalità di trattamento di una carne, ovviamente a parità di taglio, sono tre:

  • l’età, che modifica soprattutto i tessuti connettivi; negli animali giovani sono ricchi di collagene, in quelli adulti di elastina. I primi si sciolgono con la cottura, mentre i secondi no: per questa ragione la carne di vitello risulterà più tenera di quella di bovino adulto;
  • l’esercizio e il movimento compiuti, ovvero quanto le fibre muscolari sono state esercitate; la carne di animali che vivono allo stato brado, per esempio, sono più tenaci di quelle di animali allevati in stalla o in cortile, come accennato;
  • la razza: le tecniche moderne tendono a produrre animali a rapido accrescimento, che sviluppano molto presto muscolature importanti e ben infiltrate di grasso; quest’ultimo, sciogliendosi in cottura, renderà le pietanze sicuramente più morbide e gustose.

La classificazione commerciale

Infine vi è la classificazione commerciale delle carni, ossia quella che si basa sulla specie di provenienza della carne (Reg CEE 853/04). Secondo questa metodologia, le categorie di carne sono le tre di base, ma così suddivise:

  • carni rosse: carne bovine, equine (denominate ungulati e solipedi domestici): manzo, vitello, bufalo, maiale, montone, carni ovine, carni caprine, cavallo
  • carni bianche: pollame e conigli, carne suina, carne ovicaprina (definiti pollame e lagomorfi): pollo, tacchino, coniglio, maiale, agnello, abbacchio, capretto
  • carni nere: selvaggina.

La classificazione commerciale quindi non si ferma al colore delle carni, ma è legata alla specie di provenienza della carne.

Pertanto, è chiaro come il discorso sulle carni sia piuttosto complesso e come metodi diversi possano inserire gli stessi tipi di carne in categorie differenti; di qui la grande confusione che sembra regnare nel mondo delle carni, almeno a chi vi si approcci per la prima volta. Non esiste in conclusione una sola risposta alla domanda posta in premessa: “la carne suina è rossa o rosata?” per esempio, perché molto dipende dalla classificazione a cui ci si riferisce. Quel che è certo a questo punto è come il colore della carne sia in fondo una semplice convenzione, e come tale cambi in base a utilizzi e punti di vista.

Caratteristiche organolettiche della carne

Il termine caratteristiche organolettiche comprende l’insieme delle caratteristiche fisiche e chimiche di un alimento che vengono percepite dagli organi di senso, in primo luogo da vista, olfatto e gusto; questi influenzano le percezioni del singolo consumatore determinando esperienze del tutto soggettive e manifestazioni di varia intensità quali piacere, indifferenza o disgusto.

Le caratteristiche organolettiche variano in base alla specie, alla razza, all’età e alle modalità di allevamento e macellazione dei capi.

Le caratteristiche organolettiche della carne bovina possono essere suddivise in due gruppi principali – caratteristiche fisiche e chimiche – rappresentanti le proprietà specifiche che il consumatore valuta in ordine cronologico.

Le caratteristiche fisiche dipendono principalmente dalla vista e includono la forma, la dimensione e il colore. Queste influiscono sul consumatore in termini di percezione della freschezza e dello stato di conservazione dalla carne, risultando quindi piuttosto oggettive.

Le caratteristiche chimiche sono invece principalmente legate al gusto e includono sapore, odore, morbidezza, succosità, consistenza. Si tratta di caratteristiche determinanti in termini di esperienza sensoriale complessiva, che il consumatore valuta pertanto in modo altamente soggettivo.

Quando si parla di carne, entrano in gioco diversi aspetti, tra i quali i più importanti e conosciuti sono:

  • Il colore (è stato esaurientemente trattato nelle pagine precedenti): varia in base a diversi fattori: l’età dell’animale, la sua attività muscolare (per esempio, la selvaggina ha un colorito più scuro), il sesso (in genere, il colore delle carni del maschio è più accentuato di quello delle femmine) e il tipo di alimentazione.

In base al colore dei muscoli, in seguito al processo di macellazione si distinguono: carni bianche, carni rosse, carni rosate, carni nere. Anche l’esposizione all’aria gioca un ruolo nel cambiamento di colore, soprattutto sulla carne rossa che tende progressivamente a scurirsi per azione dell’ossigeno sul pigmento rosso (mioglobina); si tratta di una reazione chimica che non comporta un’alterazione delle caratteristiche igieniche della carne.

  • La consistenza della carne dipende dall’età e dall’attività fisica dell’animale: più l’animale è giovane, meno consistenti sono i suoi muscoli; più l’animale si muove e maggiore è la durezza delle sue carni. Di conseguenza, il vitello ha una carne più tenera del manzo. Per lo stesso motivo i diversi tagli di carne di uno stesso animale hanno una tenerezza differente in base al lavoro che compiono. Il filetto è un muscolo che lavora poco ed è quindi più tenero dei muscoli dei quarti anteriori e posteriori che sostengono il peso dell’animale e lavorano per il suo movimento. Molto importante è anche il regime alimentare dell’animale, e soprattutto l’apporto energetico che condiziona lo stato d’ingrassamento. La tenerezza dipende in effetti anche dalla presenza o meno di grasso all’interno della carne. Ad esempio una bistecca con un’ottima marezzatura, nel momento in cui sarà cotta, il grasso presente all’interno tenderà a sciogliersi e in questo modo la bistecca risulterà molto più tenera di un pezzo di carne.
  • La finezza è un parametro influenzato dalla tipologia di tessuto e dalla quantità presente all’interno del muscolo. Tutto ciò è possibile valutarlo andando a tagliare la carne in modo trasversale osservando in questo modo la grana, ossia i fasci dei muscoli sia primari che secondari entrambi uniti nel tessuto connettivo. In questo modo si possono ottenere fettine di carne di facile taglio e cottura.
  • L’odore è un parametro fondamentale e varia in base alla specie animale, all’età, all’alimentazione e al sesso dell’animale. Di solito, la carne fresca ha un odore molto delicato di acido lattico, ma può avere sfumature particolari a seconda della tipologia di animale (di latte per gli animali lattanti, di erbe aromatiche per la selvaggina, di pesce per gli uccelli acquatici). Inoltre, l’odore è un indice fondamentale per stabilire un possibile stato di alterazione che si può avvertire con un forte odore di stantio e rancido.
  • Il sapore: è dovuto a un insieme di sostanze solubili che si trovano all’interno della carne. Un ruolo fondamentale nel determinare il grado di sapidità è svolto dal grasso che, se presente in giusta quantità, migliora la finezza e l’intensità del gusto. La finezza, che dipende dalla quantità e dal tipo di tessuto connettivo presente nel muscolo, si valuta tagliando la carne trasversalmente rispetto alle fibre e osservando la “grana” ossia l’aspetto dei fasci muscolari. Possono essere identificati tre gradi di finezza:
    • morbida e vellutata (cavallo e vitello)
    • fine (manzo e vitellone)
    • grossolana, ossia quando è ruvida e asciutta (bue)

La sapidità di questo prodotto dipende principalmente dalla presenza del grasso, che se presente nel giusto quantitativo comporta una migliore intensità del gusto e un miglioramento della finezza. Inoltre, il sapore dopo la cottura si fa più gradevole e intenso.

  • La succulenza rappresenta la sensazione che si libera durante la masticazione, come se del succo penetrasse nella bocca. Questo aspetto dipende dallo stato del muscolo, dal grado di acidità, dalla quantità di grasso d’infiltrazione presente e dal tempo di frollatura.
  • la tessitura: tagliando trasversalmente i fasci muscolari è possibile ottenere delle fettine sottili, tenere e di rapida cottura. Tagliando longitudinalmente il muscolo, invece, si può valutare la tessitura della carne: si nota così la disposizione dei fasci e la quantità di connettivo compreso tra loro. Generalmente, la tessitura è compatta nel manzo, poco compatta nella vacca, molto compatta nel toro e decisamente lassa nel vitello.

Valore nutritivo della carne

La carne costituisce un componente fondamentale dell’alimentazione umana perché è un alimento dall’elevato valore nutritivo una fonte primaria di alcuni nutrienti e micronutrienti solitamente assenti (come la vitamina B12), o scarsamente rappresentati (zinco, selenio, niacina e riboflavina), o ancora scarsamente disponibili (ferro) nei prodotti di origine vegetale.
Occorre prima di tutto precisare che la carne è un prodotto eterogeneo e sono davvero innumerevoli i fattori che incidono sulle caratteristiche e la composizione chimico-fisica dalla carne: la specie animale, la razza, la selezione genetica, l’età, il sesso, l’alimentazione, le tecniche di allevamento, il taglio anatomico, le modalità di lavorazione e conservazione, ecc. Pertanto, la composizione biochimica della carne varia, e talora notevolmente, da specie a specie e, all’interno della stessa, in relazione alle caratteristiche dell’animale; in media, si può affermare che la parte muscolare dei mammiferi adulti è costituita da:

  • 75% di acqua
  • 19% di proteine
  • 2,5% di grasso intramuscolare
  • 3% di sostanze solubili non proteiche (composti azotati: creatina e creatinfosfato, nucleotidi (ATP, ADP, ecc.), amminoacidi liberi, peptidi (anserina, carnosina, ecc.), altre sostanze non proteiche (creatinina, urea, inosina monofosfato, ecc.)
  • 1,2% di carboidrati
  • 0,5% di sali minerali
  • tracce di vitamine liposolubili e idrosolubili
Valori nutrizionali della carne
Per 100 gr di carne: bovino adulto suino agnello coscia di pollo petto di pollo cinghiale
Kcal: 106 141 211 110 114 122
H2O: 75,4 gr 72,5 gr 65 gr 76 gr 75,79 72
Proteine: 21,3 gr 19,8 gr 19 gr 20 gr 21,23 gr 21,5
Lipidi: 2,3 gr 6,8 gr 15 gr 36 gr 2,59 gr 3,3
Colesterolo: 75 mg 64 mg 85 mg
Carboidrati: 0 gr 0 gr 0 gr 0 gr
Fibre: 0 gr 0 gr 0 gr 0 gr
Calcio 8 mg 5 mg 5 mg
Potassio: 337 mg 370 mg 350 mg 307 mg 370 mg 318 mg
Ferro: 1,3 mg 1,7 mg 2 mg 0,7 mg 0,37 mg 3,4 mg
Fosforo 210 mg 202 mg
Zinco: 3,3 mg 1,8 mg 3,10 mg 1,2 mg 0,58 mg
Magnesio: 17 mg 24 mg 20 mg 26 mg 26 mg 23 mg
Manganese: 0,015 mg
Rame: 0,06 mg 0,027 mg
Sodio: 40 mg 76 mg 100 mg 70 mg 116 mg 51 mg
Selenio: 3 µg 14 µg 18 µg 32 µg
Vitamina A: tracce 30 IU
Vitamina B1: 0,10 mg 0,40 mg 0,10 mg 0,1 mg 0,064 mg 0,2 mg
Vitamina B2: 0,07 mg 0,11 mg 0,19 mg 0,15 mg 0,1 mg 0,4 mg
Vitamina B3: 5 mg 4,80 mg 4 mg 5,8 mg 10,43 mg 6,3 mg
Vitamina B5: 1,425 mg
Vitamina B6: 0,55 mg 0,50 mg 0,19 mg 0,749 mg
Vitamina B12: 2 mg 1 mg 3 mg 0,2 µg
Vitamina C: 1,2 mg
Vitamina E 0,2 mg

Le proteine della carne presentano una composizione ottimale in aminoacidi essenziali (che l’organismo umano non è in grado di produrre e devono quindi essere introdotti con la dieta) e non essenziali, simile a quella dell’organismo umano, e sono pertanto definite complete o nobili. Inoltre le proteine della carne, a differenza della maggior parte delle proteine vegetali, hanno un’altissima digeribilità e sono quindi ben assorbite dall’organismo. Le proteine della carne più importanti dal punto di vista nutrizionale sono l’actomiosina, l’elastina, la reticolina, le nucleoproteine, gli enzimi e la mioglobina (quest’ultima impartisce alle carni il colore caratteristico, che varia in rapporto alla sua concentrazione nelle masse muscolari). Le sostanze estrattive della carne sono così denominate perché possono essere estratte per mezzo dell’acqua bollente. Si tratta di sostanze azotate idrosolubili, come l’albumina, la creatina, la xantina, l’urea e la carnosina, e di glicidi (i più importanti presenti sono l’inosite e il glicogeno). Queste sostanze determinano il sapore della carne. Il grasso intramuscolare conferisce alla carne il suo particolare gusto e a seconda della sua disposizione nella fibra muscolare prende particolari denominazioni come venatura, marezzatura e prezzemolatura.

I componenti più importanti dei lipidi sono gli acidi grassi, che si suddividono in saturi, monoinsaturi e polinsaturi. Il rapporto tra i diversi acidi grassi varia in funzione di fattori quali la specie e la razza ed è possibile modificarlo attraverso la dieta degli animali, migliorando in particolare il rapporto tra saturi e insaturi. Una prevalenza degli acidi grassi saturi conferisce alla carne una maggiore compattezza, stabilità e conservabilità, ma è, invece, la componente insatura a conferirle un maggior pregio dal punto di vista nutrizionale. Il grasso della carne apporta anche acidi grassi essenziali (linoleico e α-linolenico). A differenza dei prodotti di origine vegetale, la carne contiene colesterolo, la cui concentrazione è però costante.

Rilevante il contenuto in vitamine e, in particolare, in vitamine A e del gruppo B (B1, B2, B6, B12, PP, acido folico) fondamentali in molti processi metabolici: i prodotti di originale animale sono le principali fonti per l’organismo umano. Da rilevare che la vitamina B12 si trova esclusivamente nei prodotti animali, partecipa al metabolismo dei vari nutrienti ed è importante per la formazione dei globuli rossi, infatti una sua carenza può provocare la cosiddetta anemia perniciosa (questo è uno dei motivi per cui non si può escludere la carne da un corretto regime alimentare!).

Gli zuccheri (o glucidi) sono praticamente assenti nella carne perché il glicogeno, zucchero complesso naturalmente presente nei muscoli degli animali come riserva di energia, si trasforma in acido lattico dopo la macellazione.

Tra i sali minerali sono costituiti soprattutto da potassio, fosforo, sodio, calcio, magnesio, cloro, ferro e zinco: il ferro è fondamentale in quanto permette il trasporto dell’ossigeno nell’organismo attraverso il sangue e la carne è tra le principali fonte di ferro eme, la forma più biodisponibile; lo zinco è un componente essenziale di molti enzimi.

Densità calorica delle carni

In generale le carni hanno una densità calorica (le calorie ogni 100 grammi di prodotto) che varia tra le 100 kcal/hg[2] del petto di pollo e le 250 kcal/hg della carne di maiale più grassa (pancetta o salsiccia fresche, non stagionate), quindi in generale non si tratta di un alimento molto calorico.

Sulla base della percentuale di grassi in esse contenuti (g L/100g di parte edibile), le carni vengono classificate in

  • carni magre: contengono al massimo il 5% di lipidi; tra le carni magre ad alto consumo ci sono quelle di: bovino adulto: fesa, sottofesa, girello, noce; vitello; cavallo; coniglio; pollo (senza pelle); tacchino (senza pelle); maiale, come la lonza; tra le carni magre al giorno d’oggi meno consumate (definite “obsolete” o di nicchia), invece, ci sono quelle di: cervo; daino; bufalo; fagiano (senza pelle); faraona (senza pelle); lumaca; rana; struzzo (senza pelle e sgrassato). Inoltre anche alcune frattaglie, ovvero gli organi interni dell’animale, possono essere considerate carni magre, sebbene, nella maggioranza dei casi, siano fonte di grassi saturi e colesterolo. Tra quelle considerate magre si trovano: coratella di agnello e vitello (cuore, polmoni, fegato, milza, reni e intestino); fegato di bovino, equino e maiale; interiora di bovino: milza, polmone, rene, trippa.
  • carni grasse: contengono lipidi in percentuali superiori al 5% fino al 40%; ovviamente più caloriche, come per esempio l’oca, con 373 kcal/hg, l’anatra con 337 kcal/hg.

Probabilmente, potrebbe essere più utile suddividere la carne in 3 categorie, in base al tenore di grasso:

  • carne magra: ha un valore di densità calorica medio di 100 kcal/100 grammi(petto di pollo, petto di tacchino o molti tagli del vitellone, quelli senza grasso di marezzatura, sono carni che non contengono grasso o al massimo ne contengono un 3%)
  • carne semigrassa: ha un valore medio di 180 kcal(tra le 150 e le 200 kcal/100 grammi), come nel caso del pollo con la pelle, del capocollo di maiale o del vitellone particolarmente marezzato)
  • carne grassa: con circa 250 kcal, per lo più alcune parti del maiale come la pancetta o la salsiccia fresche.

Per capire se la carne che si sta comprando è magra, semigrassa o grassa, basta un po’ di attenzione in più, ovvero osservare la marezzatura (grasso interstiziale, o grasso di infiltrazione) presente, cioè quelle venature di grasso bianche che intervallano il tessuto muscolare rosso, se si sta valutando della carne rossa (manzo, agnello o maiale). La carne magra non ha neanche un filo di grasso, quella semigrassa ne ha un po’ e quella grassa ne ha in abbondanza (ad occhio è bicolore, per intenderci, con tante parti bianche-grasse quante rosse-magre).

Nelle carni fresche la quota di grassi può variare generalmente da meno dell’1% a poco più del 10% del peso dell’alimento (media del 4%); quale tipo di carne scegliere dipende quindi dai gusti del consumatore. Poche semplici regole sono sufficienti per individuare correttamente i tagli più leggeri, o, al contrario, più grassi e consumarli con consapevolezza:

  • è minima la differenza tra pollo, suino o bovino: ogni specie fornisce dei tagli magrissimi e altri più grassi;
  • per quanto riguarda suino e bovino, i tagli più magri sono in genere quelli posteriori privati del grasso visibile;
  • per il pollo e il tacchino vale il contrario: è il petto quello più leggero. Inoltre, in questo caso una fondamentale differenza è data dalla presenza o meno della pelle, ricca di grassi, ma facilmente asportabile.

Quello detto finora vale solo per le carni crude. Una volta cotte, le carni diventano più caloriche, anche non usando grassi durante la cottura. I valori sopra citati vanno aumentati del 30-40% dato che, durante la cottura, la carne si disidrata, perde acqua e quindi la densità calorica aumenta. Questa è una cosa da sapere se ci troviamo a dover quantificare le calorie di una carne già cotta (pollo arrosto, per esempio).

Un consiglio che da tenere in conto: quando si vuol cucinare della carne, è preferibile scegliere una carne semigrassa e più saporita e cuocerla senza aggiungere ulteriori grassi in cottura, piuttosto che scegliere una carne magra e doverla cuocere con l’aggiunta di olio o di burro per darle un minimo di sapore. Per esempio, invece di comprare due fettine di petto di pollo si può optare per comprare una sovracoscia disossata senza pelle (o anche con la pelle, se ve la potete permettere dal punto di vista calorico). Il petto di pollo cotto ha 130 kcal, mentre la sovracoscia cotta ha 188 kcal. Sono poco meno di 60 kcal di differenza che non rappresentano un problema, e ci si guadagna in appetibilità.

La tabella delle kcal delle varie tipologie di carni

Nella tabella che segue (fonte INRAN) sono riportate anche le voci relative agli alimenti cotti, ove per “cotto” ci si riferisce alla cottura in forno o in padella, senza aggiunta di grassi e di sale, e all’alimento scolato dal grasso prodotto con la cottura. Quando non è indicato esplicitamente si fa riferimento, come da prassi, all’alimento crudo, ovvero ci si ci riferisce al tessuto muscolare privato del grasso visibile.

Alimento Energia
(kcal/100g p.e.)
Oca 373.00
Pollo, ala con pelle, cotta 283.00
Agnello cotto 270.00
Vitello, filetto, cotto 258.00
Pollo intero con pelle, cotto 246.00
Pollo, sovracoscio con pelle, cotto 219.00
Pollo intero senza pelle, cotto 206.00
Pollo, fuso con pelle, cotto 201.00
Pollo intero con pelle, cotto 200.00
Pollo, ala con pelle cruda 196.00
Pollo, sovracoscio con pelle crudo 196.00
Faraona, coscio, senza pelle, cotto 194.00
Gallina 194.00
Tacchino, fuso, con pelle, cotto 191.00
Tacchino, fuso, senza pelle, cotto 190.00
Pollo, sovracoscio senza pelle, cotto 188.00
Tacchino, sovracoscio, senza pelle, cotto 182.00
Pollo, fuso senza pelle, cotto 175.00
Maiale, lombo 172.00
Bovino adulto o vitellone – pancia, biancostato, punta di petto 171.00
Pollo intero con pelle crudo 171.00
Coniglio intero, cotto 166.00
Agnello, coscio, cotto 165.00
Quaglia 161.00
Pollo intero senza pelle, cotto 160.00
Agnello 159.00
Anatra domestica 159.00
Maiale, spalla 156.00
Agnello, costoletta, cotta 153.00
Faraona, petto, senza pelle, cotto 146.00
Fagiano 144.00
Cavallo 143.00
Bovino adulto o vitellone – costata 140.00
Piccione 138.00
Coniglio, coscio 137.00
Tacchino intero, con pelle crudo 135.00
Bovino adulto o vitellone – lombata 134.00
Bovino adulto o vitellone – copertina di sotto, copertina di spalla, sottospalla, collo 133.00
Maiale, leggero, spalla 133.00
Faraona, coscio, con pelle, crudo 133.00
Pollo, sovracoscio senza pelle crudo 132.00
Tacchino, fesa, cotta 131.00
Pollo, petto, cotto 129.00
Maiale, coscio 128.00
Bovino adulto o vitellone – filetto 127.00
Faraona, coscio, senza pelle, crudo 127.00
Tacchino, fuso, con pelle crudo 126.00
Pollo, fuso con pelle crudo 125.00
Capretto 122.00
Faraona, petto, senza pelle, crudo 121.00
Tacchino, sovracoscio, senza pelle crudo 120.00
Cinghiale 120.00
Bovino adulto o vitellone – scamone 119.00
Coniglio intero crudo 118.00
Bovino adulto o vitellone – tagli posteriori 117.00
Coniglio intero, surgelato 116.00
Tacchino, fuso, senza pelle 113.00
Bovino adulto o vitellone – geretto anteriore e posteriore 112.00
Bovino adulto o vitellone – sottofesa 111.00
Bovino adulto o vitellone – girello 110.00
Maiale, leggero, coscio 110.00
Pollo intero senza pelle crudo 110.00
Maiale magra 110.00
Tacchino intero, senza pelle crudo 109.00
Bovino adulto o vitellone – spalla, muscolo, girello, fesone 108.00
Vitello, filetto crudo 107.00
Pollo, fuso senza pelle crudo 107.00
Tacchino, fesa 107.00
Bovino adulto o vitellone – noce 106.00
Agnello, costoletta cruda 106.00
Bovino adulto o vitellone – fesa 103.00
Agnello, coscio crudo 103.00
Struzzo, cotto 101.00
Pollo, petto crudo 100.00
Daino 95.00
Struzzo crudo 92.00
Cervo 91.00
Lumaca 67.00
Rana 64.00

 

La carne è un prodotto eterogeneo e innumerevoli sono i fattori che incidono sulle sue caratteristiche chimico-fisiche e nutrizionali, tra questi specie, razza, età, sesso, alimentazione, tecniche di allevamento, taglio anatomico, modalità di lavorazione e conservazione. Pertanto è possibile trovare dei tagli magri, adatti a chi predilige un’alimentazione sana ed equilibrata, in ogni tipologia di carne. Ad esempio,

  • Carni rosse: anche all’interno della carne rossa si trovano tagli poveri di grasso e incredibilmente digeribili come, ad esempio: il vitello e il vitellino che, essendo giovani, hanno avuto meno tempo per sviluppare la massa grassa, ma anche alcuni tagli di manzo. Da non sottovalutare la carne di cavallo, particolarmente magra, tenera e digeribile, con un caratteristico sapore dal retrogusto dolciastro. In particolare:
    • vitello: con appena 107 calorie per 100 grammi di prodotto, la carne di vitello dimostra di essere incredibilmente leggera e digeribile, con una percentuale di lipidi che sfiora appena il 3%;
    • fesa, girello, noce e sottofesa di bovino: sono tre tagli prelibati e di prima scelta derivanti dalla coscia dell’animale, particolarmente magri e proteici. La sottofesa è la carne della celebre picanha brasiliana, il girello è il taglio utilizzato per il nostrano vitello tonnato mentre per la noce di bovino è indicata una griglia rovente;
    • cavallo: oltre a essere povera di grassi, la carne di cavallo è ricchissima di ferro e per questo consigliata non solo in gravidanza, ma anche in caso di anemia.
  • Carni bianche: vengono considerati “magri” tutti i tagli del coniglio e quelli di pollo, tacchino e faraona ma senza pelle: sono infatti facilmente digeribili, fonte di proteine nobili facilmente assimilabili e incredibilmente versatili in cucina.
    • Pollo: non solo petto o coscette, tutti i tagli di questo animale sono poveri di calorie (circa 110 kcal per 100 grammi di prodotto) e di grassi (la percentuale si attesta in media sul 3.6%) a fronte di un deciso apporto proteico. Da evitare invece la pelle, la parte più ricca di grassi;
    • tacchino: tra gli animali più magri, il tacchino (escludendo la pelle) raggiunge appena il 2.4% di lipidi, ha un sapore delicato ed è fonte di proteine ad alto valore biologico, vitamine e sali minerali,
    • coniglio: un tipo di carne dal sapore molto particolare, perché il coniglio o lo si ama o lo si odia; in ogni caso rientra nelle carni magre con appena il 4.3% di grassi per 100 grammi di prodotto crudo.

Al momento dell’acquisto, sempre meglio scegliere esemplari allevati con mangimi all’aperto e liberi di muoversi: avranno infatti carni tenaci e con una minore quantità di grassi rispetto a quelli allevati con sistemi intensivi.

  • Carni rosa: la carne di maiale, dal punto di vista della classificazione gastronomica, è considerata una carne rosa perché ha delle caratteristiche in comune con quelle delle carni rosse e altre in comune con quelle delle carni bianche. In molti credono che quella di maiale sia tendenzialmente una carne grassa ma esistono tagli considerati magri perché, se da una parte il grasso è una componente importante per sapore e consistenza, è anche vero che in alcuni tagli è facilmente eliminabile, in particolare:
    • lombo sgrassato: ricavato dal muscolo del carré, il lombo sgrassato è un taglio particolarmente magro e versatile: ottimo al forno con salsa agrodolce, per una cena sfiziosa ma dal sapore deciso;
    • filetto: probabilmente la parte più magra e anche per questo la più pregiata, con un apporto calorico di circa 120 kcal e un componente lipidica che non supera il 3,4%. Il filetto deve essere cotto preferibilmente a bassa temperatura e per un tempo non troppo lungo, magari in un arrosto, per evitare che si secchi data la povertà di componente grassa e di tessuto connettivo;
    • cosciotto: 100 grammi di cosciotto di maiale contengono circa 110 kcal e una percentuale di grassi che supera appena il 3%, ottimo al forno con un contorno di verdure, ma anche a fettine o in brasati profumati.
  • Frattaglie: considerate da molti gli scarti della macellazione, sono in realtà tagli dal bassissimo contenuto di grassi. In particolare fegato di agnello e di vitello, ma anche cuore, polmone, milza e rene di bovino sono poveri di lipidi ma ricchi di sostanze nutritive. Occhio però al sapore: gli organi interni sono adatti a chi ama i gusti forti e decisi.

Le carni rosse fanno venire il cancro?

Un consumo eccessivo di carni rosse, specie lavorate (salumi) o cotte ad alte temperature, è associato ad un aumento del rischio di sviluppare alcuni tumori: la relazione è diretta e proporzionale alla quantità e frequenza dei consumi. Un consumo modesto di carne rossa (non di salumi) è ritenuto invece accettabile.

Nel 2015 l’International Agency for Research on Cancer (IARC) di Lione, membro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ha inserito la carne rossa nell’elenco delle sostanze che aumentano il rischio di insorgenza di alcuni tipi di tumore (nello specifico al colon retto, ma anche allo stomaco, alla mammella, alla prostata); erano già note le relazioni del consumo di carne rossa con altre patologie, fra cui diabete, infarto e problemi cardiovascolari, obesità); in particolare la carne rossa è stata inserita nel “Gruppo 2A” (quello delle sostanze probabilmente cancerogene) e la carne lavorata (insaccati e salumi) nel “Gruppo 1” (quello delle sostanze sicuramente cancerogene per l’uomo).

Il potenziale pericolo della carne per la salute, in termini di effetto cancerogeno, sembra dipendere dalle modifiche che subiscono le proteine della carne durante i passaggi di cottura e nei processi di lavorazione per ottenere i prodotti conservati (salumi, insaccati, carni conservate) ovvero essicazione, salatura o affumicatura, e conservazione con additivi come nitrati, nitriti e idrocarburi policiclici aromatici che in quantità eccessive possono essere pericolosi per la salute. Inoltre, i cibi di origine animale e le carni rosse nello specifico contengono anche altre sostanze tra cui i grassi saturi e il ferro-Eme; i primi, in dosi eccessive, stimolano l’aumento di colesterolo, di insulina nel sangue e l’infiammazione del tratto intestinale, aumentando il rischio di patologie tra le quali diabete, patologie cardiovascolari e tumori del colon-retto. Il gruppo eme, a causa del suo forte potere ossidante, stimola nell’intestino la produzione di sostanze potenzialmente cancerogene e induce infiammazione delle pareti intestinali. Un’infiammazione prolungata nel tempo aumenta le probabilità di sviluppare tumori. Da non sottovalutare inoltre le implicazioni della cottura. La cottura della carne – alla griglia o in padella – ha molti vantaggi: le alte temperature fanno diminuire il pericolo di contaminazioni da microorganismi e causano cambiamenti nella struttura chimica delle proteine aumentandone la digeribilità. Tuttavia in questo processo, soprattutto sulla parte “bruciacchiata” della carne, si formano anche sostanze (come le ammine eterocicliche) potenzialmente tossiche e cancerogene. È sempre meglio quindi evitare la cottura eccessiva, rimuovere le parti nere e prediligere altre forme di cottura.

Quali sono le dosi massime di carne rossa consigliate per un consumo salutare? I pareri ufficiali sulle quantità esatte non sono concordi.

Il World Cancer Research Fund raccomanda non più di tre porzioni a settimana di carne rossa, che equivalgono a circa 350-500 g, e di evitare o limitare al massimo la carne rossa processata. Inoltre suggerisce di consumare almeno cinque porzioni di frutta e verdura per un totale di almeno 400 grammi al giorno.

L’Harvard School of Medicine restringe il limite di consumo di carni rosse a porzioni non superiori a 110-115 grammi, al massimo due volte a settimana.

Lo IARC raccomanda di consumare una quantità di carne rossa non superiore a 500 grammi alla settimana per limitare il rischio di cancro.

IARC ha concluso che il consumo di carne rossa al di sotto dei 500 grammi alla settimana non costituisce un pericolo per la salute. È bene in generale limitare il consumo di proteine animali a due porzioni la settimana di carni bianche e una di carne rossa e sostituire la carne, ogniqualvolta possibile, con uova, pesce, o meglio ancora con proteine vegetali dei legumi. In generale tre quarti di ciò che mangiamo complessivamente dovrebbe essere costituito da cibi vegetali. Infine, vanno fortemente limitate, se non è possibile eliminarle del tutto, le carni lavorate come gli insaccati e quelle molto cotte e abbrustolite.

Poche considerazioni finali:

Si dice: “la carne rossa fa buon sangue”; non è in realtà così veritiero: in generale tutte le carni contengono ferro (ferro-eme, particolarmente facile da assorbire e da utilizzare da parte del nostro organismo) e quelle bianche ne hanno più o meno la stessa quantità di quelle rosse.

La digeribilità della carne è legata alla sua compattezza (presenza di tessuto connettivo,  contenuto di grassi, ecc.): le carni bianche risultano più digeribili delle rosse perché più tenere, mentre quella nera è la meno digeribile perché più dura e difficilmente masticabile.

Generalmente, la tessitura è compatta nel manzo, poco compatta nella vacca, molto compatta nel toro e decisamente lassa nel vitello.

Si dice che tutta la carne di maiale sia grassa, il che non è del tutto vero, perché questo fattore dipende in realtà sia dalle razze sia dai tagli, e così ad esempio si possono avere carni di alcune razze suine molto meno grasse di quelle di altri animali.

Se possibile, evitare di acquistare carni di animali provenienti da allevamenti intensivi che tengono in poca considerazione il benessere dell’animale e dell’ambiente; sicuramente sul momento può sembrare un risparmio ma vi è una maggiore probabilità di consumare carni ricche di sostanze non propriamente benefiche.

Mangiare carne è importante e i danni alla salute si possono evitare con un consumo equilibrato, come avviene per la maggior parte delle cose nella vita.

[1] Il gruppo eme è l’effettivo nucleo del funzionamento di emoglobina e mioglobina. La prima ne contiene quattro copie, la seconda uno solo. La struttura del gruppo contiene lo ione ferroso (Fe2+) al centro e grazie alla sua presenza il complesso può legare e trasportare l’ossigeno ai tessuti.

[2] kcal/hg = chilocalorie per ettogrammo

Redazione amaperbene.it

AMAxBenE è l’acronimo di AliMentAzione per il BenEssere

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio