L’Italia delle disuguaglianze: Disuguaglianze territoriali
Focus - Disuguaglianza

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Le differenze tra le regioni del Nord e quelle del Sud del paese persistono, con un divario in termini di opportunità, accesso ai servizi e qualità della vita che influisce sulla mobilità sociale. Si tratta di un problema complesso che richiede interventi mirati e di lungo periodo per essere affrontato in modo efficace. È necessario un approccio che tenga conto delle specificità del territorio e che promuova lo sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno, riducendo le disuguaglianze e creando maggiori opportunità per tutti i cittadini.
“Io non so persuadermi come nello stesso regno, sotto le stesse leggi, ci devono essere la città di Milano e la città di Napoli … Ho cercato invano in altri paesi civili contrasti così profondi: non sono riuscito a trovarne. E perché devono ancora durare? Non parliamo forse la stessa lingua? non siamo forse la stessa gente?
La verità comincia a farsi strada solo da poco: ma domani procederà rapidamente.” …
Queste parole venivano scritte nel maggio del 1903 da Francesco Saverio Nitti ((Melfi, 19 luglio 1868 – Roma, 20 febbraio 1953), noto sociologo, economista, saggista, deputato e ministro del Parlamento italiano, presidente del Consiglio. Parole vere, sentite, ancora attuali, se la questione è ancora lì, irrisolta. Sorprende però le difficoltà che ancora oggi incontra la verità per farsi strada, anche quando essa risponde ad un imperativo dovere di corretta informazione, giustizia, equità”.
Le disuguaglianze tra Nord e Sud Italia, comunemente indicate come divario Nord-Sud, rappresentano un problema storico e persistente che si manifesta in diverse sfere, tra cui economia, lavoro, istruzione e qualità della vita. Questo divario si è accentuato ulteriormente negli ultimi anni, con il Sud che presenta tassi di povertà più elevati e una minore partecipazione al mercato del lavoro, specialmente per le donne.
Disuguaglianze regionali
Le disuguaglianze regionali in Italia sono un problema storico e complesso, con radici profonde che affondano nel processo di unificazione e nell’evoluzione economica e sociale del paese.
- Sud Italia: Tradizionalmente, il Sud Italia presenta maggiori difficoltà in termini di reddito, occupazione, e accesso a servizi essenziali come la sanità e l’istruzione. La povertà, in particolare, colpisce in misura maggiore le famiglie numerose e gli anziani che vivono da soli.
- Nord Italia: Le regioni del Nord, e in particolare quelle del Nord-Est, tendono a registrare valori superiori alla media nazionale in molti indicatori di benessere, come il reddito, la qualità della vita e l’accesso ai servizi. Tuttavia, anche all’interno del Nord, si riscontrano disuguaglianze, ad esempio in termini di reddito e soddisfazione per la vita.
- Centro Italia: Le regioni centrali mostrano una situazione più eterogenea, con alcune regioni che si avvicinano ai livelli del Nord e altre che si avvicinano a quelli del Sud.
Fattori che contribuiscono alle disuguaglianze regionali:
- Differenze storiche: Il diverso sviluppo economico e sociale tra Nord e Sud ha portato a divari strutturali che persistono nel tempo.
- Dinamiche economiche: La diversa capacità di attrazione di investimenti, la diversa struttura produttiva e il diverso grado di innovazione tecnologica contribuiscono alle disuguaglianze.
- Politiche pubbliche: La diversa efficacia delle politiche regionali e nazionali nel ridurre le disuguaglianze gioca un ruolo significativo.
- Fattori demografici: L’invecchiamento della popolazione, la diversa distribuzione della popolazione e i flussi migratori interni possono influenzare le dinamiche regionali.
Possibili misure per ridurre le disuguaglianze regionali:
- Investimenti mirati: È necessario investire in modo mirato nelle regioni più svantaggiate per favorire lo sviluppo economico, la creazione di posti di lavoro e l’accesso ai servizi.
- Politiche di coesione: Le politiche di coesione a livello nazionale ed europeo devono essere rafforzate per ridurre il divario tra le regioni.
- Promozione dell’istruzione e della formazione: Investire nell’istruzione e nella formazione professionale può migliorare le competenze della forza lavoro e favorire lo sviluppo economico.
- Sostegno alle imprese: È importante sostenere le imprese, soprattutto quelle piccole e medie, per favorire la loro crescita e competitività.
- Incentivi alla mobilità: Favorire la mobilità dei lavoratori può aiutare a ridurre la disoccupazione in alcune aree e a colmare le carenze di personale in altre.
Cause del divario Nord-Sud:
- Sviluppo industriale squilibrato: Al tempo dell’Unità d’Italia (1861), la regione più industrializzata era la Campania, nel Regno delle Due Sicilie. In particolare, l’area di Napoli e dintorni aveva una solida base industriale, con una significativa presenza di lavoratori nell’industria estrattiva e manifatturiera. Anche altre regioni del Sud, come la Calabria e la Puglia, avevano un certo grado di industrializzazione, con livelli che le collocavano tra i primi in Europa all’epoca. Già nel 1843, la Campania contava una percentuale significativa di operai e artigiani sulla popolazione occupata, e alla vigilia dell’Unità, questa percentuale era ancora più alta, con punte dell’11% nella regione. All’epoca, il “Triangolo Industriale” (Torino, Milano e Genova) che avrebbe poi assunto un ruolo predominante nell’industrializzazione italiana, non aveva ancora raggiunto il livello di sviluppo della Campania e del resto del Sud. Il Nord-Ovest si sarebbe sviluppato industrialmente in modo più significativo solo negli ultimi decenni del XIX secolo e all’inizio del XX. Col tempo, l’industrializzazione italiana si è concentrata principalmente nel Nord, creando un vantaggio economico e occupazionale per quest’area rispetto al Sud, che ha continuato a dipendere da settori come l’agricoltura.
- Questione meridionale: Le politiche di intervento straordinario per il Sud non sono riuscite a colmare il divario ma hanno solo generato ulteriori problemi, come una dipendenza assistenziale e una perdita di fiducia nel potenziale di sviluppo del Mezzogiorno, diventato un problema e non una risorsa.
- Occupazione giovanile. Nel 2023 in Italia il tasso di occupazione giovanile (15-34 anni) ha raggiunto il 45% (20,4% nella fascia “15-24 anni” e 68,1% in quella “25-34 anni”), con una crescita di 1,3 punti percentuali rispetto al 2022, pur rimanendo ancora distante dall’indice riferito all’intera popolazione (61,5%). Anche il tasso di disoccupazione giovanile, pari al 13,4% nel 2023 (22,7% nella fascia 15-24 anni e 10,3% in quella 25-34) indica una dinamica positiva, registrando una flessione di 1 punto percentuale rispetto al 14,4% del 2022. Resta tuttavia alto il differenziale territoriale, con un tasso di occupazione giovanile fermo al Sud al 33,1%, contro il 47,3% al Centro e il 53,4% al Nord; analogamente il tasso di disoccupazione (15-34 anni) raggiunge al Sud un valore (23,9%) pari al triplo di quello del Nord (8%) e ad oltre il doppio di quello del Centro (11,1%). Consistente anche il differenziale di genere, con un tasso di occupazione femminile (15-34 anni) del 38,6%, a fronte del 51% per quello maschile.
- Fuga di cervelli: Il divario Nord-Sud ha portato a una forte emigrazione di giovani e talenti dal Sud verso il Nord o l’estero, privando il Mezzogiorno di risorse umane preziose. Negli ultimi 10 anni quasi 200 mila giovani laureati hanno lasciato il Mezzogiorno per il Centro-Nord; in 138mila poi si sono trasferiti dall’Italia all’estero, secondo il rapporto Svimez.
- Differenze nella spesa pubblica: Esiste una differenza significativa nella spesa pubblica pro capite tra Nord e Sud, con un maggiore investimento nelle regioni settentrionali.
- Disparità di genere: Le donne del Sud affrontano maggiori difficoltà nel mercato del lavoro, con tassi di occupazione più bassi e carriere lavorative più frammentate rispetto alle donne del Nord.
Conseguenze del divario Nord-Sud:
- Disuguaglianze economiche: Il divario si traduce in una minore ricchezza pro capite nel Sud rispetto al Nord, con un impatto negativo sulla qualità della vita e sulle opportunità per i cittadini. Segni dell’ampio divario tra le due macroaree, trovano conferma nei dati relativi al Pil pro capite, che registra uno scarto superiore ai 18.000 euro (21.714 euro al Sud contro i 39.786 euro al Nord), e nella debole dinamica demografica che nel Mezzogiorno rappresenta un ulteriore elemento di criticità strutturale. La popolazione del Sud, infatti, ha subito una riduzione di circa 161.000 unità tra il 2022 e il 2024, a fronte di un incremento di 125.000 unità al Nord, “contribuendo a limitare le potenzialità di sviluppo delle regioni meridionali”.
- Disparità sociali: Il Sud presenta tassi di povertà più elevati, minori servizi sociali e sanitari e una maggiore difficoltà di accesso all’istruzione e alle tecnologie rispetto al Nord. Nel Nord l’incidenza della povertà si attesta intorno al 7-10%, nel Mezzogiorno può superare il 10%, con punte più elevate in alcune regioni specifiche. In sintesi, la povertà in Italia presenta una forte connotazione territoriale, con il Mezzogiorno che si conferma l’area più vulnerabile.
- Debolezza del tessuto economico: Il Mezzogiorno fatica a competere con il Nord in termini di sviluppo economico e industriale, mantenendo un’economia più debole e dipendente da settori tradizionali.
- Iniquità nell’accesso ai diritti: Il divario Nord-Sud si riflette anche nell’accesso ai diritti fondamentali, come il diritto al lavoro, all’istruzione e alla salute, creando una situazione di iniquità tra i cittadini delle diverse aree del Paese. Più di una donna e di un minore su quattro vivono in zone dove c’è uno scarso accesso ai diritti fondamentali (WeWorld Index Italia 2025). Le madri del Sud risultano essere le più colpite, e non solo per le basse opportunità lavorative: la copertura dei servizi socio-educativi è infatti ferma al 17,3% contro l’obiettivo europeo del 45%, rendendo ancora più difficile conciliare lavoro e famiglia.
Il rapporto Svimez 2024[1]
Il rapporto Svimez 2024 evidenzia una crescita del PIL nel Mezzogiorno superiore alla media nazionale per il terzo anno consecutivo, trainata soprattutto dagli investimenti pubblici e dall’attuazione del PNRR. Tuttavia, il Nord soffre a causa della crisi dell’industria esportatrice. Il rapporto analizza anche le dinamiche territoriali, lo spopolamento del Sud e le disuguaglianze salariali, sottolineando l’importanza del PNRR per lo sviluppo del Mezzogiorno.
Principali differenze evidenziate nel Rapporto SVIMEZ 2024:
- Crescita economica:
- Il Mezzogiorno ha registrato una crescita del PIL del +5,1%, superiore al Centro-Nord (+4,4%) e alla media europea (+3,9%), grazie a politiche espansive e investimenti in costruzioni (investimenti pubblici e attuazione del PNRR). Tuttavia, questa crescita, essendo stata trainata da fattori straordinari, potrebbe rallentare nel medio termine.
- Politiche e investimenti
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- Pnrr: Gli investimenti del Piano hanno avuto un impatto positivo sul Sud, contribuendo al 75% della crescita del PIL meridionale nel triennio 2024-2026. Tuttavia, si evidenziano ritardi nell’attuazione dei progetti, soprattutto nel secondo semestre 2024.
- Tagli al Sud: La Legge di Bilancio 2025 prevede una riduzione di 5,3 miliardi di euro per il Mezzogiorno e l’eliminazione della Decontribuzione Sud, con impatti negativi su occupazione e crescita.
- Mercato del lavoro:
- Dal 2019 al 2023, il Mezzogiorno ha recuperato 330mila posti di lavoro (+5,4%), con un ruolo determinante delle costruzioni (+97mila occupati). Ciononostante, il Sud continua a soffrire di precarietà, lavoro povero e alti tassi di “non lavoro”. Il labour slack (indice del “non lavoro”) è ancora molto elevato nel Mezzogiorno (33% contro il 15% del Centro-Nord).
- Al Sud, più di un lavoratore su cinque ha un contratto a termine (21,5% contro il 13,5% della media europea). Inoltre, il part-time involontario è molto più diffuso (72,9% contro il 46,2% del Centro-Nord).
- Salari e povertà:
- I salari reali sono diminuiti maggiormente al Sud (-5,7% contro -4,5% nel Centro-Nord), aggravando il problema del lavoro povero. Il Mezzogiorno concentra il 60% dei lavoratori poveri italiani e registra un’incidenza della povertà assoluta più alta rispetto al Centro-Nord.
- Demografia e istruzione
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- Il Mezzogiorno è colpito da un forte declino demografico e da un’emigrazione giovanile significativa, con una perdita di capitale umano qualificato. Tra il 2002 e il 2023, il Sud ha perso quasi 3 milioni di residenti, di cui oltre 900mila giovani, molti dei quali laureati.
- Scuole e dispersione scolastica: Gli studenti nel Sud sono diminuiti del 9% tra il 2017 e il 2023. La dispersione scolastica è più alta al Sud (17,4%) rispetto al Centro-Nord (14,6%), con un impatto negativo sulle competenze e sulle opportunità future. Molti giovani meridionali si trasferiscono al Centro-Nord per studiare, contribuendo al drenaggio di capitale umano.
- Squilibri generazionali: La popolazione attiva è in calo, mentre aumenta il numero di anziani, aggravando la sostenibilità economica.
- Industria e innovazione
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- Specializzazioni produttive: Il Sud è meno industrializzato e più dipendente da settori tradizionali come l’agroindustria e l’edilizia. La transizione verso settori ad alto valore aggiunto, come l’aerospazio e l’automotive, è più lenta.
- Investimenti: Gli investimenti in innovazione e tecnologia sono inferiori rispetto al Centro-Nord, limitando la competitività delle imprese meridionali.
- Infrastrutture e servizi:
- Carenze infrastrutturali: Le carenze infrastrutturali sono evidenti, soprattutto in ambiti come sanità e istruzione. Ad esempio, meno di un bambino su tre nel Mezzogiorno frequenta una scuola dotata di mensa, rispetto a due su tre nel Centro-Nord. Anche la presenza di palestre è inferiore (46% contro 60%).
- Trasporti: Il Sud soffre di una rete infrastrutturale meno sviluppata, che limita la mobilità e la competitività economica.
- Servizi pubblici: Le carenze nelle infrastrutture sociali e nei servizi essenziali, come asili nido e assistenza domiciliare, sono più marcate al Sud.
- Energia e transizione ecologica
- Rinnovabili: Il Sud ha un grande potenziale per le energie rinnovabili, ma rischia di diventare solo un hub di produzione e distribuzione, senza benefici diretti per il tessuto industriale locale.
- Competitività energetica: I costi energetici più alti penalizzano le imprese meridionali rispetto a quelle del Centro-Nord.
- Sanità e welfare
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- Accesso ai servizi: I servizi sanitari al Sud sono meno accessibili e di qualità inferiore rispetto al Centro-Nord. Ad esempio, solo 2 donne su 10 in Calabria accedono agli screening mammografici, contro 9 su 10 in Friuli-Venezia Giulia.
- Mobilità sanitaria: La mobilità sanitaria verso il Centro-Nord è un fenomeno consolidato, con il 44% dei pazienti meridionali che si sposta verso il Centro-Nord per cure migliori.
- Divari sanitari: Le regioni meridionali sono inadempienti rispetto ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).
- Assistenza domiciliare: Il Pnrr ha migliorato l’assistenza agli anziani, ma permangono ritardi significativi in regioni come Sicilia e Calabria.
- Settori strategici e transizioni
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- Automotive: Il settore automotive ha un ruolo cruciale per l’economia del Mezzogiorno, rappresentando una delle principali filiere industriali della regione. L’82% della produzione nazionale di autoveicoli è concentrata nel Sud (Pomigliano, Melfi e Atessa), ma il settore è in crisi, con un calo del -32% della produzione nel 2024. Lo stabilimento di Melfi ha registrato una riduzione particolarmente severa (-73% rispetto al 2019). La filiera estesa dell’automotive nel Mezzogiorno impiega circa 300mila lavoratori, con una forte concentrazione in Campania (30%), Puglia (21%), Sicilia (21%) e Abruzzo (11%). L’indotto della componentistica, sebbene meno sviluppato rispetto al Centro-Nord, conta più di 20mila addetti. La filiera automotive genera quasi 13 miliardi di valore aggiunto, con Campania, Puglia, Sicilia e Abruzzo che contribuiscono in modo significativo. La transizione verso i veicoli elettrici pone sfide significative per il Mezzogiorno, che è specializzato nella produzione finale. La riconversione all’elettrico comporta una riduzione dei beni intermedi necessari, con un impatto negativo sull’occupazione. Il ridimensionamento produttivo di Stellantis ha già avuto pesanti ripercussioni occupazionali, con circa 11mila addetti in meno dal 2014 e ulteriori 4mila uscite previste nel 2024. La competizione con i costruttori cinesi e le difficoltà dell’industria europea nell’adattarsi alla transizione elettrica mettono a rischio la filiera automotive italiana, con ripercussioni particolarmente gravi per il Mezzogiorno.
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- Rinnovabili: Il Mezzogiorno ha un ruolo chiave nella transizione energetica, con progetti come la gigafactory solare di Catania che generano occupazione e valore aggiunto. L’obiettivo è raggiungere una capacità produttiva di 3 GW all’anno entro il 2024.
- Proposte e sfide
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- Politiche industriali: Necessità di rafforzare interventi selettivi per integrare il Sud nelle filiere strategiche europee, come batterie e idrogeno.
- Politiche di coesione: SVIMEZ propone un metodo simile al Pnrr per le politiche di coesione, subordinando i finanziamenti al raggiungimento di obiettivi specifici.
Cause del divario:
Le cause del divario Nord-Sud sono complesse e includono:
- Storia: Il processo di unificazione italiana ha lasciato il Sud in una posizione di svantaggio economico rispetto al Nord.
- Politiche pubbliche: Spesso frammentate e poco efficaci nel ridurre le disuguaglianze territoriali.
- Struttura economica: Il Sud è meno industrializzato e più dipendente dal settore pubblico e dal terziario tradizionale.
- Emigrazione: La fuga di giovani e talenti verso il Nord o l’estero impoverisce ulteriormente il tessuto sociale ed economico del Mezzogiorno.
Proposte per ridurre il divario:
Il Rapporto SVIMEZ 2024 suggerisce interventi mirati, tra cui:
- Rafforzare le politiche industriali per il Sud, puntando su filiere strategiche come l’agroindustria, l’aerospazio e l’automotive.
- Investire in infrastrutture sociali, sanitarie e scolastiche.
- Promuovere politiche di coesione più efficaci, basate su obiettivi concreti e misurabili.
- Contrastare il declino demografico con politiche di welfare familiare e integrazione.
Conclusioni:
- Il divario Nord-Sud colpisce trasversalmente molti settori, limitando le opportunità di sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno. Per ridurre queste disparità, sono necessari investimenti mirati, politiche di coesione efficaci e un rafforzamento delle infrastrutture e dei servizi essenziali. E’ altresì necessario assicurare politiche mirate per ridurre i divari territoriali, sostenere la crescita del Mezzogiorno e garantire continuità agli investimenti e ai servizi nel post-Pnrr.
[1][1] https://www.svimez.it/rapporto-svimez-2024/