Disuguaglianza
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L’Italia delle disuguaglianze – Disuguaglianze di salute

Focus - Disuguaglianza

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Le disuguaglianze nell’accesso e nella qualità delle cure mediche sono un problema diffuso, con impatti significativi sulla salute e sul benessere delle persone. Queste disuguaglianze si manifestano in vari modi, tra cui differenze geografiche nell’accesso alle strutture sanitarie, disparità economiche che limitano la possibilità di ricevere cure adeguate, e discriminazioni basate su fattori come reddito, etnia, genere o status migratorio.

Le disuguaglianze di salute, se non giustificate da un punto di visto biologico, possono essere definite differenze evitabili e ingiuste nello stato di salute e riconducibili ai determinanti sociali di salute. Gli ultimi anni hanno dimostrato quanto la salute sia centrale per le nostre economie e società. Le recenti crisi sanitarie non solo hanno messo in luce le disuguaglianze sanitarie già esistenti, ma in alcuni casi le hanno addirittura aggravate, con un impatto sproporzionato su determinati gruppi di popolazione.

Il 2024 evidenzia una dinamica demografica per molti versi in continuità con quella dei recenti anni post-pandemici. Insieme a un calo contenuto della popolazione residente, che peraltro continua a invecchiare, alla conferma di una dinamica naturale fortemente negativa, i cui effetti vengono attenuati da una dinamica migratoria più che positiva, e alla progressiva contrazione della dimensione media delle famiglie, il 2024 aggiunge elementi la cui portata va sottolineata. Tra questi, il minimo storico di fecondità, la speranza di vita che supera i livelli pre-pandemici, l’aumento degli espatri di cittadini italiani, il nuovo massimo di acquisizioni della cittadinanza italiana a cui si affianca comunque l’importante crescita della popolazione straniera residente.

Al 31 dicembre 2024 la popolazione residente conta 58 milioni 934mila individui (dati provvisori), in calo di 37mila unità rispetto alla stessa data dell’anno precedente.La diminuzione della popolazione prosegue ininterrottamente dal 2014 e il decremento registrato nel 2024 (-0,6 per mille) è in linea con quanto osservato negli anni precedenti (-0,4 per mille del 2023 e -0,6 per mille nel 2022).

📉 Fecondità e natalità ai minimi storici

  • La fecondità tocca il minimo storico con 1,18 figli per donna, superando il precedente record negativo del 1995 (1,19).
  • 370.000 nascite nel 2024, in calo del 2,6% rispetto al 2023.
  • Il tasso di natalità è 6,3 per mille.
  • Le nascite da madri straniere sono il 13,5% del totale (quasi 50.000).

⚰️ Calo della mortalità e speranza di vita in crescita

  • I decessi nel 2024 sono stati 651.000, (dato provvisorio), 20mila in meno (3,1%) rispetto al 2023.
  • Il saldo naturale (nascite – decessi) rimane fortemente negativo: -281.000 unità.
  • La speranza di vita alla nascita sale a 83,4 anni (81,4 uomini – 85,2 donne), tornando sopra i livelli pre-pandemici (+cinque mesi rispetto al 2023). L’Italia si classifica tra i primi paesi in Europa per aspettativa di vita, seconda solo alla Spagna, secondo Eunews.
    • Nel Nord la speranza di vita alla nascita è di 82,1 anni per gli uomini e di 86,0 per le donne; i primi recuperano cinque mesi rispetto all’anno precedente, le donne invece quasi quattro mesi. Il Trentino-Alto Adige si conferma ancora come la regione in Italia con la speranza di vita più alta sia tra gli uomini (82,7) sia tra le donne (86,7).
    • Nel Centro la speranza di vita alla nascita è 81,8 anni per gli uomini e 85,7 anni per le donne, con un incremento di quasi quattro mesi rispetto al 2023 per entrambi i sessi. In questa ripartizione geografica le Marche sono la regione dove si vive più a lungo, con un valore della speranza di vita alla nascita di 82,2 anni per gli uomini e 86,2 per le donne.
    • Nel Mezzogiorno si registrano valori più bassi della speranza di vita alla nascita, 80,3 anni per gli uomini e 84,6 anni per le donne. L’Abruzzo è la regione che consegue guadagni di sopravvivenza maggiori tra gli uomini, oltre 8 mesi in più sul 2023. Significativi, sempre nel Mezzogiorno, sono i guadagni ottenuti tra le donne in Sicilia, Basilicata e Calabria, ben 6 mesi in più. La Campania, nonostante un considerevole recupero, rimane la regione con la speranza di vita più bassa tanto tra gli uomini (79,7) quanto tra le donne (83,8).

📉 Popolazione in lieve calo e sempre più anziana

  • Al 31 dicembre 2024, i residenti sono 58,93 milioni, in calo di 37.000 unità sull’anno precedente (-0,6‰).
  • La popolazione diminuisce ininterrottamente dal 2014.
  • Il calo demografico è più sensibile nei Comuni delle Aree interne del Mezzogiorno
  • La dimensione media delle famiglie scende da 2,6 (2003) a 2,2 componenti (2023-24).

🧭 Disuguaglianze territoriali marcate

  • La popolazione cresce solo nel Nord (+1,6‰), mentre cala nel Centro (-0,6‰) e Mezzogiorno (-3,8‰).
  • Le Aree interne del Mezzogiorno registrano la flessione più grave: -4,7‰.
  • Crescite significative in: Trentino-Alto Adige e Emilia-Romagna (+3,1‰), Lombardia (+2,3‰).
  • Crolli in: Basilicata (-6,3‰), Sardegna (-5,8‰).

🌍 Migrazioni: saldo positivo ma boom di espatri

  • Immigrazioni dall’estero: 435.000 (in lieve calo), inferiori di circa 5mila unità rispetto al 2023, ma comunque sostenute
  • Emigrazioni: 191.000 (+20,5%), di cui 156.000 italiani espatriati (+36,5%).
  • Saldo migratorio netto: +244.000 (in crescita rispetto al 2022-23).
  • In calo dell’1,4% i trasferimenti di residenza tra Comuni, che globalmente hanno coinvolto un milione e 413mila cittadini.

🆕 Cittadinanza e stranieri in aumento

  • Record di acquisizioni della cittadinanza italiana: 217.000 (nuovo massimo storico).
    • Prime nazionalità: albanese (31.000), marocchina (27.000), rumena (15.000).
  • La popolazione straniera residente cresce a 5,42 milioni (+3,2%), il 9,2% dei residenti totali.
    • Nord: 11,5% della popolazione; Centro: 11,3%; Mezzogiorno: solo 4,8%.

🧓 Invecchiamento strutturale

  • La riduzione della natalità è anche effetto della diminuzione delle donne in età fertile: da 14,3 milioni (1995) a 11,4 milioni.
  • Il progressivo invecchiamento della popolazione comporta un’esposizione crescente ai rischi di mortalità, nonostante il calo dei decessi nel 2024.

📌 Conclusione

Il 2024 conferma i trend già visibili nel post-pandemia:

  • Decrescita demografica costante, con squilibri territoriali evidenti.
  • Una popolazione più longeva, ma meno numerosa e più vecchia.
  • Una società italiana che perde cittadini italiani, ma accoglie e integra di più cittadini stranieri.

Le liste di attesa

Le liste d’attesa rappresentano una delle criticità più evidenti della sanità pubblica italiana, con impatti diretti sull’accesso alle cure e sulla qualità della vita dei cittadini. Sebbene siano in corso tentativi di riforme sanitarie per migliorare il sistema, permangono numerose sfide strutturali, organizzative e finanziarie. Il problema delle liste d’attesa in Italia è un fenomeno complesso, che presenta forti disparità regionali, impatta significativamente l’accesso alle cure e la salute dei cittadini. Molto spesso i tempi di attesa per visite specialistiche ed esami diagnostici, in particolare per interventi chirurgici e prestazioni oncologiche, superano i limiti stabiliti dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).

Le ragioni principali includono:

  • sottofinanziamento cronico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) , con una diminuzione della spesa rispetto al PIL, che limita la capacità di erogare servizi e di assumere nuovo personale determinando tra l’altro
  • carenze di personale, aggravato da aumento della domanda di prestazioni
  • incapacità ed inefficienze gestionali determinano criticità nell’organizzazione e nella gestione delle prenotazioni, delle risorse e dei flussi di lavoro con conseguente intasamento delle liste d’attesa
  • scarsa digitalizzazione e utilizzo limitato delle tecnologie digitali per prenotazioni e gestione delle risorse
  • aumento della domanda dovuto sia a invecchiamento della popolazione che al miglioramento delle capacità diagnostiche e terapeutiche che hanno aumentato la domanda di prestazioni, superando l’offerta.

A causa delle lunghe attese, molti italiani rinunciano a sottoporsi a visite o esami, o si rivolgono al settore privato, generando disuguaglianze nell’accesso alle cure; la rinuncia alle cure pubbliche e il ricorso al privato comportano costi aggiuntivi per i cittadini, aumentando ulteriormente le disuguaglianze nell’accesso. I ritardi nell’accesso alle cure possono compromettere la diagnosi precoce, il trattamento tempestivo e l’efficacia degli interventi, con conseguenze negative sulla salute dei pazienti.

La rinuncia alle cure rappresenta uno dei dati più preoccupanti- Circa il 29% degli Italiani dichiara di aver dovuto rinunciare a cure necessarie nell’ultimo anno, principalmente per motivi economici e per le lunghe liste d’attesa. Il 69% di chi rinuncia alle cure lo fa per motivi economici, una percentuale in crescita rispetto al 2022 (+8%) e rispetto al 2021 (+17%). Il 40% degli italiani ha rinunciato o posticipato cure a causa della lunghezza delle liste d’attesa (+5% rispetto al 2022). La rinuncia alle cure colpisce in modo più marcato le fasce di reddito più basso e le regioni del Sud, aggravando le già esistenti disuguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari. Anche coloro che appartengono a fasce di reddito più elevate hanno sperimentato un aumento dei costi sanitari, con il 67% degli intervistati con reddito elevato che segnala difficoltà economiche nel 2023, contro il 57% del 2022​.

Esistono pertanto forti le differenze tra le regioni italiane per quanto riguarda i tempi di attesa, con alcune che presentano situazioni critiche.

I Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) rappresentano le prestazioni e i servizi che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di un ticket, su tutto il territorio nazionale. Sono definiti da un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) e comprendono tre grandi ambiti: prevenzione collettiva e sanità pubblica, assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera. Il rispetto dei LEA è fondamentale per garantire equità e uniformità nell’accesso alle cure su tutto il territorio nazionale. Un’erogazione efficace dei LEA assicura che tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro regione di residenza, possano ricevere le prestazioni sanitarie necessarie, riducendo le disuguaglianze e promuovendo la salute pubblica. Il Ministero della Salute, attraverso il Programma Nazionale Esiti (PNE), monitora costantemente il rispetto dei LEA da parte delle regioni. L’effettiva erogazione dei servizi varia però tra le regioni, a causa di differenze nell’organizzazione, nelle risorse e nelle priorità politiche. Il monitoraggio e il controllo – si ribadisce – sono essenziali per garantire che i LEA siano rispettati e che i cittadini abbiano accesso alle cure necessarie, indipendentemente dalla loro regione di residenza. Ogni regione è tenuta a rendicontare le proprie attività e a garantire il rispetto dei livelli di assistenza previsti. Sono inoltre previsti strumenti di valutazione, come le “pagelle” che analizzano l’andamento delle regioni rispetto ai LEA, per individuare eventuali criticità e promuovere miglioramenti. Il rispetto dei LEA da parte delle regioni italiane varia significativamente. Alcune regioni, come Veneto, Toscana, Emilia-Romagna e Provincia Autonoma di Trento, ottengono punteggi elevati, mentre altre, come Calabria, Valle d’Aosta, Sicilia e Abruzzo, mostrano maggiori difficoltà nel garantire i LEA. Il rispetto dei LEA è un indicatore chiave della qualità del sistema sanitario regionale e viene monitorato dal Ministero della Salute.

Le disuguaglianze nell’accesso e nella qualità delle cure mediche sono influenzate da:

  • Disparità socio-economiche: Le persone con redditi più bassi, minor istruzione o che vivono in condizioni di povertà hanno maggiori probabilità di rinunciare o posticipare le cure mediche a causa della mancanza di trasporto o della difficoltà a comprendere le informazioni sanitarie nonché dei costi, come ticket sanitari o farmaci, o di affrontare difficoltà nell’accesso a servizi essenziali.
  • Etnia e minoranze: Alcune categorie di pazienti, come immigrati, rifugiati, persone con disabilità o malattie mentali, possono incontrare barriere nell’accesso alle cure a causa di pregiudizi, stereotipi o difficoltà linguistiche, causando ulteriori problemi nell’ottenere le cure necessarie.
  • Genere: Le donne possono subire discriminazioni nell’accesso a servizi specifici per la loro salute o essere più colpite da problemi di salute legati al lavoro di cura non retribuito.
  • Età: Gli anziani e i bambini possono essere più vulnerabili a trattamenti non paritari a causa di condizioni di salute specifiche o della difficoltà di accedere ai servizi.
  • Condizioni di salute preesistenti: Le persone con malattie croniche o altre condizioni di salute possono avere bisogno di cure continuative e specifiche, che possono essere limitate o compromesse da problemi di accesso o qualità.
  • Localizzazione geografica: Le zone rurali o isolate e le regioni più svantaggiate possono avere meno servizi sanitari disponibili e carenza di personale medico, con conseguentemente tempi di attesa più lunghi per le cure, maggiore mobilità sanitaria, peggioramento della salute della popolazione.
  • Fattori legati al sistema sanitario: Le politiche di contenimento della spesa sanitaria, le liste d’attesa troppo lunghe, la carenza di personale medico e la mancanza di investimenti in tecnologie e servizi digitali possono ulteriormente aggravare le disuguaglianze nell’accesso e nella qualità delle cure.

Le disuguaglianze nell’assistenza sanitaria possono portare a:

  • peggiore stato di salute: le disuguaglianze nell’accesso alle cure possono portare a un aumento della mortalità infantile, a un incremento di malattie prevenibili e a una riduzione dell’aspettativa di vita, specialmente tra i gruppi più vulnerabili.
  • aumento delle malattie croniche: le difficoltà nell’accesso alle cure possono portare a una diagnosi tardiva o a una mancata presa in carico delle malattie croniche, con conseguenze negative sulla qualità della vita dei pazienti.
  • maggiori costi per il sistema sanitario: le disuguaglianze possono causare un aumento dei costi sanitari a lungo termine, a causa della necessità di trattare malattie più gravi o croniche, che avrebbero potuto essere prevenute o curate precocemente.
  • crescita economica ridotta: Le disuguaglianze nell’assistenza sanitaria possono ridurre la produttività e la crescita economica, soprattutto a causa dell’assenza di lavoratori sani.

In sintesi, le disuguaglianze nell’accesso e nella qualità delle cure mediche sono un problema diffuso, con impatti significativi sulla salute e sul benessere delle persone. Queste disuguaglianze si manifestano in vari modi, tra cui differenze geografiche nell’accesso alle strutture sanitarie, disparità economiche che limitano la possibilità di ricevere cure adeguate, e discriminazioni basate su fattori come reddito, etnia, genere o status migratorio. Affrontare allora tali disuguaglianze richiede un approccio multifattoriale, che coinvolga politiche sanitarie, investimenti mirati, un impegno concreto per promuovere l’equità e la giustizia sociale, avendo particolare attenzione alle aree e ai gruppi più vulnerabili. Garantire l’accesso universale alle cure significa eliminare le barriere economiche, linguistiche, culturali e fisiche, rafforzare i servizi sanitari territoriali, sfruttare le tecnologie digitali, implementare programmi di prevenzione e promozione della salute, coinvolgere le comunità locali nella pianificazione e nell’attuazione di interventi per affrontare le disuguaglianze, aumentare la consapevolezza civica sulle disuguaglianze, promuovere l’equità tra i professionisti sanitari e la popolazione in generale.

Redazione amaperbene.it

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