Il Rapporto annuale di Caritas Italiana sulla povertà in Italia nel 2025
Focus - Disuguaglianza

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L’Italia è un Paese in cui oltre 2,2 milioni di famiglie non riescono a sostenere una vita dignitosa. La povertà non è un fenomeno isolato, ma spesso si configura come multidimensionale e multiforme, con fragilità economiche, occupazionali, abitative, familiari e di salute. Cresce il numero di persone che si rivolgono a Caritas con problemi di disagio psicologico e psichiatrico. Giovani e famiglie con figli sono le fasce più vulnerabili, mentre il disagio abitativo e la difficoltà di accesso all’istruzione e alle nuove tecnologie aggravano la situazione.
Il Rapporto annuale di Caritas Italiana sulla Povertà in Italia nel 2024 evidenzia un aumento del numero di persone in povertà assoluta, arrivando a 5.694.000 individui, pari al 9,7% della popolazione. Questo dato segna un incremento rispetto al 2014, quando la percentuale era del 6,9%. Il rapporto sottolinea anche la crescente incidenza della povertà lavorativa, con salari bassi e contratti precari che non garantiscono una vita dignitosa, specialmente per i giovani e le famiglie con figli. Il numero di famiglie povere residenti al Nord è praticamente raddoppiato, passando da 506.000 a quasi un milione, con un aumento del 97,2%.
La rete Caritas è composta da 3.124 centri di ascolto e servizi informatizzati, distribuiti in 206 diocesi in tutta Italia; offre una vasta gamma di interventi, tra cui distribuzione di viveri, mense, accoglienza, ascolto e sostegno socio-assistenziale. Nel 2024 sono state almeno 277.775 le persone (e rispettivi nuclei familiari) che in Italia si sono rivolti a Centri di ascolto, mense, empori solidali ed altri servizi per chiedere un aiuto concreto, con un incremento del 3% rispetto al 2023 e del 62,6% rispetto al 2014, con una crescita particolarmente marcata nel Nord (+77%) e nel Mezzogiorno (+64,7%). Nello stesso anno sono state erogate oltre 5 milioni di prestazioni, con una media di circa 18 interventi ogni assistito.
Se un tempo l’emergenza riguardava principalmente i disoccupati, oggi il fenomeno dei “working poor” (lavoro povero) incide profondamente sul tessuto sociale, con il 30% degli occupati che fatica ad arrivare a fine mese. Una tendenza che si affianca a un altro segnale allarmante: l’aumento delle richieste di aiuto da parte degli over 65, raddoppiati in dieci anni, dal 7,7% nel 2015 al 14,3% nel 2024.
Le famiglie continuano a rappresentare la maggior parte degli assistiti: il 63,4% dei nuclei ha figli minori. Il livello basso di istruzione continua ad incidere sul rischio povertà. Delle 277.775 persone accompagnate dalla Caritas, il 56,2% è di nazionalità straniera, il 42,1% è italiano. La componente immigrata è in lieve calo, principalmente per la riduzione degli ucraini, passati da 22.000 nel 2022 a circa 10.000. Gli assistiti provengono da 180 Paesi diversi, con il 46,9% dall’Africa, il 26,9% dall’Europa, il 13,9% dalle Americhe e il 12,4% dall’Asia. I primi dieci Paesi di provenienza sono Marocco, Perù, Romania, Ucraina, Nigeria, Tunisia, Albania, Senegal, Egitto e Pakistan.
Nel 2024, l’età media delle persone assistite dalla rete Caritas ha raggiunto 47,8 anni, segnando un progressivo invecchiamento della popolazione in condizioni di fragilità. Nel 2022 l’età media si attestava a 46 anni. Mentre l’età media degli immigrati è di 42,9 anni, quella degli italiani sale a 54,6. Un dato significativo riguarda gli over 65, la cui presenza tra i beneficiari della Caritas è raddoppiata rispetto al 2015, passando dal 7,7% al 14,3%. Tra gli italiani, la crescita è ancora più marcata, raggiungendo il 24,3%.
Oggi una delle dimensioni più critiche della povertà riguarda il disagio abitativo, Nel 2024 – secondo l’Istat – il 5,6% degli italiani vive in grave deprivazione abitativa e il 5,1% è in sovraccarico dei costi, non riuscendo a gestire le spese ordinarie di affitto e mantenimento. Tra le persone seguite dal circuito Caritas la situazione appare molto più grave: di fatto una su tre (il 33%) manifesta almeno una forma di disagio legata all’abitare. In particolare: il 22,7% vive una grave esclusione abitativa (persone senza casa, senza tetta, ospiti nei dormitori, in condizioni abitative insicure o inadeguate), il 10,3% presenta difficoltà legate alla gestione o al mantenimento di un alloggio (per lo più rispetto al pagamento di bollette o affitti). Il tasso di sovraccarico dei costi tra le persone seguite è, dunque, più che doppio rispetto alla media nazionale.
Altro elemento allarmante riguarda il tema della rinuncia sanitaria: in Italia – secondo l’Istat – circa 6 milioni di italiani (il 9,9% della popolazione) hanno rinunciato a prestazioni sanitarie essenziali per costi o attese eccessive. Tra le persone accompagnate dalla Caritas la situazione appare più complessa: almeno il 15,7% manifesta vulnerabilità sanitarie, spesso legate a patologie gravi e alla mancanza di risposte da parte del sistema pubblico. Molti di loro fanno esplicita richiesta di farmaci, visite mediche o sussidi per prestazioni sanitarie; altri invece non formulano richieste specifiche, lasciando presumere che il fenomeno delle rinunce sia ampiamente sottostimato, soprattutto tra i più marginalizzati che spesso sfuggono ai circuiti statistici e sanitari formali. La povertà sanitaria si intreccia quasi sempre con altre forme di bisogno (nel 58,5% se ne cumulano 3 o più) in un circolo vizioso: casa, reddito, salute, istruzione e relazioni si condizionano a vicenda, rendendo difficile ogni percorso di uscita.
Il profilo di chi ha bisogno si è dunque profondamente trasformato, riflettendo una povertà sempre più trasversale, complessa e spesso non intercettata o adeguatamente supportata dal welfare. “Il Report statistico”, sottolinea il direttore di Caritas Italiana, don Marco Pagniello, “ci consegna le storie di persone che ogni giorno incrociamo nei nostri servizi. Non si tratta solo di numeri, ma di donne e uomini che appartengono alle nostre comunità. I dati ci aiutano a capire, ma non bastano da soli. Ci chiedono di andare oltre una lettura superficiale, oltre l’analisi sociologica. In gioco c’è la vita di chi resta ai margini ed è spesso invisibile. Tra le pieghe di una realtà segnata da contraddizioni e fragilità, si fa spazio un appello alla comunità tutta, interpellata in profondità nella sua vocazione alla corresponsabilità. Scegliamo di stare sulle soglie, di abitarle, di prenderci cura, di favorire processi che non si fermino all’emergenza, ma aprano strade di cambiamento possibile. È questa la nostra responsabilità, ma anche la nostra speranza”.
Il rapporto di Caritas non si limita a fornire dati, ma invita pertanto a guardare oltre le cifre per riconoscere l’umanità sofferente che si cela dietro ogni numero, sottolineando l’importanza di azioni di ascolto, accoglienza e supporto capillare per affrontare la povertà in tutte le sue dimensioni. Rispetto al 2023, il numero delle persone aiutate è cresciuto del 3%. Le spese risultano sempre più insostenibili per molte famiglie. In altri termini, i rincari del 2024 si sono sommati a quelli dell’anno precedente, determinando un’ulteriore erosione del potere d’acquisto, senza produrre un effettivo allentamento della pressione economica sulla popolazione. A confermare questa tendenza è anche l’andamento delle retribuzioni: secondo l’ultimo rapporto annuale dell’Istat, dal 2019 al 2024 i salari reali risultano calati del 4,4% (e ben dell’8,7% se si estende l’analisi a un orizzonte temporale più ampio, dal 2008 al 2024).
A destare particolare preoccupazione è l’aumento delle situazioni di cronicità, che coinvolgono individui e famiglie incapaci di uscire da una condizione di fragilità strutturale: oggi più di un assistito su quattro si trova in una condizione di disagio stabile e prolungato. Questi dati delineano l’esistenza di uno “zoccolo duro” di povertà consolidata, che tende ad ampliarsi e a coinvolgere fasce sempre più ampie della popolazione.
Oltre a farsi sempre più complessa e persistente, la povertà diventa oggi sempre più intensa: i poveri stanno diventando sempre più bisognosi.
Altra preoccupazione concreta e urgente origina dalla constatazione che nascere e crescere in una famiglia povera può compromettere in modo significativo le prospettive di sviluppo individuale, ponendo le basi per una trasmissione intergenerazionale della povertà e della disuguaglianza. Crescere in un contesto di povertà limita non solo l’accesso ai beni essenziali, ma condiziona fortemente anche le opportunità educative, sociali e relazionali, il che incide negativamente sulla fiducia nel futuro e sulle aspirazioni personali di molti bambini e ragazzi.
Anche la struttura familiare rappresenta un fattore di vulnerabilità o di resilienza, con le famiglie di origine straniera che tendono a essere più numerose e strutturate rispetto a quelle italiane in cui si riscontra una maggiore incidenza di famiglie fragili o frammentate, frequentemente costituite da persone sole, con esperienze di separazione, lutti o situazioni di isolamento sociale.
Un dato stabile nel corso del tempo riguarda la forte relazione tra condizioni di povertà e bassa scolarità. Come suggerito anche da dati OCSE (Education at a Glance 2024) e Istat, i livelli di istruzione dei genitori condizionano ancora in modo significativo le traiettorie educative dei figli. In Italia, ad esempio, i giovani provenienti da famiglie con basso capitale culturale hanno maggiori probabilità di abbandonare precocemente gli studi, minori opportunità di accesso all’istruzione, fragilità occupazionale (disoccupazione 47,9% o “lavoro povero” 23,5%), difficoltà abitativa.
Il 2024 ha rappresentato un punto di svolta per le politiche di contrasto alla povertà in Italia. A partire dal 1° gennaio, infatti, il Reddito di Cittadinanza, introdotto nel 2019, è stato sostituito da due strumenti diversi, l’Assegno di Inclusione (ADI) e il Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL). La riforma, attuata con il decreto-legge n. 48/2023 (convertito nella legge n. 85/2023), ha ridefinito i criteri di accesso al sostegno economico, distinguendo tra nuclei in condizione di fragilità e persone ritenute occupabili.
L’Assegno di Inclusione è rivolto ai nuclei familiari con Isee inferiore a 10.140 euro e con almeno un componente in situazione di fragilità, minori, persone con disabilità, over 60 o individui inseriti in programmi di cura e assistenza. La misura prevede un sostegno economico fino a 500 euro mensili, con una possibile integrazione fino a 280 euro per le spese di affitto. L’ADI è erogato per un massimo di 18 mesi, rinnovabili per ulteriori 12 mesi con un mese di sospensione tra i due periodi, e prevede l’attivazione di percorsi personalizzati di inclusione sociale e lavorativa, gestiti dai servizi sociali territoriali. Nel 2025, l’ADI è stato esteso per includere anche nuclei familiari con persone con disabilità e persone prese in carico dai servizi sociosanitari o sociali.
Il Supporto per la Formazione e il Lavoro, attivo da settembre 2023, è invece destinato a persone tra i 18 e i 59 anni che non appartengono a nuclei fragili e che sono ritenute occupabili. Non si configura come un sussidio mensile, ma prevede un’indennità di 350 euro al mese, erogata per un massimo di 12 mesi, solo durante la partecipazione attiva a programmi formativi, tirocini, progetti di servizio civile o altre politiche attive del lavoro.
Entrambe le misure richiedono la sottoscrizione del Patto di Attivazione Digitale tramite il portale SIISL. Secondo dati 2024, l’Assegno di Inclusione ha riguardato quasi 760 mila nuclei familiari, per un totale di 1,82 milioni di persone, con un importo medio mensile di 620 euro, con una forte concentrazione nel Mezzogiorno. Il Supporto Formazione Lavoro, ha visto pagamenti a 133 mila persone, con 68 mila beneficiari attivi a fine 2024. Il 60% dei nuclei che percepivano il Reddito o la Pensione di Cittadinanza a luglio 2023 ora riceve l’ADI o il SFL con un 26% che ha visto almeno un componente trovare un impiego nel corso del 2024.
Secondo i dati sempre della Caritas, l’Assegno di Inclusione (ADI) ha visto una percentuale limitata di beneficiari, con solo l’11,5% del totale che riceve questo sostegno, mentre il Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL) ha coinvolto solo l’1,3%. In sintesi, i dati della Caritas mostrano che, mentre l’ADI è un importante strumento di sostegno, la sua applicazione e i suoi benefici non raggiungono ancora un numero significativo di persone in difficoltà, e la rete Caritas svolge un ruolo cruciale nell’offrire assistenza a coloro che non rientrano nei parametri dell’ADI o che necessitano di un supporto più ampio. Basti pensare che la Caritas ha erogato oltre 5 milioni di prestazioni nel 2024, con una media di circa 18 interventi per assistito, indicando un aumento rispetto all’anno precedente e un aggravarsi delle condizioni di bisogno. Nei centri di ascolto e servizi della rete Caritas, sono state assistite 269.689 persone, che rappresentano circa il 12% delle famiglie in stato di povertà assoluta registrate dall’Istat, con un aumento del 41,6% rispetto al 2015.
Caritas Italiana – La povertà in Italia (secondo i dati della Rete Caritas) – Report Statistico Nazionale 2025 – Palumbi - https://www.caritas.it › report_stampa_9_06_25