Dal Mondo Vegetale

Picrorhiza | Picrorhiza kurroa Royle ex Benth

La Katuka (Picrorhiza kurroa Royle ex Benth.) è una pianta officinale dell’Himalaya appar-tenente alla famiglia delle Scrophulariaceae tradizional-mente usata nella medicina ayurvedica per la cura di numerose malattie (asma, stitichezza, infezioni da candida, artrite, eczemi, malattie dige-stive, intossicazioni epatiche, malattie auto-immuni, vitiligine, bronchiti), senza però trovare molti riscontri positivi nella medicina convenzionale. La picrhoriza è tuttora oggetto di numerosi studi per dimostrarne l’attività immunostimolante/immunoregolatrice, antiasmatica ed antiinfiammatoria.

La Picrorhiza kurroa è una piccola erba perenne che si forma da rizomi legnosi lunghi 15-25 cm, articolati e zigzaganti, di colore bruno-grigiastri, cilindrici, irregolarmente curvi con ramificazione e radicazione ai nodi. Le foglie sono lunghe 5–15 cm, quasi tutte alla base, spesso appassite; sono grossolanamente dentate, ristrette a un picciolo alato. I fiori sono piccoli, di colore azzurro pallido o violaceo, portati in spighe cilindriche, su steli eretti quasi spogli; i fiori sono di circa 8 mm, con 5 lobi al centro e con stami molto più lunghi. L’antesi è tra giugno ed agosto. I frutti sono delle capsule sferiche bicellulari, striscianti, eretti alla fioritura, frondosi e leggermente pelosi, lunghe 1,3 cm. I semi sono numerosi e di colore bianco.

La Picrorhiza kurroa è una pianta originaria della regione himalayana, presente in un areale che va dal Kashmir al Sikkim e in Nepal, ad un’altitudine compresa tra 3500 e 4800 m. s.l.m..

Il suo habitat è quello in prossimità di sorgenti su rocce umide, dal limite del bosco agli ambienti di alta montagna dove predilige pendii umidi, relativamente meno esposti, esposti a nord-ovest.

Esistono due varietà di cui la varietà a foglia stretta si trova generalmente nella regione più elevata vicino a sorgenti, burroni rocciosi, pendii ripidi e su massi; la varietà a foglia larga si trova ad altitudini relativamente più basse sotto arbusti con condizioni umide e alto contenuto di humus.

Il termine Picrorhiza deriva dalle due parole greche pikrós “amaro” e ῥίζα «radice», in latino –rhiza. L’epiteto specifico kurroa è di origine incerta e molto probabilmente legato al nome vernacolare della pianta.

I costituenti attivi si ottengono dalla radice e dai rizomi. La pianta è auto-rigenerante, ma la raccolta eccessiva non regolamentata l’ha portata quasi all’estinzione. La radice è ricca di numerosi principi attivi tra cui: glucosidi iridoidi (picrosidi I, II, III e kutkoside); glucosidi fenolici (androsina e piceina); triterpeni cucurbitacinici; polisaccaridi.

Ben nota nella medicina ayurvedica, la Picrorhiza kurroa è stata tradizionalmente utilizzata per trattare i disturbi del fegato e delle vie respiratorie superiori, ridurre la febbre e trattare la dispepsia, la diarrea cronica. In effetti, la picrorhiza ha dimostrato un’attività protettiva nei confronti del danno epatico da tossici esogeni e da farmaci; viene pertanto usata come coadiuvante per proteggere il fegato dalle infezioni e dalle infiammazioni più tipiche, come l’epatite e dalle intossicazioni epatiche, oltre che dalla steatosi epatica; stimola anche i dotti biliari ed è indicata in caso di insufficienza epatobiliare. È indicata soprattutto nelle epatiti dovute al frequente uso di farmaci, di alcool o da virus. Si è dimostrata efficace anche nel combattere stasi biliare che si manifesta frequentemente con la colorazione giallognola della cute.

La pianta è inoltre indicata in caso di congestione nasale o problemi a carico del cavo orale. Le sue proprietà antisettiche, infatti, possono essere sfruttate per prevenire le infezioni della bocca e della gola, la febbre, l’influenza e la formazione di muco nei polmoni. Può quindi fungere, in maniera blanda, da espettorante e mucolitico in caso di disturbo legati alle malattie da raffreddamento. La sua maggiore attività, però, si riscontra a carico del fegato.

Come molte altre piante, tuttavia, anche la Picrorhiza può dare luogo a reazioni avverse ed effetti collaterali sui quali è bene porre molta attenzione; un suo eccessivo dosaggio può comportare diversi problemi a carico dell’intestino, come diarrea, flatulenza e gonfiore addominale. Sulla pelle, inoltre, potrebbe comparire rush cutaneo. Per questi motivi si consiglia sempre di avvalersi del supporto di un medico.

Redazione amaperbene.it

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