La logica delle disuguaglianze

I numeri delle disuguaglianze | Scuola

Il sistema educativo di istruzione e di formazione italiano è organizzato in base ai principi della sussidiarietà e dell’autonomia delle istituzioni scolastiche.

Lo Stato ha competenza legislativa esclusiva per le “norme generali sull’istruzione” e per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Lo Stato, inoltre, definisce i principi fondamentali che le Regioni devono rispettare nell’esercizio delle loro specifiche competenze.

Le Regioni hanno potestà legislativa concorrente in materia di istruzione ed esclusiva in materia di istruzione e formazione professionale.

Le istituzioni scolastiche statali hanno autonomia didattica, organizzativa e di ricerca, sperimentazione e sviluppo.

Asili nido[1]

I Comuni del Meridione spendono circa 400 euro per ogni bambino sotto i tre anni di età per servizi educativi per l’infanzia, laddove i comuni del Centro Italia spendono 1.500 euro per bambino; nel nord-est 1.345 euro, a nord-ovest 883 euro. Anche aggiungendo le spese (esigue per la verità) delle regioni, e il “bonus asilo nido”, il gap non si restringe, anzi. Nel complesso, al Centro nord si superano i 1600 euro per bambino, mentre al Sud si sfiorano al massimo i 600 euro. A livello provinciale il gap è ancora più sconcertante: passiamo dai 2.904 euro annui per bambino spesi della provincia di Bologna ai 23 euro annui di Vibo Valentia. Si nota inoltre chiaramente che al Sud la fetta di spesa gestita dalle associazioni è molto maggiore che al nord, dove grossa parte è in mano ai comuni.

Non stupisce, dunque, che solo il 15% dei bambini di 0-2 anni frequenti una forma di “asilo nido”, con picchi al ribasso nelle regioni meridionali.

La questione del lavoro femminile deve necessariamente tenere in considerazione questi numeri. L’asilo nido ancora non è percepito né utilizzato come servizio concreto alle famiglie per agevolare la partecipazione femminile al mondo del lavoro, specie nelle famiglie meno abbienti.

 

Notevoli divari di spesa si rilevano anche all’interno delle stesse province, in particolare fra i Comuni capoluogo e i Comuni dell’hinterland. I capoluoghi spendono in media 1.757 euro per bambino residente, mentre la spesa pro-capite media dei Comuni del resto delle province ammonta in media a 556 euro. Permangono comunque marcate differenze fra le aree centro-settentrionali e quelle meridionali del paese. Nelle province del Centro-nord la spesa pro-capite dei capoluoghi si attesta a 2.214 euro, a fronte di una spesa media per bambino di 0-2 anni pari a 748 euro nei Comuni non capoluogo.

Anche per quanto riguarda i beneficiari del “bonus asilo nido” nel 2020 si ritrovano forti disomogeneità territoriali, sempre a svantaggio delle regioni del Mezzogiorno. Un bambino sotto i 3 anni residente al Centro Italia riceve in media 210 euro, importo che al Nord-est e al Nord-ovest si attesta rispettivamente a 184 euro e a 164 euro, contro i 112 euro erogati nelle Isole e i soli 93 euro percepiti da un bambino che abita al Sud.

La pandemia ha chiaramente esacerbato le differenze territoriali e riproposto il tema di un Paese a metà, caratterizzato da profondi divari.

Nel periodo 2019-2020 la quota di bambini da zero a tre anni che ha potuto usufruire dei servizi per l’infanzia offerti dai Comuni è stata del 19, 3% al Centro-Nord e del 6,4% al Sud, una differenza di ben 13 punti percentuali.

Ancora maggiore il divario in termini di spesa pro capite: 302 euro per bambino nel Sud a fronte di 1.227 nel Centro-Nord, cioè ben quattro volte in più.

Proprio della scuola e delle sue infrastrutture il Rapporto Svimez su l’Economia e la Società del Mezzogiorno presenta uno spaccato preoccupante, che racconta di un Paese in grave difficoltà. Pochi dati sono più che sufficienti.

Soffermandosi solo sulla scuola primaria, nel Mezzogiorno circa 650mila alunni (79% del totale) non beneficiano di alcun servizio mensa (la percentuale della scuola primaria in Italia senza servizio mensa è del 57,9%, 46,5% al Centro-Nord e 78,8% al Sud).

In Campania se ne contano 200mila (87%), in Sicilia 184mila (88%), in Puglia 100mila (65%) e in Calabria 60mila (80%). Anche nelle regioni del Centro-Nord la situazione non è delle migliori: gli allievi senza mensa sono 700mila, il 46% degli studenti.

Male anche sul fronte palestre: 550mila alunni delle scuole primarie del Mezzogiorno, il 66,2%, non frequentano scuole dotate di una palestra, contro il 54,2% del Centro-Nord.

Solo la Puglia presenta una buona dotazione mentre registrano un netto ritardo la Campania (170mila allievi senza, 73% del totale), la Sicilia (170mila, 81%), la Calabria (65mila, 83%). Nel Centro-Nord gli allievi senza palestra corrispondono al 54%. Situazione leggermente migliorativa, ma comunque allarmante, riguarda invece la dotazione di palestre per le scuole secondarie di I e II grado. Ma il dato più preoccupante è senza dubbio quello legato al tempo pieno e alle ore “perse” delle bambine e dei bambini del Sud rispetto ai loro coetanei del Centro-Nord. Infatti nel Mezzogiorno solo il 18% circa degli allievi accede al tempo pieno, rispetto al quasi 50% del Centro-Nord. Si può argomentare che lo scarso ricorso al tempo pieno sia legato a fattori economici (alta disoccupazione, soprattutto femminile) e culturali che producono una scarsa adesione a questo servizio offerto dalla scuola. Ma il vero punto è che molto spesso la scuola non è in grado di offrire un servizio adeguato soprattutto per mancanza di infrastrutture idonee allo scopo (mense per l’appunto…), con il risultato di scoraggiare l’adesione delle famiglie. Il risultato finale è che gli allievi della scuola primaria nel Mezzogiorno frequentano mediamente 4 ore di scuola in meno a settimana rispetto a quelli del Centro-Nord. La differenza tra le ultime due regioni (Molise e Sicilia) e le prime due (Lazio e Toscana) è su base annua di circa 200 ore. Considerando un ciclo scolastico intero (5 anni), gli alunni di Molise e Sicilia perdono circa 1000 ore che corrisponde a circa il monte ore di un anno di scuola primaria.

 

La Svimez sempre nel suo Rapporto del 2022, segnala che un minore meridionale su tre, nella fascia di età tra i 6 e i 17 anni, è in sovrappeso mettendo in relazione questo dato anche con l’assenza di possibilità di fare sport a scuola.

 

E che dire dell’edilizia scolastica? Anche se negli ultimi 5 anni quasi il 60% degli edifici ha beneficiato di interventi di manutenzione straordinaria, nel 2021, tre edifici scolastici su dieci necessitano ancora di interventi di manutenzione straordinaria. Lo denuncia la XXII edizione di “Ecosistema Scuola”, il rapporto[2] curato da Legambiente che analizza la qualità dell’edilizia scolastica e dei servizi scolastici, passando in rassegna 5.616 edifici in 94 capoluoghi di provincia. Particolarmente preoccupante la situazione al Sud e nelle Isole, dove il dato sale rispettivamente al 36,8 e 53,8%. Le amministrazioni del Sud dichiarano che quasi il 37% delle scuole necessita di interventi urgenti, mentre quelle delle Isole hanno urgenza di intervenire su oltre la metà degli edifici e al Nord nel 23% dei casi. Secondo il rapporto, soltanto il 4,2% delle scuole risulta in classe energetica A mentre il 74,8% è fermo nelle tre ultime classi energetiche.

Anche la media di fondi stanziati a edificio per la manutenzione straordinaria vede un incremento medio di circa 6 mila euro a scuola passando da circa 28mila euro del 2019 a poco più di 34mila euro del 2021, ma sempre dentro una forbice che vede il Centro-Nord investire mediamente sopra i 35 mila euro, mente il Sud e le Isole sotto i 20mila euro. Dai dati che ci ritornano dal campione oggetto della ricerca, il fabbisogno di interventi per le scuole dell’Italia meridionale è molto più consistente, per cui il parametro della distribuzione dei fondi in base alla popolazione scolastica e al GAP infrastrutturale non risulta adeguato a svolgere il ruolo perequativo a cui sono destinati. Ad esempio, sui 5.616 edifici oggetto dell’indagine 274 sono in zona sismica 1, di questi ben 199 in Comuni siciliani dove solo 8 risultano costruiti secondo le tecniche antisismiche, su 2 sono stati realizzati interventi di adeguamento sismico e solo su 111 è stata effettuata la verifica di vulnerabilità sismica. Una realtà che non si può ignorare e su cui bisogna intervenire urgentemente, se pensiamo che in termini assoluti queste scuole sono frequentate ogni giorno da 51.066 studenti.

 

[1] Il Sole24ore – Quanto spendono i comuni per gli Asili nido: dai 2.904 euro di Bologna ai 23 euro di Vibo Valentia. 9 Settembre 2022 – https://www.infodata.ilsole24ore.com/2022/09/09/quanto-spendono-i-comuni-per-gli-asili-nido-dai-2-904-euro-di-bologna-ai-23-euro-di-vibo-valentia/

[2]  LegAmbiente: XXII Rapporto nazionale sulla qualità degli edifici e dei servizi scolastici – Ecosistema Scuola – https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2023/01/Ecosistema-Scuola_2023.pdf

Prof. Giuseppe Castello

Giuseppe Castello è nato a Caposele [AV] il 06 agosto 1949. Ha studiato Medicina & Chirurgia presso l'Università degli Studi di Napoli dove si è laureato nel 1974. Leggi di più...

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