Pericolosità dell’esposizione ai PFAS

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L’esposizione ai PFAS (sostanze per- e polifluoroalchiliche) in Italia è un problema di crescente preoccupazione, con la contaminazione riscontrata in quasi tutte le regioni italiane, con una maggiore criticità in Veneto, Liguria, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Emilia Romagna, Calabria e Piemonte.
I PFAS (acronimo inglese di “perfluorinated alkylated substances” ovvero “sostanze perfluoroalchiliche”) sono una vasta classe di composti chimici sintetici (oltre 4000) costituiti da catene di atomi di carbonio a lunghezza variabile legate a atomi di fluoro e ad altri gruppi funzionali; sono composti chimici sintetici molto persistenti, utilizzati in molti prodotti per conferire resistenza a grassi, acqua e calore. Si tratta infatti di sostanze idrorepellenti e oleorepellenti. anche chiamati “inquinanti eterni” perché non si degradano facilmente nell’ambiente. Si trovano ormai dappertutto: dalle pentole antiaderenti, a indumenti e scarpe impermeabili, fino ad alcuni imballaggi alimentari. In particolare, li si ritrovano
- nell’acqua potabile ed in vari alimenti, come pesce e frutti di mare, frutta, carne e prodotti con carne;
- nei prodotti ad uso domestico per conferire proprietà antiaderenti alle superfici interne delle pentole. Alcuni PFAS sono utilizzati in detergenti, lucidanti per pavimenti e vernici al lattice, come emulsionanti, tensioattivi o agenti umettanti. Inoltre, alcuni PFAS sono utilizzati alla fine del processo di produzione per trattare tessuti, rivestimenti, tappeti e pelle per conferire resistenza all’acqua, all’olio, al suolo e alle macchie;
- negli articoli medicali per impianti/protesi mediche e per prodotti come teli e camici chirurgici in tessuto non-tessuto per renderli impermeabili ad acqua e olio e resistenti alle macchie;
- nella placcatura di metalli;
- nella lavorazione del petrolio e nella produzione mineraria;
- nella produzione di carte e imballaggi oleorepellenti e idrorepellenti nella produzione di tessuti, pelle, tappeti, abbigliamento e tappezzeria (ad es. Gore-Text®);
- nel settore aeronautico, aerospaziale e della difesa, per la produzione dei vari componenti meccanici;
- nel settore automobilistico, per migliorare i sistemi di erogazione del carburante e per prevenire infiltrazioni di benzina;
- nella produzione di cavi e cablaggi, grazie alla bassa infiammabilità;
- nell’edilizia, per rivestire materiali che diventino resistenti agli incendi o agli agenti atmosferici (come tessuti di vetro, piastrelle, lastre di pietra, cemento o metalli). Inoltre, sono utilizzati come additivi nelle pitture;
- nel settore elettronico, grazie alle proprietà dielettriche e idrorepellenti; sono usati come rivestimento antipolvere per la microelettronica (ad esempio i microfoni dei telefonini);
- nel settore energetico, per coprire collettori solari e migliorare la loro resistenza agli agenti atmosferici;
- nei prodotti antincendio, come schiume ed equipaggiamenti.
Negli ultimi anni i PFAS e i loro derivati sono stati sotto indagine per il loro effetto negativo sull’ambiente e sulla salute. Sono recenti le notizie diffuse circa la contaminazione dell’acqua destinata al consumo giornaliero in Veneto e Lombardia.
Purtroppo i PFAS possono penetrare nelle acque sotterranee se non ben gestiti durante i processi di lavorazione industriale, finendo per accumularsi anche nelle piante. Il rischio di ingresso nella catena alimentare, dunque, aumenta; assorbiti dal sangue possono avere effetti negativi sulla salute, come danni al fegato, malattie della tiroide, obesità, problemi di fertilità e aumento del rischio di alcuni tipi di cancro.
Recentemente il Tribunale di Vicenza ha stabilito che la morte di Pasqualino Zenere, operaio della Miteni, è stata causata dall’esposizione ai PFAS. Un verdetto senza precedenti in Italia, che apre la strada a possibili nuovi riconoscimenti giudiziari per le vittime di queste sostanze chimiche pericolose.
L’esposizione maggiore avviene attraverso ciò che mangiamo e beviamo. Per cercare di ovviare alla scarsità o addirittura all’assenza di controlli da parte delle istituzioni, a settembre e ottobre 2024 Greenpeace Italia ha realizzato la prima mappa in Italia della contaminazione da PFAS nelle acque potabili; sono stati raccolti in tutta Italia 260 campioni di acqua potabile in 235 città da Nord a Sud, alla ricerca di PFAS. L’indagine ha monitorato per la prima volta anche i livelli di contaminazione da composti ultracorti come il TFA o acido trifluoroacetico, un derivato fluorurato dell’acido acetico di formula CF3COOH, che a temperatura ambiente si presenta come un liquido incolore dall’odore pungente d’aceto, ed è un composto nocivo, corrosivo, pericoloso per l’ambiente.
“I risultati mostrano una diffusa presenza di questi composti inquinanti nelle reti acquedottistiche, con almeno tre campioni positivi per ogni Regione eccezion fatta per la Valle d’Aosta in cui sono stati prelevati solo due campioni. In 206 dei 260 campioni, pari al 79% del totale, è stata registrata la presenza di almeno una sostanza riconducibile al gruppo dei PFAS. Le maggiori criticità si registrano in quasi tutte le Regioni del Centro-Nord e in Sardegna. Scendendo nel dettaglio a livello regionale, elevati livelli si registrano in Lombardia, ad esempio in molti dei campioni prelevati a Milano, così come quelle di numerosi comuni del Piemonte (Torino, Novara, alcuni comuni dell’alessandrino, ma anche Bussoleno in Valle di Susa), del Veneto (comuni fuori dall’area rossa – zona nota da anni per essere tra le più contaminate d’Europa – come Arzignano, Vicenza, Padova e Rovigo), dell’Emilia-Romagna (Ferrara, Comacchio, Reggio Emilia), della Liguria (Genova, Rapallo, Imperia), della Toscana (Arezzo, Lucca, Prato), della Sardegna (Olbia, Sassari e Cagliari) e Perugia in Umbria. Le molecole più diffuse sono risultate il cancerogeno PFOA (nel 47% dei campioni), seguito dal composto a catena ultracorta TFA (in 104 campioni, il 40% del totale, il PFAS presente in maggiori quantità in tutti quei campioni in cui è stato rilevato) e dal possibile cancerogeno PFOS (in 58 campioni, il 22 % del totale). A oggi la presenza dei PFAS non è regolamentata nelle acque potabili nazionali e, solo tra un anno, a inizio 2026, entrerà in vigore in Italia la direttiva europea 2020/2184 che impone dei limiti normativi. I parametri di legge fissati a livello comunitario sono però stati superati dalle più recenti evidenze scientifiche e dalle valutazioni di importanti enti (ad esempio EFSA) tant’è che recentemente l’Agenzia europea per l’ambiente (EEA) ha dichiarato i futuri limiti inadeguati a proteggere la salute umana. Numerose nazioni europee (Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Svezia e regione belga delle Fiandre) e gli Stati Uniti hanno già adottato limiti più bassi. In base quindi alle nostre evidenze, in Italia milioni di persone ricevono nelle loro case acqua che in altre nazioni non è considerata sicura per la salute. Confrontando i risultati con i valori vigenti in altri Paese, è emerso, ad esempio, che il 41% dei campioni analizzati supera i parametri danesi e il 22% supera i valori di riferimento negli Stati Uniti. È paradossale che di fronte a prove inconfutabili circa i danni sanitari dei PFAS (alcuni sono noti per essere cancerogeni) e la diffusa contaminazione che interessa le acque potabili italiane il nostro governo continui a non intervenire su questa emergenza, non tutelando efficacemente salute e ambiente. Ancora oggi non esiste nel nostro Paese una legge che vieti l’uso e la produzione dei PFAS. Azzerare questa contaminazione è un imperativo non più rinviabile per governo e parlamento. Il governo Meloni non può continuare a nascondersi dietro un silenzio assordante. La popolazione ha diritto a bere acqua pulita e non contaminata”.
Vedi anche:
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Molte sostanze chimiche tossiche penetrano nel corpo umano attraverso gli imballaggi alimentari