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I PFAS, o sostanze per- e polifluoroalchiliche, sono composti chimici ampiamente utilizzati in vari prodotti di consumo e applicazioni industriali. Sono noti per la loro resistenza alla degradazione e la capacità di accumularsi nell’ambiente e nel corpo umano. Sono spesso definiti “sostanze chimiche per sempre” o “forever chemicals” o “inquinanti eterni” per la loro persistenza.
Venti scienziati esperti di Pfas e provenienti da 18 istituti e università di tutto il mondo denunciano i tentativi di modificare la definizione chimica degli inquinanti eterni. E lo fanno in una dichiarazione pubblicata su Environmental Science & Technology Letters, segnalando le iniziative, in particolare, dell’International union of pure and applied chemistry (Iupac), l’Unione internazionale di chimica pura e applicata.
“La definizione di Pfas dell’Ocse, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, è scientificamente fondata, univoca e adatta a identificare queste sostanze chimiche. Siamo preoccupati – scrivono i venti scienziati – che alcuni individui e organizzazioni stiano cercando una ridefinizione dei Pfas”. Nel 2021, l’Ocse ha definito i Pfas come “sostanze fluorurate che contengono almeno un atomo di carbonio metilico o metilenico completamente fluorurato, ovvero, con alcune eccezioni, qualsiasi sostanza chimica con almeno un gruppo metilico perfluorurato o un gruppo metilenico perfluorurato”. Questa definizione è arrivata in seguito a “un processo trasparente, scientifico e sottoposto a revisione paritaria che ha coinvolto esperti di Pfas provenienti dal mondo accademico, dagli enti regolatori e dall’industria chimica”, ma si basa sulle caratteristiche molecolari di queste sostanze e non indica come i Pfas debbano essere regolamentati. Il riferimento è a un progetto lanciato dall’Iupac con l’obiettivo di fornire una definizione “rigorosa” di queste sostanze, che potrebbe portare a “escludere alcuni sottogruppi di sostanze chimiche fluorurate come i gas fluorurati, l’acido trifluoroacetico, ossia il Tfa (il Pfas – indistruttibile – più diffuso al mondo) o i polimeri dall’ambito di applicazione della definizione più ampia esistente”.
E si segnala anche il ruolo del co-presidente del progetto, il professor Pierangelo Metrangolo del Politecnico di Milano che, nel suo ricco curriculum, vanta anche collaborazioni con l’industria dei polimeri e, in particolare, con l’ex Solvay, coinvolta nel processo per disastro ambientale colposo da inquinamento da Pfas attribuito al polo industriale di Spinetta Marengo.
Sara Valsecchi (Cnr): “Temiamo azioni motivate da ragioni politiche ed economiche” – Tra i firmatari della dichiarazione anche l’italiana Sara Valsecchi dell’Istituto di ricerca sulle acque del Cnr. Si tratta della stessa scienziata che, nella primavera del 2011, insieme al collega Stefano Polesello iniziò una raccolta di campioni d’acqua di alcuni fiumi che li avrebbe portati fino al Vicentino, nell’area dell’azienda chimica Miteni di Trissino, dove trovarono concentrazioni così elevate di Pfas, che i valori erano fuori scala rispetto a quelli fino a quel momento disponibili nella letteratura scientifica.
Al momento, l’Iupac non ha ancora approvato nulla. “Temiamo, però, che questo sforzo e il progetto portato avanti sia motivato da ragioni politiche o economiche, piuttosto che scientifiche. Una definizione di Pfas – spiega Sara Valsecchi a ilfattoquotidiano.it – approvata dalla Iupac e potenzialmente più ristretta potrebbe conferire un’indebita legittimità all’approvazione da parte di un’organizzazione scientifica riconosciuta a livello mondiale e, di conseguenza, influenzare gli enti normativi ad adottare politiche meno protettive”. Significativa la descrizione del progetto iniziato circa un anno fa e che si può leggere sul sito dell’Iupac, nella quale si ricorda la proposta di divieto della Commissione Europea, a partire dal 2026, seguendo proprio la definizione di Pfas raccomandata dall’Ocse nel 2021. “Tale restrizione – scrive a chiare lettere l’Iupac – impedirebbe di fatto l’uso di oltre 9mila sostanze chimiche di sintesi, inclusi molti prodotti farmaceutici essenziali, e sembra quindi difficilmente fattibile”.