Il DDT causa contaminazioni ambientali di lunga data

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Il DDT è stato ampiamente utilizzato in passato per combattere la malaria e come insetticida agricolo. L’ultima esposizione significativa al DDT in Italia è avvenuta nel 1978, quando il suo uso è stato vietato ufficialmente nel paese con il Decreto Ministeriale dell’11 ottobre. Tuttavia, sebbene l’uso sia terminato nel 1978, è possibile che ci siano state esposizioni residuali, anche se minime, dovute a prodotti contenenti residui del DDT o a causa di contaminazioni ambientali di lunga data.
Oggi, grazie ad un articolo di Benedetta Pagni edito da UNIVADIS – Medscape qui riportato, che ripropone i risultati di uno studio estremamente interessante condotto da Weijian Tian e coll., veniamo a scoprire che l’esposizione al DDT e ai suoi sottoprodotti metabolici è associata a un aumento del 12% del rischio di sviluppare diabete di tipo 2 (DT2), secondo una nuova metanalisi sistematica che ha analizzato 13 studi epidemiologici condotti in diverse regioni del mondo. La ricerca ha identificato il diclorodifenildicloroetilene (DDE), il principale metabolita del DDT, come il biomarcatore più fortemente correlato al rischio di DT2, con un’associazione particolarmente significativa osservata in Svezia, Stati Uniti e Cina. Un risultato che suggerisce come l’esposizione a lungo termine a questi inquinanti organici persistenti possa contribuire allo sviluppo della resistenza insulinica e alle alterazioni metaboliche caratteristiche del diabete attraverso meccanismi che coinvolgono l’alterazione endocrina e l’interferenza con i pathway di segnalazione dell’insulina a livello cellulare e tissutale.
CONTESTO
- Il DDT è un pesticida organoclorurato utilizzato estensivamente dal 1940 per combattere malattie trasmesse da vettori come malaria e febbre tifoide, oltre che per il controllo di parassiti agricoli, producendo diversi sottoprodotti metabolici tra cui diclorodifenildicloroetilene (DDD), diclorodifenildicloroetano (DDE), e varie forme isomeriche che persistono nell’ambiente per decenni a causa delle loro proprietà di lipofilicità, stabilità, persistenza, bioaccumulo e biomagnificazione. Questi composti organoclorurati rappresentano una classe di inquinanti ambientali particolarmente preoccupante per la salute pubblica a causa della loro capacità di accumularsi nei tessuti adiposi degli organismi viventi e di trasferirsi attraverso la catena alimentare, mantenendo la loro tossicità per periodi prolungati.
- Il DT2 rappresenta il 90-95% di tutti i casi di diabete. Secondo le ultime stime della International Diabetes Federation, si prevede che entro il 2045 un adulto su otto (circa 783 milioni) avrà il diabete, con oltre il 90% di questi casi rappresentati dal DT2, rendendolo una delle emergenze sanitarie globali in più rapida crescita di questo secolo. Questa condizione cronica comporta costi sanitari enormi e rappresenta una delle principali cause di morbidità e mortalità a livello mondiale, con diverse complicanze – malattie cardiovascolari, neuropatie, nefropatie e retinopatia diabetica.
- Le evidenze epidemiologiche emergenti suggeriscono che l’esposizione al DDT può agire come un fattore di rischio per il DT2, probabilmente mediato attraverso i suoi effetti deleteri sui pathway di segnalazione dell’insulina. Altre ricerche mostrano un’associazione tra DDT con i suoi metaboliti e la compromissione della funzione pancreatica, inclusa la ridotta espressione proteica di geni associati alla risposta allo stress iperglicemico nelle cellule β pancreatiche. Gli studi sperimentali hanno inoltre evidenziato come l’esposizione cronica a questi inquinanti organici persistenti può interferire con i meccanismi di regolazione metabolica a livello cellulare, alterando la sensibilità insulinica e promuovendo processi infiammatori che contribuiscono allo sviluppo della resistenza insulinica.
METODOLOGIA
- I ricercatori hanno condotto una revisione sistematica e metanalisi seguendo le linee guida PRISMA (Preferred Reporting Items for Systematic Reviews and Meta-Analyses). Il protocollo di studio è stato sviluppato per minimizzare il rischio di bias nella selezione e nell’analisi degli studi, definendo chiaramente i criteri di inclusione ed esclusione, le strategie di ricerca e i metodi di estrazione dei dati.
- L’analisi ha incluso un totale di 13 studi epidemiologici pubblicati tra il 2007 e il 2024 condotti in diversi paesi tra cui Svezia (3 studi), Corea (2 studi), Stati Uniti, Cina (4 studi), India, Algeria, Francia e Norvegia. La ricerca bibliografica è stata condotta utilizzando banche dati elettroniche come PubMed, Embase, Web of Science e Cochrane Library, limitata a pubblicazioni in lingua inglese e cinese.
- Gli studi hanno utilizzato come biomarcatori il DDT e i suoi sottoprodotti metabolici (DDD, DDE, DDT, o,p’-DDT, p,p’-DDD, o,p’-DDD, p,p’-DDE, e o,p’-DDE) misurati in campioni biologici di siero, plasma, sangue intero e tessuto adiposo, con diagnosi di DT2 confermata secondo criteri standard internazionali (glicemia a digiuno ≥7,0 mmol/L, glicemia a 2 ore ≥11,1 mmol/L dopo test di tolleranza al glucosio orale o HbA1c ≥6,5%). I metodi di laboratorio per la determinazione dei livelli di DDT e metaboliti includevano principalmente cromatografia gassosa accoppiata a spettrometria di massa (GC-MS) e cromatografia liquida ad alta prestazione (HPLC).
- La qualità metodologica degli studi inclusi è stata valutata sistematicamente utilizzando il Risk Of Bias In Non-randomized Studies of Exposure (ROBINS-E). Lo strumento, progettato per studi epidemiologici osservazionali, valuta gli effetti delle esposizioni ambientali sui risultati di salute. La maggior parte degli studi hanno mostrato un basso rischio di bias. I domini di valutazione dei bias hanno incluso: confondimento, selezione dei partecipanti, classificazione dell’esposizione, deviazioni dalle esposizioni previste, dati mancanti, misurazione degli outcome e selezione dei risultati riportati.
CONCLUSIONI
- L’esposizione al DDT e ai suoi sottoprodotti è risultata significativamente associata a un aumentato rischio di sviluppare DT2, con un odds ratio [OR] complessivo di 1,12 (IC 95%, 1,08-1,15; I² = 40%; p < 0,05), indicando un aumento del 12% del rischio relativo per le persone esposte a questi inquinanti organici. Questa associazione statisticamente significativa ha mostrato una relazione dose-risposta coerente tra i livelli di esposizione al DDT e l’incidenza del DT2, suggerendo un potenziale ruolo causale di questi composti organoclorurati nello sviluppo della patologia metabolica.
- L’analisi dei sottogruppi, stratificata per inquinanti, ha identificato il DDE come il principale responsabile dell’associazione con il DT2, mostrando un OR di 1,13 (IC 95%, 1,09-1,17; I² = 58,5%), rappresentando la fonte principale di eterogeneità tra gli studi analizzati. Il DDE, caratterizzato da una maggiore persistenza ambientale e bioaccumulo rispetto al composto originario, ha dimostrato la correlazione più forte e consistente con lo sviluppo del DT2, suggerendo che gli effetti metabolici deleteri possano essere mediati principalmente attraverso l’esposizione cronica a questo specifico sottoprodotto.
- Le associazioni positive tra DDT o i suoi sottoprodotti e il DT2 sono state osservate consistentemente in diverse popolazioni geografiche, con risultati particolarmente significativi in Svezia (OR = 1,63; IC 95%, 1,04-2,22; I² = 4,0%), Stati Uniti (OR = 3,64; IC 95%, 2,37-4,91; I² = 0%) e Cina (OR = 1,12; IC 95%, 1,08-1,16; I² = 10,6%). Queste variazioni geografiche nell’entità dell’associazione potrebbero riflettere differenze nei pattern di esposizione storica al DDT, nelle caratteristiche genetiche delle popolazioni, nei fattori ambientali concomitanti e nelle metodologie di misurazione utilizzate negli studi condotti in diverse regioni del mondo.
- L’analisi di sensibilità ha confermato la robustezza dei risultati principali attraverso strategie di validazione, mentre i test di Egger e Begg hanno rilevato la presenza di bias di pubblicazione e effetti di piccoli studi (p < 0,05).
IN PRATICA
“La revisione sistematica e metanalisi offe una prova quantificabile di una correlazione positiva tra l’esposizione al DDT o ai suoi sottoprodotti e un rischio più elevato di sviluppare il DT2,” hanno scritto gli autori dello studio.
FONTE
Lo studio è stato condotto da Weijian Tian, Shenzhen Nanshan Center for Disease Control and Prevention, Shenzhen, Cina, e dalla School of Public Health (Shenzhen), Sun Yat-sen University, Cina. È stato pubblicato online il 6 ottobre su Frontiers in Endocrinology.
LIMITI
La ricerca ha incluso letteratura in inglese o cinese, limitando potenzialmente la rappresentatività globale dei risultati e introducendo un bias di selezione linguistica. Un bias che potrebbe aver escluso studi da altre regioni geografiche, particolarmente da paesi in via di sviluppo dove l’uso del DDT potrebbe essere stato più intensivo o prolungato nel tempo. Gli autori riconoscono che alcuni importanti fattori confondenti – fattori socioeconomici, stili di vita, esposizioni occupazionali concomitanti e variabili genetiche – non sono stati inclusi e analizzati, il che potrebbe aver influenzato la validità delle associazioni osservate.
Tian W, Bai S, Xie T, Zha H, Yan Z, Zhang S, Wu N, Yuan J, Luo H, Xie Q, Jiang Y. Association between DDT or its byproducts and T2DM: a systematic review and meta-analysis. Front Endocrinol (Lausanne). 2025 Oct 6;16:1634292. doi: 10.3389/fendo.2025.1634292. PMID: 41122718; PMCID: PMC12536502.



