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Dagli uccelli alle mucche e oltre, il virus dell’influenza aviaria

Pillola di conoscenza

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L’influenza aviaria

L’influenza aviaria è una malattia infettiva contagiosa altamente diffusiva, dovuta a un virus influenzale di ceppo A (orthomyxovirus), che colpisce diverse specie di uccelli selvatici e domestici, con sintomi che possono essere inapparenti o lievi (virus a bassa patogenicità), oppure gravi e sistemici con interessamento degli apparati respiratorio, digerente e nervoso e alta mortalità (virus ad alta patogenicità).

I virus influenzali

I virus influenzali appartengono alla famiglia delle Orthomixoviridae, virus a RNA a singolo filamento a polarità negativa ((-)ssRNA) che comprende sette generi di virus, identificati attraverso le differenze nelle loro nucleoproteine e nella proteina matrice. I primi quattro generi rappresentano i virus che provocano l’influenza nei vertebrati come gli uccelli (in questo caso si parla di influenza aviaria), gli umani ed altri mammiferi.

Dei quattro tipi differenti virus influenzali,

  • i virus tipo A: circolano sia nell’uomo che in altre specie animali e sono ulteriormente suddivisi in sottotipi, distinti in base alle differenze tra le proteine di superficie: emagglutinina (HA) e neuramminidasi (NA), verso le quali si indirizza la risposta immunitaria dei soggetti infettati o vaccinati;
  • i virus tipo B: sono presenti solo nell’uomo e non esistono sottotipi distinti nell’ambito delle loro proteine di superficie HA e NA;
  • i virus tipo C: danno una infezione generalmente asintomatica o simile al raffreddore comune;
  • i virus tipo D: sono stati identificati recentemente e isolati solo nei suini e nei bovini.

I primi due sono responsabili della sintomatologia influenzale classica; il tipo C ha scarsa rilevanza clinica (generalmente asintomatico); del tipo D non è ancora chiara la possibilità, la cui possibilità di infettare l’uomo.

I virus della specie Influenza A

I virus della specie Influenza A sono ulteriormente classificati in base alle proteine superficiali HA (o H) e NA (o N). Sono stati identificati diciotto sottotipi (o sierotipi) H e undici sottotipi N del virus Influenza A. i ceppi influenzali che vengono isolati sono identificati tramite una nomenclatura standard attraverso la quale viene indicato il tipo di virus, la localizzazione geografica dove è stato isolato per la prima volta, il numero sequenziale di isolamento, l’anno di isolamento e i sottotipi HA e NA. Alcuni esempi di questa nomenclatura sono:

  • A/Moscow/10/99 (H3N2)
  • B/Hong Kong/330/2001

I virus di tipo A sono i più virulenti patogeni umani tra i tre tipi di influenza e provocano le patologie più gravi. I sierotipi che sono stati confermati nell’uomo, ordinati dal numero di decessi sono:

  • Virus dell’influenza A sottotipo H1N1 che causò la “spagnola”, che infettò nel 1918 circa 500 milioni di persone in tutto il mondo e portò alla morte tra i 50 e i 100 milioni di persone, pari al 3%-5% della popolazione mondiale dell’epoca. Ciò la rese una delle pandemie più mortali della storia umana
  • Virus dell’influenza A sottotipo H2N2 che causò l'”asiatica”
  • Virus dell’influenza A sottotipo H3N2 che causò l'”influenza di Hong Kong”
  • Virus dell’influenza A sottotipo H5N1 è una minaccia pandemica nella stagione influenzale 2006-7
  • Virus dell’influenza A sottotipo H7N7 ha un potenziale zoonotico
  • Virus dell’influenza A sottotipo H1N2 è endemica negli umani e nei suini
  • Virus dell’influenza A sottotipo H9N2, Virus dell’influenza A sottotipo H7N2, Virus dell’influenza A sottotipo H7N3, Virus dell’influenza A sottotipo H10N7.

L’influenza aviaria

Identificata per la prima volta in Italia più di un secolo fa, l’influenza aviaria è una malattia degli uccelli causata da un virus dell’influenza di tipo A, che può essere a bassa o ad alta patogenicità. Diffusa in tutto il mondo, l’influenza aviaria è in grado di contagiare pressoché tutte le specie di uccelli, anche se con manifestazioni molto diverse, da quelle più leggere fino alle forme altamente patogeniche e contagiose che generano epidemie acute. Se causata da una forma altamente patogenica, la malattia insorge in modo improvviso, seguita da una morte rapida quasi nel 100% dei casi. La paura di una nuova pandemia, originata da un passaggio del virus aviario all’uomo, ha messo in moto una serie di misure straordinarie di prevenzione in tutto il mondo.

Riserve naturali dei diversi sottotipi di virus dell’influenza aviaria sono le anatre selvatiche, identificate come fonte di contagio per il pollame da allevamento (polli e tacchini), particolarmente suscettibile alla malattia. Nei Paesi asiatici, un ruolo preminente alla diffusione del virus è stato identificato nella vendita di pollame vivo ai mercati. Inoltre, i virus si possono trasmettere da azienda ad azienda tramite i mezzi meccanici, gli attrezzi e strumenti contaminati, le macchine, i mangimi, le gabbie, o perfino gli indumenti degli operatori.

I vari sottotipi sono stati classificati in due gruppi, per la capacità di dar luogo a sindromi più o meno gravi: virus HPAI (High Pathogenic Avian Influenza, influenza aviaria altamente patogenica) e virus LPAI (Low Pathogenic Avian Influenza, influenza aviaria a bassa patogenicità).

I virus di bassa patogenicità possono, dopo aver circolato anche per brevi periodi in una popolazione di pollame, mutare in virus altamente patogenici. Per esempio, secondo quanto riportato dall’OMS, nel corso dell’epidemia del 1983-1984 negli Stati Uniti, il virus H5N2 inizialmente causò bassa mortalità ma divenne poi, nei sei mesi successivi, altamente patogenico, con una mortalità vicina al 90%. Per controllare l’epidemia, in quel caso, fu necessario abbattere più di 17 milioni di uccelli, per un costo totale di quasi 65 milioni di dollari.

Si conoscono almeno quindici sottotipi di virus influenzali che infettano gli uccelli, anche se tutte le epidemie di influenza altamente patogenica sono state causate da virus di tipo A dei sottotipi H5 e H7. I virus del sottotipo H9 sono solitamente a bassa patogenicità. A seconda del tipo di proteina combinata con il virus (da N1 a N9), il virus acquisisce una denominazione diversa (H5N1, H7N2 ecc).

Tutti i virus influenzali di tipo A sono noti per l’instabilità genetica, in quanto sono soggetti a numerose mutazioni durante la replicazione del DNA e sono privi di meccanismi di correzione. Il fenomeno, definito di “deriva genetica”, genera cambiamenti nella composizione antigenica di questi virus. Una delle attività principali della sorveglianza influenzale è quindi quella dedicata al monitoraggio di questi cambiamenti, condizione di base per la scelta di una appropriata composizione vaccinale. Inoltre, i virus di tipo A possono andare incontro a riassortimenti del proprio materiale genetico, secondo un processo definito di “shift genetico”, che fa sì che vengano prodotti nuovi sottotipi virali diversi da quelli parentali, e capaci quindi di indurre la malattia anche in soggetti che siano stati preventivamente vaccinati contro i ceppi parentali.

Rischio di contagio per l’uomo

Dall’inizio della presente epidemia nelle zone del Sud-est asiatico, che ha preso il via nel corso del 2003, l’OMS ha lanciato un allarme a tutte le istituzioni internazionali a cooperare per attuare piani e azioni preventive per ridurre il rischio di passaggio all’uomo del virus aviario. Condizione essenziale perché virus che normalmente sono ospitati da animali diventino patogenici per l’uomo è che nel processo di riassortimento acquisiscano geni provenienti da virus umani, che li rendano quindi facilmente trasmissibili da persona a persona. I casi di influenza aviaria su uomo registrati nel corso del 2003 e 2004 sono invece casi di trasferimento diretto da pollame infetto a persone.

Dei 15 sottotipi di virus aviari, H5N1 circolante dal 1997, è stato identificato come il più preoccupante proprio per la sua capacità di mutare rapidamente e di acquisire geni da virus che infettano altre specie animali. Gli uccelli che sopravvivono a H5N1 lo rilasciano per un periodo di almeno 10 giorni.

Dall’inizio del 2003, H5N1 ha effettuato una serie di salti di specie, acquisendo la capacità di contagiare anche gatti e topi, trasformandosi quindi in un problema di salute pubblica ben più preoccupante. La capacità del virus di infettare i maiali è nota da tempo, e quindi la promiscuità di esseri umani, maiali e pollame è notoriamente considerata un fattore di rischio elevato.

Nelle epidemie recenti, a partire dal 2003, è stata documentata la capacità di questo virus di contagiare direttamente anche gli esseri umani, causando forme acute di influenza che in molti casi hanno portato a morte. Il rischio principale, che fa temere l’avvento di una nuova pandemia dopo le tre che si sono verificate nel corso del XX secolo (1918, 1957, 1968), è che la compresenza del virus aviario con quello dell’influenza umana, in una persona infettata da entrambi, faciliti la ricombinazione di H5N1 e lo renda capace di trasmettersi nella popolazione umana.

Influenza aviaria altamente patogena (HPAI H5N1) 

Il virus H5N1 che sta attualmente causando un’epidemia nel bestiame negli Stati Uniti è un particolare sottotipo di virus altamente infettivo, spesso mortale, negli uccelli selvatici e domestici. Questo virus è oggetto di attenzione a causa della sua alta patogenicità – ovvero elevata capacità di indurre malattia grave e elevati tassi di mortalità negli animali ospiti – e l’abilità di infettare occasionalmente anche gli esseri umani.

Anche nell’uomo, l’attuale tasso di mortalità è estremamente elevato: il 52% delle persone contagiate non sono sopravvissute all’infezione. Fortunatamente, le infezioni di influenza aviaria nell’uomo sono sporadiche e, a differenza di quanto accade con i ceppi dell’influenza di stagione, le persone possono contrarre l’influenza aviaria solo se esposte a diretto contatto con animali infetti o con materiale infetto. E’ bene precisare che fino ad oggi non è mai stata registrata una trasmissione di H5N1 da una persona infetta ad un altro essere umano. Per potersi trasmettere da uomo a uomo l’H5N1 dovrebbe subire numerose mutazioni e cambiare forma. Ad oggi, il virus non è stato in grado di evolversi in modo da potersi diffondere facilmente da una persona all’altra. Potrebbe farlo, prima o poi, o non farlo mai. I virus, d’altra parte, destano preoccupazione perché sono imprevedibili. Naturalmente, maggiore è il numero di specie di mammiferi infettate dal virus, maggiori sono le possibilità che questo si adatti e si diffonda un ceppo pericoloso per l’uomo.

Cronistoria dell’influenza aviaria (o infezione aviaria)

Ripercorriamo alcune delle tappe principali della storia e dell’evoluzione di questo virus:

  • 1959: Primo focolaio documentato di influenza aviaria altamente patogena (HPAI) in Scozia.
  • 1961: Individuazione di H5N3 in Sudafrica. Inizio della consapevolezza globale sulla variabilità dei sottotipi del virus dell’influenza aviaria.
  • 1996: Identificazione del virus H5N1 per la prima volta in una fattoria di oche nel sud della Cina. Questo ceppo sarà cruciale nei successivi decenni.
  • 1997: Emergenza di un focolaio di H5N1, primo caso umano di influenza aviaria, a Hong Kong. Il virus infetta 18 pazienti a stretto contatto con il pollame e in condizioni di scarsissima igiene. I morti sono sei. Nel giro di tre giorni tutti i polli di Hong Kong sono stati macellati per prevenire nuove pandemie.
  • A partire dal 2003, l’epidemia si estende a diverse nazioni asiatiche come Vietnam, Thailandia, e Indonesia, dove si stima abbia causato la morte o l’abbattimento di circa 150 milioni di volatili.
  • Febbraio 2005: l’OMS realizza il primo prototipo di vaccino contro l’H5N1.
  • 2005: Diffusione in Europa e Africa: Il virus H5N1 viene rilevato in uccelli selvatici in vari paesi europei e africani. La scoperta solleva preoccupazioni globali sulla possibilità di una pandemia influenzale.
  • Luglio 2005: l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) rende noti i costi della lotta al virus dei polli: 150 milioni di dollari per bloccare la sua diffusione nell’uomo, 100 per fermarla negli uccelli.
  • 2006: Focolai in Medio Oriente e Africa: Il virus continua a diffondersi, raggiungendo paesi come Nigeria, Egitto, e Turchia. Le misure di controllo includono la vaccinazione degli uccelli e il miglioramento delle pratiche di bio-sicurezza.
  • 2013: Un nuovo ceppo di influenza aviaria (H7N9) emerge in Cina, infettando persone e causando numerosi decessi. Questo ceppo è meno patogeno per gli uccelli, rendendone difficile il rilevamento iniziale.
  • 2014-2015: Il Nord America deve affrontare un’epidemia significativa di H5N2 e H5N8, che colpisce il pollame in Egitto e negli Stati Uniti, portando all’abbattimento di milioni di uccelli.
  • 2016-2017: Nuovi focolai di virus H5N8 colpiscono l’Europa, causando la morte di numerosi uccelli selvatici e domestici. Le autorità intensificano le misure di sorveglianza e controllo.
  • 2018-2019: Diversi ceppi di influenza aviaria, tra cui H5N6 e H7N9, continuano a circolare in Asia, con sporadici casi umani riportati. Le campagne di vaccinazione e la sorveglianza epidemiologica sono rafforzate.
  • A partire dal 2020una nuova forma altamente patogena del virus H5N1 emerge negli uccelli in Europa, diffondendosi rapidamente in tutto il mondo.
  • Nel 2021, Il virus H5N1 viene rilevato per la prima volta in Nord America e più precisamente in Canada.
  • Nel 2022, il virus viene rilevato per la prima volta negli Stati Uniti, negli uccelli selvatici della Carolina del Nord e del Sud. Nell’estate del 2022, centinaia di foche e foche grigie muoiono lungo la costa del Maine. Da allora, negli Stati Uniti le infezioni di H5N1 sono state trovate in circa una dozzina di specie, tra cui procioni, volpi, foche e orsi grizzly.
  • Nell’autunno del 2022, il virus si diffonde a sud in Messico e Colombia, fino a raggiungere il Perù dove provoca la morte di massa di pellicani lungo la costa e inizia a diffondersi ad altri uccelli e mammiferi marini. Migliaia di leoni marini muoiono in Perù e in Cile, le prime morti di leoni marini di massa conosciute per il virus.
  • Il virus aviario diffonde con ferocia negli uccelli, uccidendo centinaia di milioni di anatre, oche, pellicani, gru in tutti i continenti con la sola eccezione dell’Australia. La sua capacità di adattarsi ai mammiferi, con le mucche come possibile ultimo ospite, suscita preoccupazione per la sua sempre più prossima vicinanza all’uomo e la possibilità di diffusione tra gli esseri umani.
  • I ricercatori rilevano che questo nuovo ceppo H5N1 si è evoluto da H5N8, trovata pochi anni prima in Egitto, subendo cambiamenti significativi nell’ecologia e nell’evoluzione, producendo un sostanziale spostamento dell’epicentro dall’Asia – dove solitamente è endemico – all’Europa. La crescente persistenza di H5N1 negli uccelli selvatici in Europa ne facilita l’espansione geografica, accelerando la velocità di dispersione e aumentando il potenziale di riassortimento genetico.
  • La sorveglianza globale e le misure di biosicurezza vengono costantemente migliorate per prevenire nuove epidemie. Nuovi focolai vengono rilevati prontamente, e vengono intraprese azioni rapide per limitarne la diffusione.
  • Si conferma che al presente non esistono prove di trasmissione del virus H5N1 da uomo a uomo. Secondo le dichiarazioni dell’OMS, tra il 2003 e il 1 aprile 2024, è stato registrato un totale di 889 casi umani di influenza aviaria in 23 paesi, inclusi 463 decessi, portando il tasso di mortalità al 52%. La maggior parte dei pazienti è stata a stretto contatto con animali infetti e generalmente non ha trasmesso il virus ad altre persone.
  • All’inizio di aprile 2024 le autorità americane comunicano che una persona era risultata positiva all’influenza aviaria dopo essere stata contagiata da una mucca da latte in Texas. Restano molto rari i casi di trasmissione all’uomo. Un bambino di nove anni, portatore del ceppo H5N1, è morto di influenza aviaria in Cambogia a febbraio, dopo tre decessi nello stesso paese nel 2023. Negli Stati Uniti, il paziente aveva mostrato “arrossamento degli occhi (corrispondente alla congiuntivite), come unico sintomo”, hanno detto le autorità, aggiungendo che è stato isolato e trattato con un farmaco antivirale usato per l’influenza. Quando “si entra nella popolazione dei mammiferi, allora ci si avvicina agli esseri umani”, ha detto ancora Farrar, avvertendo che “questo virus è solo alla ricerca di nuovi ospiti. È una vera preoccupazione”. Farrar ha chiesto quindi di rafforzare il monitoraggio, avvertendo che è “molto importante capire quante infezioni umane si stanno verificando, perché è lì che avverrà l’adattamento del virus”. Ha inoltre affermato che sono in corso sforzi per lo sviluppo di vaccini e terapie per l’H5N1 e ha sottolineato la necessità di garantire che le autorità sanitarie regionali e nazionali di tutto il mondo abbiano la capacità di diagnosticare il virus, in modo che “se l’H5N1 arrivasse agli esseri umani, con trasmissione da uomo a uomo, il mondo sarebbe in grado di rispondere immediatamente”, ha concluso, sollecitando un accesso equo a vaccini, terapie e diagnostica.
  • L’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) e la European Food Safety Authority (EFSA) hanno espresso forte preoccupazione: “Se i virus dell’influenza aviaria A/H5N1 acquisissero la capacità di diffondersi tra gli esseri umani, potrebbe verificarsi una trasmissione su larga scala”. In piena pandemia, nel 2020, è inoltre comparsa una nuova variante di virus A/H5N1 (denominata 2.3.4.4b) che in breve è diventata dominante. Da allora, sono aumentati il “numero di infezioni ed eventi di trasmissione tra diverse specie animali”, si legge nel rapporto. Questi continui passaggi tra animali e specie diverse aumentano le occasioni in cui il virus può mutare o acquisire porzioni di altri virus che lo rendano più adatto a infettare i mammiferi. In realtà A/H5N1 ha già compiuto dei passi in questa direzione. Ha imparato a moltiplicarsi in maniera più efficace nelle cellule di mammifero e a sviare alcune componenti della risposta immunitaria. Ciò gli ha già consentito negli ultimi anni di colpire un’ampia gamma di mammiferi selvatici e anche animali da compagnia, come i gatti.
  • 2023-2024: In Italia, 11 nuovi focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità da sottotipo H5N1 vengono confermati in allevamenti di pollame nel periodo compreso da fine marzo 2023 a dicembre 2023. Nel 2024 è stato sinora confermato un solo focolaio nel mese di febbraio.
  • 2023: Il 27 giugno 2023, il National focal point della Polonia per l’IHR ha notificato all’OMS un insolito numero di decessi nei gatti in tutto il paese. All’11 luglio, sono stati testati 47 campioni prelevati da 46 gatti e un caracal in cattività, di cui 29 (62%) sono risultati positivi all’influenza A(H5N1). Si segnala che quattordici gatti sono stati soppressi e altri 11 sono morti, con l’ultima morte segnalata il 30 giugno. Per i gatti la fonte dell’esposizione al virus è attualmente sconosciuta e sono in corso indagini sull’epizoozia. L’analisi genomica di 19 virus sequenziati da questo focolaio ha mostrato che appartenevano tutti al clade H5 2.3.4.4b ed erano altamente correlati tra loro. A partire da giugno 2023, i virus del clade 2.3.4.4b sono diventati dominanti in Asia, Europa, Americhe e Africa.
  • 2024: A febbraio 2024 viene dato parere positivo da parte del Comitato per i medicinali di uso umano (CHMP) dell’Agenzia europea dei medicinali (EMA) all’approvazione di due vaccini per prevenire l’infezione da virus influenzale A/H5N1 in Unione Europea; si è in attesa del via libera della Commissione Europea.
  • 2024: Il 25 marzo 2024, i funzionari federali del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti hanno annunciato che un ceppo di influenza aviaria ad alta patogenicità è stato rilevato nelle mucche da latte. Inizialmente scoperti in aziende lattiero-casearie in Texas, Kansas e Nuovo Messico, al momento i focolai confermati negli allevamenti bovini americani sono 43, divisi tra nove stati.
  • 2024: si dimostra, in modelli animali, che il trattamento con farmaci antivirali come l’oseltamivir (Tamiflu) e il zanamivir (Relenza) limitano la replicazione virale e migliorano la sopravvivenza degli animali esposti ad infezione letale con H5N1. I dati osservazionali sul trattamento con oseltamivir nelle prime fasi della malattia suggeriscono che è utile per migliorare la sopravvivenza nei pazienti infetti da virus H5N1. L’OMS raccomanda quindi oseltamivir per il trattamento di casi confermati o sospetti di infezione umana H5N1 e profilassi di quelli ad alto rischio di infezione. Sono stati però identificati alcuni ceppi di H5N1 resistenti a questi farmaci.
  • 2024 maggio: Una “mortalità insolita” tra le foche grigie e le foche comuni nel più grande estuario del mondo, quello del fiume San Lorenzo nel Quebec, Canada, viene descritta da ricercatori dei CDC americani sulla rivista Emerging Infectious Diseases. Questo evento, risalente al 2022, viene attribuito a un’infezione da virus aviario H5N1 ad alta patogenicità (HPAI H5N1), lo stesso virus che ha suscitato preoccupazione globale per l’epidemia che ha colpito i bovini da latte in diversi stati degli Usa. Le analisi post-mortem su 15 esemplari hanno confermato l’infezione, e il virus è stato rilevato anche in 6 carcasse tramite tampone. In 16 dei 21 casi totali il virus è stato isolato con successo, e in 11 di questi sono stati identificati segnali di riassortimento genetico tra lignaggi euroasiatici e nordamericani.
  • 2024 maggio: Il primo caso umano di infezione da influenza aviaria A H5N1 viene segnalato dal Dipartimento della Salute nello Stato di Victoria, in Australia. Il paziente è un bambino che ha contratto l’infezione in India, prima di rientrare nello stato di Victoria. I sintomi si sono manifestati a marzo. Il virus è stato successivamente identificato attraverso test aggiuntivi su campioni influenzali positivi, effettuati nell’ambito di un programma di sorveglianza potenziata per rilevare nuovi ceppi di virus o ceppi di particolare interesse. Nonostante il caso riguardi il virus H5N1 ad alta patogenicità, non è lo stesso ceppo che ha causato epidemie negli Stati Uniti tra le mucche da latte e un caso umano in un lavoratore del settore lattiero-caseario. Infine, i funzionari sanitari hanno sottolineato che questa è la prima volta in assoluto che l’H5N1 viene rilevato in Australia, sia in una persona sia in un animale.

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Redazione amaperbene.it

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