Da sapere

Analfabetismo funzionale in Italia

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In Italia il tasso di alfabetizzazione “base” è molto alto (vicino al 99%), ma il problema principale è l’analfabetismo funzionale, che riguarda circa un terzo della popolazione adulta (il 27,9% o 27,7% secondo i dati più recenti), indicando difficoltà nella comprensione e nell’uso efficace delle informazioni scritte nella vita quotidiana. Questo dato è tra i più alti in Europa e limita le opportunità lavorative e la partecipazione alla società moderna.

L’analfabetismo funzionale non è la totale impossibilità di leggere e scrivere, ma l’incapacità di comprendere, valutare, usare e interagire con testi scritti per partecipare attivamente alla società, raggiungere i propri obiettivi, svolgere attività quotidiane.

Le persone con analfabetismo funzionale faticano con testi complessi, non riescono a cogliere nessi causali o a valutare informazioni, e le loro competenze sono spesso insufficienti per svolgere lavori che non siano puramente manuali.

Secondo i dati del Programma per la Valutazione delle Competenze degli Adulti (PIAAC) dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), il 27,9% della popolazione italiana tra i 16 e i 65 anni è analfabeta funzionale. Questo dato si riferisce al primo ciclo di rilevazione e conferma che l’Italia si trova tra i paesi europei con i più alti livelli di analfabetismo funzionale. Questo dato è paragonabile a quello della Turchia, che registra il 47%. Le nazioni nordiche, invece, hanno i migliori risultati, con la Finlandia al primo posto.

Il programma PIAAC misura le competenze della popolazione adulta (16-65 anni) attraverso prove che valutano la literacy (alfabetizzazione), la numeracy (capacità matematiche) e il problem-solving.

Punteggio medio nel dominio di literacy, numeracy e adaptive problem solving per Paese e macroarea italiana

Nota: Adulti 16-65 anni. Doorstep incluse. I Paesi e le economie sono ordinati per valori decrescenti del punteggio conseguito nei singoli domini.

Il valore medio di competenza ottenuto nel 2023 dalla popolazione residente in Italia, in tutti e tre i domini di analisi, è inferiore in modo significativo, a quello ottenuto nella media OCSE. Ciò nonostante, i residenti nel Nord e nel Centro d’Italia raggiungono dei valori, nel dominio della literacy, pari, in termini statistici, a quelli della media OCSE. Il Nord-est, inoltre, eguaglia la media OCSE anche nel dominio della numeracy. Le regioni del Mezzogiorno presentano, per tutti i domini, valori sempre significativamente inferiori alla media italiana e conseguentemente a quella OCSE. L’Italia presenta un punteggio medio di literacy di 245 punti, contro un valore medio di 260 punti registrato per la media dei Paesi OCSE partecipanti. I punteggi medi di literacy nel Nord-est (262), Nord-ovest (255) e Centro (253) si allineano con il punteggio medio OCSE, essendo le differenze non significative in termini statistici, mentre per il Sud (225) e le Isole (223) si evidenziano valori significativamente inferiori alla media OCSE. Sono dunque le regioni del Mezzogiorno a trainare il nostro Paese verso la parte bassa della graduatoria dei Paesi definita in funzione dei valori medi di competenza in literacy. Insieme all’Italia sono 14 i Paesi che hanno ottenuto punteggi inferiori alla media OCSE; tra questi Corea (249), Israele (244), Lettonia, (248), Spagna (247) e Ungheria (248) conseguono risultati statisticamente uguali alla media italiana, mentre Cile (218), Lituania (238), Polonia (236) e Portogallo (235) si posizionano al di sotto del punteggio del nostro Paese con risultati significativamente inferiori; i restanti sei Paesi conseguono risultati migliori rispetto al nostro Paese, ma comunque al di sotto della media OCSE.

Il punteggio medio italiano per il dominio di numeracy è pari a 244, di ben 19 punti inferiore a quello OCSE (263), ma superiore a quello rilevato in Cile (214), Polonia (239) e Portogallo (238) e statisticamente uguale a quello di Israele (246), Lituania (246) e Stati Uniti d’America (249). Anche nel caso della numeracy, i punteggi conseguiti nelle macroaree italiane risentono di forte variabilità: nel Nord-est il punteggio (263 punti) eguaglia la media OCSE; nelle altre macroaree i valori sono al di sotto di tale valore medio, infatti nel Nord-ovest il punteggio è di 253, nel Centro di 253, nel Sud di 223 e nelle Isole di 220. I risultati ottenuti nelle regioni del Mezzogiorno, oltre a essere ben al di sotto della media italiana, sono molto lontani dalla media OCSE (circa 40 punti di differenza), accostandosi al punteggio del Cile (214), economia certamente meno avanzata dell’Italia. I risultati ottenuti nel nostro Paese per il nuovo dominio di problem solving adattivo non sono confortanti e sono in linea con quanto già evidenziato per gli altri domini, confermando la posizione dell’Italia in coda alla classifica dei Paesi partecipanti a PIAAC nel 2023. Il valore medio italiano è 231, con 20 punti in meno della media OCSE (251). Anche in questo caso, si rileva una forte eterogeneità dei territori italiani, ma nessuna area del Paese presenta valori assimilabili alla media OCSE: il Nord-est (243) e il Nord-ovest (240) superano il valore medio nazionale; mentre le regioni del Centro (235) non si discostano significativamente da quest’ultimo; il Sud (215) e le Isole (213) con più di 15 punti al di sotto della media italiana e oltre 35 da quella dei Paesi OCSE, presentano valori non dissimili dal Cile (218), ultimo nel ranking dei Paesi partecipanti. Con l’obiettivo di facilitare la lettura e l’interpretazione dei risultati, sono definiti, a livello internazionale, i livelli di competenza che suddividono la scala di competenze, ossia i punteggi di competenza raggiunti dalla popolazione adulta nei tre domini di analisi, in termini discreti, tramite dei cutoff. Raggruppare gli adulti in livelli di competenza consente, da un lato di stimare la quota di persone che si collocano in un determinato livello, dall’altro di descrivere cosa gli adulti siano in grado di fare per ciascun livello (OECD 2024). In base a questa classificazione, gli individui che si attestano ad un livello “inferiore ad 1” o “pari ad 1” sono considerati adulti con ridotte competenze in ciascun dominio analizzato e vengono definiti low performer; al contrario gli adulti che si attestano ai livelli 4 e 5, nel caso della literacy e numeracy, o al livello 4, nel caso del problem solving adattivo, sono definiti high performer7. Anche adottando questa differente chiave di lettura, la situazione dell’Italia, nel contesto internazionale, non sembra migliorare, piuttosto il contrario (figura 2).

Nel dominio della literacy e nel dominio della numeracy il 35% (rispettivamente 34,7% e 35,3%) degli adulti in Italia è low performer (nella media OCSE i valori sono 26,1% per la literacy e 24,8% per la numeracy). Tale percentuale sale al 45,6% per quel che concerne il dominio di competenza del problem solving adattivo (29,3% nella media OCSE). Valori nettamente più esigui si osservano nel caso degli high performer: solo il 5,4% dei residenti in Italia raggiunge elevati livelli di competenze in literacy (11,6% nella media OCSE), il 6,2% in numeracy (13,9% nella media OCSE) e l’0,9% nel problem solving adattivo (5,0% nella media OCSE). Le quote di low performer nelle macroaree italiane hanno una rilevante variabilità con alcuni territori che raggiungono percentuali assimilabili a quelli relativi alla media OCSE, altri con percentuali tra le più alte riscontrate per tutti i Paesi ed economie prese ad esame. Nelle regioni centro-settentrionali la percentuale di adulti con esigue competenze in literacy non si discosta significativamente dalla media OCSE (sono il 30,3% nel Nord-ovest, il 27,5% al Centro e il 21,2% al Nord-est), ma aumenta significativamente per arrivare al 48,7% nel Sud e al 52,9% nelle regioni insulari. Per il dominio della numeracy, più della metà degli adulti residenti nel Sud e Isole è low performer (le quote sono rispettivamente 51,2% e 54,4%), la percentuale scende al 30,6% nel Nord-ovest, per arrivare a valori che eguagliano la media OCSE (24,8%) al Centro (26,8%) e al Nord-est (20,5%). Come anticipato, poco meno della metà della popolazione adulta residente in Italia è low performer nel dominio del problem solving adattivo, ma nel Nord-est la quota scende al 31,0%, valore anche in questo caso statisticamente in linea alla media OCSE. Si osservano quote più alte nel Nord-ovest (39,8%) e nel Centro (41,1%) ed elevatissime, superiori al 60% e in assoluto le più importanti tra tutti i Paesi e i territori considerati, nelle regioni del Sud e delle Isole (rispettivamente 60,4% e 62,4%). In sintesi, i divari territoriali, in termini di quote di popolazione con ridotti livelli di competenze, sono nettamente evidenti considerati i comportamenti delle regioni del Nord-est, simili a quelli rilevati, in media, per i Paesi ed economie OCSE, e preso atto che nelle regioni meridionali almeno la metà, se non una quota maggiore, degli adulti è low performer. Rivolgendo lo sguardo alla popolazione relativamente più competente, ossia agli adulti con performance elevate, come anticipato, in tutti i domini di analisi, le percentuali osservate nel nostro Paese sono significativamente inferiori alla media OCSE e ad altri Paesi ed economie. Nelle regioni del Nord-ovest gli high performer in literacy sono il 9,2% degli adulti, valore non dissimile alla media OCSE, la quota si riduce nel Nord-est e nel Centro (5,7% e 6,4%) ed è meno del 2% nelle regioni di Sud e Isole, non lontano da Cile e Lituania, ultimi tra i Paesi per quota di adulti high performer. La percentuale di high performer in numeracy resta significativamente inferiore a quella media OCSE per tutte le macroaree italiane, ma con intensità diversificata: il 9,3% nel Nord-ovest, l’8% circa nel Nord-est e nel Centro (7,9% e 7,5%), nonché il 2,1% nel Mezzogiorno. In tutte le macroaree italiane la quota di high performer in APS rimane significativamente al di sotto della media OCSE, con il valore più alto, pari a 1,7%, rilevato nel Nord-ovest.

Quanto sopra riportato ha un impatto negativo sulla competitività del sistema, sulla vita collettiva e sulla partecipazione politica.  L’analfabetismo funzionale limita le opportunità di lavoro, la partecipazione alla vita sociale e politica, la possibilità di orientarsi nella vita moderna.

La capacità di comprendere e utilizzare informazioni scritte è compromessa, limitando l’efficacia della formazione e delle procedure aziendali, specialmente nelle regioni meridionali. Questo fenomeno colpisce una parte significativa della popolazione, con effetti negativi sulla vita quotidiana, sulla capacità di prendere decisioni informate e sulla competitività nazionale.

Le persone affette da analfabetismo funzionale sono più esposte a intimidazione, disinformazione e stress, e sono meno in grado di comprendere i propri diritti e le informazioni sulla salute.

Le scarse competenze linguistiche e numeriche riducono le possibilità di trovare un lavoro dignitoso, con conseguenze negative sull’economia e sullo sviluppo personale.

Redazione amaperbene.it

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