Acetosa (Rumex acetosa)

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L’acetosa (Rumex acetosa L., 1753) è comunemente conosciuto con il nome di Romice, ma è detto anche “erba brusca” o “acetosa di pecora”. Rumex significa “lancia”, nome dovuto alla forma delle foglie che sembrano delle lance; mentre acetosa per il suo sapore che ricorda l’aceto.
È una pianta erbacea, infestante, perenne, rustica appartenente alla famiglia delle Poligonacee; è provvista di una grossa radice, dalla quale, in primavera, si sviluppa un fusto eretto, semplice leggermente scanalato o poco ramificato di colore rossastro che può raggiungere l’altezza di un metro. Le foglie sono a forma di lancia, a punta acuta e margine ondulato. Quelle alla base hanno un lungo gambo, mentre quelle del fusto ne sono prive. I fiori sono distinti in maschili, di colore rossiccio, disposti in fascetti su una piccola pannocchia di forma slanciata, e femminili. La fioritura inizia a fine primavera e dura tutta l’estate (da giugno ad agosto). Il frutto è secco e contiene un solo seme (achenio) di colore rosso-bruno.
La pianta è diffusa in tutta Italia, dal mare ai monti, in luoghi aperti e lungo i corsi d’acqua. Indicatrice di terreni ricchi di azoto. La pianta si può raccogliere tutto l’anno, anche radendo la piantina, in quanto la radice emetterà nuovamente.
Le foglie si raccolgono in primavera (marzo-aprile). La droga è costituita dalla pianta intera.
I suoi costituenti principali sono: ossalato di potassio e di calcio, vitamina C, tannini e derivati antrachinonici. Per quanto riguarda i minerali si trovano interessanti quantità di: ferro, magnesio, calcio, manganese, rame e zinco. Il marcato sapore acidulo è conferito dalla ricchezza di acidi organici; domina l’acido ossalico con concentrazioni che vanno da 300 a 500 mg/100 g.
Nella medicina popolare veniva impiegata per le cure primaverili depurative del sangue e per malattie cutanee. Come per le altre piante del genere Rumex, gode fama di depurativo, grazie alle proprietà stomachiche, blandamente lassative e diuretiche. Le foglie erano indicate in passato anche nel trattamento delle anemie microcitiche e ipocroniche in quanto ritenute ferrofissatrici.
L’acetosa è coltivata da secoli. Le foglie sono commestibili da giovani ma induriscono con la maturazione; possono essere frullate in zuppe e salse o aggiunte alle insalate. La pianta ha un sapore deciso e aspro.
In India le foglie vengono utilizzate nelle zuppe o nei curry a base di lenticchie gialle e arachidi. In Afghanistan, le foglie vengono ricoperte da una pastella e fritte, per poi essere servite come antipasto o, se sono di stagione, per rompere il digiuno durante il Ramadan. In Armenia, le foglie vengono raccolte in primavera, intrecciate e fatte essiccare per essere utilizzate durante l’inverno. La preparazione più comune è la zuppa di aveluk, in cui le foglie vengono reidratate e sciacquate per ridurne l’amarezza, quindi stufate con cipolle, patate, noci, aglio e bulgur o lenticchie e, talvolta, prugne acide.
In tutta l’Europa orientale e centrale, l’acetosella selvatica o dell’orto viene utilizzata per preparare zuppe acide, stufate con verdure o erbe aromatiche, carne o uova. Nella Grecia rurale viene utilizzata con spinaci, porri e bietole nella spanakopita.
La cucina francese cucina tradizionalmente il pesce con l’acetosa perché la sua acidità scioglie le sottili lische di pesce.
L’acetosa ha un sapore acidulo e si usa in aggiunta alle insalate fresche, agli spinaci e le verdure cotte in genere. Le foglie possono essere consumate fresche in piccole quantità. Si prepara anche una salsa per accompagnare pesce e carne; hanno un sapore gustoso anche per la crostata. I suoi benefici oltre che nutrizionali sono noti alla medicina tradizionale a base di erbe; contiene vitamine e minerali, tra cui: vitamina C, vitamina A, calcio, potassio, zinco, ossalato di ferro, acido ossalico e ferro. La varietà hortensis, che è quella coltivata, contiene meno ossalati.
Questa pianta veniva servita già ai tempi degli Egizi come digestivo a fine pasto alla mensa del Faraone. Molti autori, tra cui Virgilio, riportano che dai Romani veniva utilizzata sia in cucina, che come medicinale. Nel medioevo era usata per preparare minestre o insalate.
I cataplasmi delle foglie fresche sono un ottimo rimedio per le irritazioni della pelle e le punture di insetti; se sminuzzate e stese sulla pelle del viso, chiudono i pori dilatati e fanno scomparire i cosiddetti “punti neri”.
La radice, scavata dal terreno in autunno e posta in infusione o decotta, svolge azione lassativa e diuretica. In omeopatia vengono usate le radici per malattie cutanee, crampi e mal di gola.
Attenzione perché per il suo contenuto in ossalati è sconsigliato a chi soffre di calcoli renali ed epatici, e di disturbi gastrici ed intestinali.
Rumex acetosa L., Acetosa, non va confusa con l’Acetosella (Oxalis acetosella L.) pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Oxalidaceae. Le foglie contengono ossalato di potassio, mucillagine e vitamina A e C. Per l’elevata concentrazione in ossalato di potassio la Oxalis acetosella L. presenta le stesse controindicazioni dell’Acetosa.
Curiosità: l’Acetosa fa parte della famosa ricetta del decotto d’erbe di Renè Caisse, consigliata per favorire le funzioni depurative e drenanti dell’organismo. Nella ricetta sono presenti: radice di Arctium lappa (Bardana), – Rumex acetosa (Acetosa), – corteccia di Ulmus rubra (Olmo rosso nordamericano), – radice di Rheum palmatum (Rabarbaro).
Inoltre la si ritrova tra gli ingredienti del Bouillon aux Herbes, preparato che veniva dato ai soggetti affetti da alitosi, febbre e dopo una purga. Si preparava facendo cuocere 40 g di Acetosa, 20 g di Lattuga, 10 g di Bietola, 10 g di Cerfoglio in un litro di acqua; aggiungendo in seguito 2 g di sale e 5 g di burro fresco e poi passandola. A volte si aggiungeva del porro per correggere il sapore (Dict. Larousse).
“Come rimedio antiartritico si pestava la pianta fresca del romice Rumex acetosa L. con l’aggiunta di un cucchiaino di sale e un po’ di vino, oppure si facevano macerare in alcool per 5-6 giorni le foglie e le radici, l’alcool una volta filtrato era utilizzato per imbibire delle bende di cotone con le quali si fasciava la parte interessata. Il Romice sembra essere però un forte vescicatorio e per questo gli intervistati di Manfredonia e S. Salvatore hanno ricordato come il contatto con la pelle non doveva durare più di 5-10 minuti. A Mattinata l’acqua di decozione era utilizzata dalle donne per tingere le vesti di marrone. La pianta è conosciuta semplicemente come romice.” (Farmacopea popolare del Gargano, Natural 1 – maggio 2004)