Disturbi del comportamento alimentare hanno un impatto sulla salute che dura tutta la vita
Pillole di conoscenza

|
Getting your Trinity Audio player ready...
|
Uno studio pubblicato da BMJ Medicine a novembre 2025 suggerisce che i disturbi del comportamento alimentare (DCA) hanno un impatto grave e prolungato su tutti gli aspetti della salute di chi ne ha sofferto non solo nell’immediato ma anche a distanza di anni dalla diagnosi: e di questo è necessario tenere conto.
Che i DCA fossero associati a numerose complicanze fisiche, dall’osteoporosi a problemi cardiovascolari, renali o dermatologici era risaputo. Alcuni studi precedenti avevano misurato un aumento significativo di morbidità e mortalità, oltre a un aumentato rischio di suicidio. Ora si sa che le persone con diagnosi di disturbo alimentare affrontano rischi significativamente più elevati di complicanze fisiche, problemi di salute mentale e mortalità, non solo nell’immediato ma anche a distanza di anni dalla diagnosi.
Lo studio si è basato sul Clinical Practice Research Datalink, un vasto database inglese di cartelle cliniche elettroniche della medicina generale, collegato ai dati ospedalieri del Hospital Episode Statistics e ai registri di mortalità dell’Office for National Statistics. La popolazione studiata comprendeva 24.709 individui di età compresa tra 10 e 44 anni che avevano ricevuto per la prima volta una diagnosi di disturbo alimentare tra il 1° gennaio 1998 e il 30 novembre 2018. Questi pazienti sono stati confrontati con 493.001 individui di controllo appaiati per età, sesso e ambulatorio medico, senza storia di disturbi alimentari.
Il 14,5% dei pazienti aveva ricevuto diagnosi di anoressia nervosa, il 20,6% di bulimia nervosa, il 4,9% di disturbo da alimentazione incontrollata, mentre il 60% presentava codici diagnostici non specifici o riferibili ad altri disturbi alimentari. Il follow-up mediano è stato di 4 anni, con circa il 20% dei pazienti seguito per oltre 10 anni. L’89% dei partecipanti erano donne e circa due terzi avevano tra 10 e 24 anni al momento della diagnosi.
Gli esiti comprendevano condizioni fisiche come diabete, insufficienza renale ed epatica, osteoporosi e fratture, oltre a problemi di salute mentale quali depressione, ansia, disturbi di personalità, autolesionismo non fatale e mortalità per tutte le cause, suicidio e avvelenamento fatale. I ricercatori hanno poi stratificato i risultati per periodi di follow-up: primo anno, da uno a cinque anni e oltre cinque anni dalla diagnosi.
I rischi sono prolungati
Nel primo anno dalla diagnosi si riscontrano rischi diverse volte superiori alla media per l’insufficienza renale (hazard ratio HR 6,0; 95% IC 4,2-8,5) e patologia epatica (HR 6,7; 95% IC 3,8-11,7). Dopo cinque anni, questi rischi calano ma restano comunque elevati: il rischio di insufficienza renale era 2,6 volte maggiore e quello di patologia epatica 3,7 volte maggiore rispetto ai controlli. A oltre cinque anni dalla diagnosi il rischio di osteoporosi era oltre sei volte superiore (HR 6,1; 95% IC 4,9-7,5).
A dieci anni dalla diagnosi di DCA si registravano ancora, inoltre, 110 casi in eccesso di insufficienza renale e 26 di malattia epatica ogni 10.000 persone. Per quanto riguarda il diabete, il rischio di sviluppare la malattia a 10 anni dalla diagnosi risultava ancora oltre 1,7 volte superiore rispetto alla coorte di controllo.
Come atteso, le comorbidità psichiatriche risultano diffuse già prima della diagnosi di DCA: il 30% dei pazienti aveva già ricevuto diagnosi di depressione, il 17% di disturbi d’ansia, il 2,2% di disturbo di personalità e il 12,7% aveva una storia di autolesionismo non fatale. Nel primo anno dopo la diagnosi di DCA, questo gruppo di pazienti mostrava una probabilità 15,9 volte superiore di ricevere una diagnosi di disturbo di personalità, 12,6 volte superiore per il disturbo ossessivo-compulsivo e 9,4 volte più probabilità di autolesionismo non fatale rispetto ai controlli. Dopo cinque anni, il rischio di autolesionismo era ancora 2,7 volte superiore, quello di depressione 2 volte superiore e quello di ansia 2,1 volte superiore. A dieci anni, si registravano 868 episodi in eccesso di autolesionismo, 1.996 di depressione e 1.374 di ansia ogni 10.000 persone con diagnosi DCA.
Nel primo anno dalla diagnosi, il rischio di morte per qualsiasi causa era 4,6 volte superiore rispetto ai controlli (95% IC 3,1-7,0), che rimaneva significativamente elevato anche a dieci anni dalla diagnosi. Particolarmente allarmante il rischio di suicidio, quasi 14 volte superiore nel primo anno: un valore che scende sia a cinque anni (5,2 volte superiore) sia a dieci anni (2,7 volte superiore) dalla diagnosi. Gli uomini presentano un rischio di mortalità per tutte le cause più elevato delle donne nel periodo da uno a cinque anni (HR 5,3 contro 2,8).
I DCA colpiscono una percentuale notevole della popolazione italiana. Secondo una audizione al Senato della Repubblica, i casi sono in crescita: 680.569 nuovi casi nel 2019, 879.560 nuovi casi nel 2020, 1.230.468 nuovi casi nel 2021, 1.450.567 nuovi casi nel 2022 e 1.680.456 nuovi casi nel 2023. Si assiste, dal 2019 al 2023 a un progressivo calo dell’età mediana e della proporzione di ricoveri di sesso femminile rispetto a quelli maschili, confermando un abbassamento dell’età di insorgenza dei disturbi alimentari (il 20% nel 2023 è sotto i 14 anni).
Sebbene lo studio sugli effetti a lungo termine presenti alcuni limiti – non può stabilire con certezza se i rischi osservati siano esclusivamente attribuibili al disturbo alimentare o anche a comorbidità preesistenti e potrebbe esserci un bias di sorveglianza, e quindi una probabilità maggiore di diagnosi di altre patologie in pazienti già seguiti per i DCA – i dati comunque suggeriscono che i pazienti DCA hanno un rischio di mortalità e morbidità significativamente elevato rispetto alla popolazione generale per molti anni dopo la diagnosi.
I medici di medicina generale, che spesso rappresentano il primo punto di contatto, devono essere formati e attenti a riconoscere e monitorare con cura questi pazienti, anche dopo un apparente miglioramento dei sintomi alimentari. Le linee guida NICE già raccomandano controlli annuali di peso, pressione arteriosa, elettrocardiogramma e funzionalità d’organo nei pazienti con anoressia nervosa non seguiti da servizi specialistici. È plausibile, visti i dati, che un monitoraggio prolungato sia necessario per tutti i tipi di DCA, data la persistenza dei rischi anche a dieci anni dalla diagnosi. “L’assistenza primaria può svolgere un ruolo importante nel fornire supporto e monitoraggio a lungo termine per gli individui, anche dopo la guarigione da un disturbo alimentare. È essenziale sensibilizzare gli operatori sanitari sulle conseguenze durature dei disturbi alimentari e sulla necessità di un supporto continuo nella gestione dei sintomi attuali e della guarigione”, concludono i ricercatori.
Morgan C, Carr MJ, Chew-Graham CA, O'Neill TW, Elvins R, Kapur N, Webb RT, Ashcroft DM. Adverse outcomes in patients with a diagnosis of an eating disorder: primary care cohort study with linked secondary care and mortality records. BMJ Med. 2025 Nov 18;4(1):e001438. doi: 10.1136/bmjmed-2025-001438. PMID: 41282513; PMCID: PMC12636977.



