Rapporto della Caritas su povertà ed esclusione sociale in Italia 2025
Pillole di conoscenza

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A quasi trent’anni da “I bisogni dimenticati” (1996), Caritas Italiana rende disponibile la ventinovesima edizione del Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia, “Fuori campo. Lo sguardo della prossimità”, posando ancora una volta lo sguardo sulle ferite meno visibili del Paese, per riportarle dentro l’inquadratura dell’attenzione pubblica ed ecclesiale.
il Rapporto 2025 sceglie di portare al centro del dibattito pubblico quei fenomeni che restano spesso ai margini dello sguardo: disuguaglianze economiche, povertà multidimensionali, azzardo industriale di massa, violenza sulle donne, povertà energetica. Sono i “fuori campo” della società italiana.
Secondo gli ultimi dati Istat, in Italia la povertà assoluta riguarda il 9,8% della popolazione: oltre 5,7 milioni di persone e 2,2 milioni di famiglie (8,4% dei nuclei) vivono in condizioni di indigenza, con una crescita di oltre il 40% nell’ultimo decennio. Tra i più colpiti, i minori e i lavoratori con salari bassi e contratti instabili: il lavoro, sempre più spesso, non basta più a garantire una vita dignitosa. È in aumento anche la povertà tra i lavoratori, dei c.d. “working poor” (lavoratori poveri), e assimilati, che tocca l’8% degli occupati (in crescita rispetto al 7,7% del 2022).
Accanto alla povertà economica, il Rapporto mette a fuoco la crescita delle disuguaglianze. Si possono distinguere disuguaglianze economiche, sociali, di riconoscimento, di opportunità, di libertà sostanziale. L’attenzione scientifica alle disuguaglianze è necessaria per tre motivi: le preoccupazioni di giustizia sociale, la necessità di un’allocazione efficiente delle risorse e gli effetti negativi che disuguaglianze eccessive producono sulla società nel suo complesso. La disuguaglianza ha anche un effetto intergenerazionale: gli svantaggi di oggi possono trasmettersi nel futuro, alimentando un circolo vizioso che riduce la mobilità sociale e cristallizza tanto i privilegi e i vantaggi quanto le marginalità e le esclusioni. A questo si aggiungono le conseguenze sanitarie e ambientali. Dal 1990 al 2020, l’Italia è il fanalino di coda dei Paesi OCSE e l’unico Paese con un valore negativo (-2,9%) di variazione dei salari reali medi. La percentuale di lavoratori a basso salario è passata da 25,9 punti percentuali nel 1990 a 32,2 punti percentuali nel 2017. A essere colpiti sono soprattutto donne, giovani nella fascia 16-34 anni e residenti al Sud, ed in generale quanti hanno un contratto di lavoro part-time. Nel 2023, ogni italiana o italiano deteneva in media circa 190.000 euro di patrimonio. Il patrimonio medio dei 50,000 adulti più ricchi del paese è più che raddoppiato rispetto agli anni Novanta, mentre i 25 milioni di italiani più poveri hanno visto la propria ricchezza media ridursi di più di tre volte e oggi detengono un patrimonio medio di circa 7 mila euro pro-capite. Si stima che almeno 10 milioni di adulti abbiano risparmi liquidi inferiori ai 2.000 euro, decisamente insufficienti per far fronte uno shock di reddito come quello inflitto dalla perdita del lavoro o da una malattia.
In Italia il 10% delle famiglie più ricche detiene circa il 60% della ricchezza complessiva.
Nel 2024 i Centri di Ascolto Caritas hanno sostenuto 277.775 famiglie, pari a circa il 12% delle famiglie in povertà assoluta, con un aumento del 3% rispetto al 2023 e del 62,6% rispetto al 2014; sono stati erogati oltre 5 milioni di interventi, con oltre il 73% che ha riguardato l’erogazione di beni e servizi materiali, come cibo e alloggio.
Più di una famiglia su due presenta almeno due forme di disagio (economico, abitativo, relazionale, educativo, sanitario, psicologico). Il Rapporto evidenzia così che la povertà è un intreccio di vulnerabilità, che necessita di risposte integrate – sociali, pastorali, educative – non riducibile alla sola mancanza di reddito, per cui gli interventi d’emergenza non sono sufficienti.
Per approfondire questa complessità, Caritas Italiana ha avviato uno studio pilota che ha portato alla costruzione di un indice sintetico di vulnerabilità individuale. Oltre il 67% delle persone con bisogni in tre o più ambiti rientra in una fascia di vulnerabilità medio-alta o alta. Gli interventi puramente assistenziali non bastano più, serve un cambio di paradigma verso politiche integrate e percorsi “capacitanti” che restituiscano alle persone autonomia, dignità e possibilità di futuro.
Tra i “fuori campo” analizzati, il Rapporto dedica attenzione particolare alla deriva nazionale dell’azzardo industriale di massa. A partire dalla fine degli anni 90, l’offerta dell’azzardo si è arricchita di oltre una cinquantina di modalità di gioco, sia online che in presenza (oltre 150mila locali, disseminati in tutte le province italiane). Il volume monetario del gioco d’azzardo mostra una crescita inarrestabile: dai 35 miliardi di euro giocati nel 2006 siamo giunti ai 157 miliardi giocati nel 2024 (+349%). A fronte di tale incremento, l’incasso dell’erario è aumentato solamente dell’’83% (da 6 a 11 miliardi), a tutto favore delle grandi società produttrici. La densità dell’offerta, la velocità di gioco e soprattutto l’accesso digitale hanno determinato effetti sociali che non compaiono nei totali monetari. La curva economica delle giocate andrebbe integrata con la “contabilità del tempo di vita” delle persone consumata nelle pratiche dell’azzardo: ore sottratte a relazioni, studio, lavoro. Solo per le slot, si stimano 38 milioni di ore impegnate nel gioco. Oltre 22 milioni di ore impegnate per 1 miliardo e 358 mila giocate. Ma sono soprattutto le modalità tradizionali ad impegnare tempo di vita: oltre 388 milioni di ore impegnate dalla popolazione per lotto, scommesse, superenalotto. In totale, le giornate lavorative assorbite dal gioco sono oltre 104 milioni. L’altra faccia della medaglia è costituita dalle perdite: nel 2024, il totale delle perdite è stato pari a 20 miliardi di euro. I dati mostrano una correlazione inversa tra reddito medio per contribuente e perdita media al gioco, con un peso percentuale più alto nelle regioni più povere. Dieci regioni sono sopra la soglia della media nazionale (493 euro) e di esse, cinque sono meridionali e isole, due del centro-sud (Abruzzo e Molise) seguite da Lazio e Lombardia. L’azzardo costa di più a chi ha meno: non solo perché perde più euro, ma perché quegli euro valgono di più nel bilancio familiare. È il punto da cui far partire qualunque discussione seria su prevenzione, regolazione e responsabilità pubblica.
Altre pagine sono dedicate al legame tra violenza sulle donne e impoverimento. La violenza contro le donne in Italia è un fenomeno di vasta portata, strutturale e trasversale: secondo i dati Eurostat circa 1 donna su 3 in Italia ha subito violenza almeno una volta nella vita. La violenza si manifesta sotto molteplici forme (psicologica, fisica, sessuale, economica e digitale) e colpisce donne di ogni età, status sociale e origine, con ricorrenza della violenza domestica e un preoccupante sommerso non rilevato dalle statistiche ufficiali. La violenza psicologica si conferma la forma più diffusa, seguita da quella fisica e sessuale. Nel 76% dei casi le donne che accedono ai centri antiviolenza non sono economicamente autonome. Oltre 61.000 donne si sono rivolte ai Centri antiviolenza nel 2023, spesso senza autonomia economica.
La povertà energetica, che impedisce a oltre due milioni di famiglie di riscaldare adeguatamente la casa o di sostenere i costi delle bollette, rappresenta, inoltre, una delle frontiere più nuove e preoccupanti di ingiustizia sociale: è una “nuova” povertà sulla quale pesano gli effetti della crisi climatica che ha creato nuovi rischi ambientali e sociali, che incrementano le disuguaglianze e producono nuove forme di povertà.
Secondo l’OIPE nel 2023 le famiglie in povertà energetica in Italia erano 2,36 milioni, pari al 9% del totale, in crescita rispetto all’anno precedente (+1,3 punti percentuali, pari a 340 mila famiglie in più), il valore più alto dall’inizio della serie storica. Le famiglie più povere impegnano l’8,7% della loro spesa per beni e servizi energetici, contro il 3,3% delle famiglie più ricche. I poveri sono anche coloro che, per effetto della riduzione progressiva delle risorse stanziate per i bonus (meno 1 miliardo tra il 2022 e il 2023), hanno ridotto più della media le spese per consumi energetici. Dall’incrocio tra la posizione nel mercato energetico e l’inserimento nelle reti di protezione o possibilità di accesso alle politiche per la transizione energetica, il capitolo identifica e approfondisce tre tipi di poveri: i vulnerabili energetici, gli assistiti energetici e gli esclusi energetici. Dal punto di vista delle risposte possibili, non si tratta più di affrontare una povertà tradizionale con strumenti assistenziali tradizionali, ma di ripensare il welfare in una logica di sistema che integri sostenibilità ambientale e giustizia sociale, con politiche che intervengano prima che la vulnerabilità si trasformi in esclusione, affinché ogni cittadino, nella transizione energetica, abbia diritto a fruire di energia prodotta da fonti rinnovabili, accessibile a un prezzo equo e fruibile grazie a dispositivi efficienti.
Il Rapporto 2025 su povertà ed esclusione sociale in Italia – “Fuori campo. Lo sguardo della prossimità” – è disponibile su www.caritas.it www.caritas.it/wp-content/uploads/sites/2/2025/11/Sintesi-Rapporto-Su-poverta-Ed-eslusione-sociale-in-Italia-2025-1.pdf



