Artemisia comune – Artemisia vulgaris L.

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Artemisia comune, o Assenzio selvatico, o Amarella, sono piante perennanti per mezzo di gemme poste a livello del terreno e con asse fiorale allungato, spesso privo di foglie.
L’Artemisia comune è una pianta erbacea perenne, cespugliosa, priva di stoloni con debole odore di “vermuth”. Fusto eretto rossiccio, striato, ramosissimo alto da 50 a 150 cm. Radice legnosa breve ed obliqua. Foglie: alterne, pennatifide con segmenti di primo ordine dentati, lacinie ovali, lanceolate, inciso-dentate, verdi e glabre di sopra, biancastre e tomentose di sotto; quelle inferiori con 2-4 lacinie dentate per lato, semiabbraccianti, con lamina larga 4-6 mm nella porzione apicale, ridotta al solo rachide nella porzione basale, le foglie superiore ridotte e lineari. Fiori: tubulosi di colore giallo-rossastro, riuniti in capolini subsessili ovoidi in ampia pannocchia piramidale fogliosa, involucro tomentoso o densamente lanoso, corolla ghiandolosa. Frutto: acheni glabri oblunghi, appuntiti, lisci e privi di pappo.
Presente in tutte le regioni, preferisce incolti erbosi, macerie, e terreni ricchi di sostanze azotate dalla pianura fino a 1000 m s.l.m. (qualche volta anche a quote più elevate).
Le piante appartenenti a questo genere sono caratterizzate dai capolini con ricettacolo glabro o in parte lanoso (senza pagliette), con solo fiori tubulosi; presentano una certa affinità morfologica con Ambrosia spp. che ha capolini unisessuali.
Artemisia vulgaris L. e A. verlotiorum Lamotte sono specie molto vicine e spesso confuse, quest’ultima ha le lamine fogliari con segmenti interi e stoloni orizzontali, preferisce ambienti con suoli umidi. A. vulgaris ha i fiori di colore giallo che fioriscono in agosto-settembre, mentre A. verlotorum ha i fiori di colore rossastro che fioriscono in settembre-ottobre. Nelle valli aride centroalpine sono segnalati probabili ibridi tra A. vulgaris L. e A. absinthium L. descritti come var. vestita.
Etimologia: secondo Plinio il nome del genere Artemisia deriva da Artemide (dea della caccia e della luna che presiedeva i parti), in quanto cura particolarmente le malattie della donna, oppure da una parola greca “artemes” che vuol dire “sano, di buona salute”. Un’altra attribuzione potrebbe far riferimento ad Artemisia, consorte di Mausolo, re di Caria. Il termine specifico indica che si tratta di una specie comune.
Proprietà: L’artemisia comune (Artemisia vulgaris) è una pianta officinale nota per le sue diverse proprietà benefiche. La droga della pianta è costituita sia dalle radici che dalla parte aerea; in particolare, si utilizzano le punte dei ramoscelli secchi.
È considerata antisettica, antinfiammatoria, antispasmodica, epatoprotettiva, antiossidante, grazie alla presenza di metaboliti secondari come flavonoidi e lattoni sesquiterpenici; ha proprietà amaro-toniche, emmenagoghe, sedative e digestive, per la cura di dismenorrea e amenorrea, irregolarità del ciclo mestruale, parassitosi intestinali, stati anoressici e dispepsia.
Si utilizzano le sommità fiorite (raccolte in luglio-agosto), le foglie e le radici che contengono olii essenziali (linaiolo, cineolo, beta tujone, alfa e beta pinene, borneolo, neroli, mircene), lattoni sesquiterpenici (vulgarina), flavonoidi, derivati cumarinici, triterpeni.
Le radici sono indicate anche a favore del sistema nervoso centrale in caso di sovra eccitazione e stanchezza generale (usi e tradizioni popolari attribuiscono alla pianta anche proprietà antiepilettiche).
In omeopatia è un rimedio per nevralgie, convulsioni dei bambini, contrazioni e spasmi uterini, profuse mestruazioni.
La medicina popolare e la tradizione descrivono l’artemisia come una pianta diuretica, amaro-tonica, emmenagoga, antispasmodica, sudorifera, febbrifuga, colagoga, sedativa, antielmintica, anoressizzante e digestiva. In liquoreria, l’artemisia trova impiego come base amaricante-aromatizzante di molti amari aperitivi e digestivi e bibite analcoliche.
Avvertenze: L’artemisia comune può avere effetti collaterali come reazioni allergiche (riniti estive) o disturbi gastrointestinali in alcune persone; da non utilizzare durante la gravidanza e l’allattamento, in dosi elevate può essere velenosa e danneggiare il sistema nervoso, in alcune persone il contatto con la pelle può provocare dermatiti.
Note e Curiosità: “Felix ille, qui ex auctorum Artemisiis se feliciter extricaverit” (Giovanni Antonio Scopoli, 1723-1788).
Nella Roma antica la si portava sul corpo, in forma di corona, per difendersi dagli spiriti e dagli influssi maligni; è considerata una delle erbe di S. Giovanni: “la vigilia di S. Giovanni, strappando le radici vi si trovano sotto dei carboni, la cui polvere guarisce immediatamente dall’epilessia”.
Una tradizione popolare vuole che le foglie di artemisia messe nelle scarpe al mattino, permetterebbero di percorrere molti chilometri senza fatica.
Il Mattioli la considerava valida per “provocare i mestrui, il parto e le secondine”.
Icobaldo Rebaudengo nella sua Farmacopea cerusica 1772 così scriveva a proposito dei cicli mestruali: “prendansi delle foglie di Artemisia, Melissa, Matricaria e Sabina, si facciano bollire in acqua fino e che il volume si riduce di un quinto, si coli la decozione e l’ammalato ne beva tre-quattro bicchieri durante il giorno…”.
Le foglie sono state anche utilizzate come aroma nella birra, poi sostituite dal luppolo.
Questa pianta respinge gli insetti.